E’ il decimo giorno del mese (tsechu) secondo il calendario lunare e, come tutti gli anni, tra maggio e luglio, il monastero di Hemis, il più grande e ricco del Ladakh, si prepara ad ospitare il festival più famoso della regione himalayana. Pellegrini provenienti da ogni angolo del paese, a volte anche a giorni di cammino di distanza, vestiti degli abiti tradizionali migliori, si riuniscono nel cortile principale del gompa per assistere ai due giorni di celebrazioni volti a rievocare la vita e gli insegnamenti di Guru Rimpoche nel giorno della sua nascita.
Conosciuto anche con il nome sanscrito di Padmasambhava (il nato dal loto), Guru Rimpoche è considerato dalla tradizione il fondatore del buddhismo tibetano e colui che ne ha permesso la diffusone. Due giorni di danze scandite dal ritmo intenso di cimbali, trombe e tamburi; un momento di ritrovo e di divertimento ma soprattutto un’occasione per il popolo di entrare in contatto con la vita e la parola del grande Maestro che gli abitanti percepiscono presente all’evento insieme a loro.
Un’imperdibile opportunità per apprendere i contenuti essenziali del suo insegnamento attraverso uno strumento accessibile a tutti. La danza è infatti il mezzo offerto dai monaci residenti ai fedeli per aiutarli a percepire l’essenza della dottrina e dargli uno stimolo per approfondire in seguito la propria ricerca personale. La sequenza delle rappresentazioni così come i contenuti possono essere modificati per adattarsi al folklore locale purché non vengano mai omessi gli eventi relativi alla vita del grande Guru.
Si dia inizio alle danze quindi! Non sarà difficile farsi trasportare dal coinvolgimento collettivo. Sono tutti presenti, grandi e piccini, uomini e donne, monaci e laici, perché la sola partecipazione, si dice, predisporrà le condizioni karmiche che favoriranno il raggiungimento più veloce della liberazione (nirvana).
E’ fondamentale aprire la cerimonia con le danze di purificazione del luogo in cui si terrà l’evento, uno spazio circolare – riproduzione terrena di un sacro mandala – che deve essere ripulito da ogni possibile presenza negativa. L’obiettivo è quello di creare una dimensione pura dove possano manifestarsi le entità divine impersonate dalle maschere. Il danzatore, attraverso la meditazione e le visualizzazioni, entra infatti in un rapporto diretto con la divinità che rappresenta e con cui ha stabilito un rapporto profondo. “Lui” è la divinità stessa. Le forze negative verranno spinte verso il centro del mandala dal vortice delle danze e convogliate in un oggetto simbolico (un feticcio, una scatola metallica o una rappresentazione fallica) che verrà possibilmente distrutto alla fine del rito.
Entrano quindi in scena i durdag, i guardiani degli 8 luoghi di cremazione posti – secondo la cosmologia buddhista- intorno al monte meru e che indossano maschere bianche aventi le sembianze di un teschio. A loro seguono gli sha-na, i danzatori dai grandi cappelli di feltro nero e dall’abito di broccato colorato. Nessuna maschera gli copre il volto perché loro rappresentano degli yogi, grandi maestri spirituali in grado di uccidere i demoni destinandoli però ad una rinascita in una terra pura dove possano ricevere gli insegnamenti di un buddha e rientrare quindi nella schiera degli esseri protettori della fede. Un’altra sequenza possibile è la danza delle divinità terrifiche (tungam) che vede maschere dall’aspetto terrificante uccidere gli spiriti del male per mezzo del purbha, il pugnale tantrico con tre lame.
Una volta purificato il campo di azione potrà avere inizio il Guru Tshen Gye, la rappresentazione delle 8 manifestazioni di Guru Rimpoche che faranno il loro ingresso in processione accompagnate dal grande Maestro stesso. Caratterizzato da una maschera d’oro, è sempre protetto da un parasole e spesso accompagnato dalle due consorti Mandarava e Yeshe Tsogyal. Per riconoscere le diverse manifestazioni basterà guardarne la fisionomia, l’abito e gli attributi che recano in mano.
- Tshokye Dorje: maschera color petrolio dall’aspetto pacifico, abito di broccato blu, nelle mani vajra e campana.
- Shakya Senge: maschera dall’aspetto di Buddha, abito monacale rosso e giallo, nelle mani una ciotola per le elemosina.
- Loden Chogsey: maschera bianca o arancio dall’aspetto pacifico, abito di broccato bianco decorato o rosso, nelle mani un tamburello e una ciotola.
- Padmasambhava: maschera bianca con copricapo rosso a punta, abito monacale rosso e giallo.
- Pema Gyelpo: maschera bianca o rosa con la barba, abito di broccato bianco decorato o rosso, nelle mani un tamburello e uno specchio.
- Nyima Yeozer: maschera gialla con bara blu, abito di broccato giallo, nelle mani un tridente.
- Sengye Dradrok: maschera dall’aspetto terrifico blu, abito di broccato blu. Di solito accompagnato dai suoi attendenti, anch’essi dall’aspetto terrifico.
- Dorji Drakpo: maschera rossa dall’aspetto terrifico. Di solito accompagnato dai suoi attendenti, anch’essi dall’aspetto terrifico.
La danza si conclude con una processione finale e con l’uscita di scena di tutte le figure. Seguiranno altre danze e rituali. La purezza del sito dove sorge il monastero è stata così rigenerata e rimarrà tale fino al prossimo tsechu. Allora gli abitanti del Ladakh si rimetteranno in cammino e si riuniranno di nuovo nel gompa per assistere ad uno degli eventi più attesi dell’anno.
4 commenti