Da “Il Medico dell’Architettura“, 1990:
“Da quando ci sono urbanisti indottrinati e architetti standardizzati, le nostre case sono malate. Non si ammalano, sono già concepite e costruite come case malate. Tolleriamo migliaia di questi edifici, privi di sentimento ed emozioni, dittatoriali, spietati, aggressivi, sacrileghi, piatti, sterili, disadorni, freddi, non romantici, anonimi, il vuoto assoluto. Danno l’illusione della funzionalità. Sono talmente deprimenti che si ammalano sia gli abitanti sia i passanti. Basti pensare che, se 100 persone vivono in una casa, altre 10.000 vi passano davanti ogni giorno e queste ultime soffrono come gli inquilini, forse ancora di più, per il senso di depressione che emana dalla facciata di una casa sterile.
Le costruzioni uniformi simili a campi di concentramento e a caserme distruggono e appiattiscono quanto di più prezioso un giovane può apportare alla società: la creatività spontanea dell’individuo. Gli architetti non possono risanare queste case malate, che rendono malati, altrimenti non le avrebbero costruite. Si rende quindi necessaria una nuova professione: il medico dell’architettura. Il medico dell’architettura non fa altro che ristabilire la dignità umana e armonizzare la creazione umana con la natura.
Non occorre radere tutto al suolo, basta apportare cambiamenti in punti strategici, senza grande dispendio di energie o di denaro. È necessario riportare i corsi dei fiumi, precedentemente livellati, ai dislivelli originari, spezzare la sterile e piatta skyline, trasformare i tetti in una superficie discontinua e ondulata, agevolare la crescita della vegetazione spontanea nelle fessure dei muri e dei marciapiedi, dove non arreca disturbo, modificare le finestre e arrotondare in modo irregolare angoli e spigoli.
Il medico dell’architettura è competente anche per operazioni chirurgiche più decisive, come la rimozione di muri e l’installazione di torri e colonne. È sufficiente riconoscere il diritto della finestra, ricoprire di vegetazione il tetto, lasciar crescere l’edera, dare ospitalità agli alberi-inquilini, se si lasciano danzare le finestre, dando loro forme diverse e introducendo quante più irregolarità possibili sulle facciate e negli interni, la casa può guarire. La casa inizia a vivere. Ogni casa, per quanto brutta e malata, può guarire.”
Scriveva così Friedensreich Hundertwasser (nato Friedrich Stowasser a Vienna il 15 dicembre 1928) in un manifesto del 1990 quando il comune della capitale austriaca, a fronte del piano di sviluppo di edilizia popolare per gli anni ’80, aveva già approvato l’estroso progetto e permesso la costruzione della Hundertwasserhaus, un complesso abitativo composto di 50 appartamenti.
Dotato di una personalità eclettica e fuori dal comune, convinto che l’uniformità del sistema abitativo dovesse essere abbandonata a favore dell’irregolarità che rispecchiasse la personalità di chi vi abita, in quanto essere unico e particolare, Hundertwasser fu non solo un eccentrico ideatore di stravaganti soluzioni architettoniche bensì uno dei precursori del movimento ecologista nonchè avanguardista della bioarchitettura.
Nei suoi manifesti invita infatti oltre al sentirsi “re a casa propria” introducendo elementi ispirati all’oriente quali cupole e colonne anche all’armonizzazione della creazione umana con la natura inglobando nei suoi edifici alberi, ricoprendo di vegetazione il tetto e utilizzando ove possibile materiali organici.
“L’arte come ponte tra uomo e natura” deve essere percepibile e non rimanere solo teoria. L’ambiente è la fonte di ispirazione primaria: una volta scelto il sito, l’edificio che vi crescerà dovrà far parte integrante di esso e valorizzarlo mettendo in evidenza le sue peculiarità.
“Al giorno d’oggi viviamo in un caos di linee rette, in una giungla di immorali linee rette. La livella e il metro dovrebbero essere vietati, sono il simbolo dell’ignoranza e il sintomo della disintegrazione della nostra civilizzazione”
(Hundertwasser, 2009).
A Vienna è oggi possibile ammirare alcune delle sue opere migliori: la Hundertwasser-Krawinahaus, in Kegelgasse 34-38, visitabile solo dall’esterno; la Kunst Haus Wien, in Untere Weißgerberstraße 13, consistente di due piani sui quali è alloggiata una mostra permanente dedicata alle opere di Hundertwasser ed altri due piani con mostre a soggetto sempre diverse, dedicate a temi d’arte contemporanea. Nel pianterreno si trovano un caffè-ristorante ed un negozio. Da non tralasciare è poi l’inceneritore di Spittelau, un impianto di trattamento termico dei rifiuti della città di Vienna che fornisce calore per un anno a più di 60.000 famiglie.
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