TREKKING MONDO

Viaggio in Guatemala: il mio itinerario, info e contatti

Viaggio in Guatemala: il mio itinerario, info e contatti 1080 722 Sonia Sgarella

Volete sapere se il Guatemala mi è piaciuto?

Ebbene sì, tantissimo!…e la risposta sta nel fatto che il paese mi ha stupito per la quantità e varietà di attrazioni che ha da offrire. Prima di partire non avevo la più pallida idea di che cosa avrei incontrato, volutamente non ho fatto grandi ricerche sul cosa fare e cosa vedere, sul dove fosse meglio andare e perché. Ho preferito – come faccio ormai sempre quando si tratta dei miei viaggi e non del mio lavoro – lasciare che le cose si presentassero strada facendo. Ho avuto un mese esatto a disposizione e in questo mese mi sono lasciata trasportare dagli eventi, parlare con le persone è stato fondamentale per scoprire luoghi i cui nomi sulle guide di viaggio vengono a mala pena accennati.

Ebbene già di per sé il fatto di aver scovato (e di essermi letteralmente sudata!) dei posti che alla maggior parte dei turisti (ma anche dei viaggiatori) rimangono totalmente sconosciuti ha reso questa esperienza incredibilmente autentica. Camminare è stata la parola d’ordine per metà del mio soggiorno – El Mirador, Nebaj-Todos Santos, Volcan Acatenango e Volcan Pacaya alcuni dei posti visitati.

L’altra metà del tempo, che potrebbe costituire un’idea di itinerario per chi non avesse voglia di scarpinare, l’ho passata ad esplorare i luoghi più noti: Tikal, il Rio Dulce fino a Livinston, Semuc Champey, il Lago Atitlan…

Questo articolo vuole essere una sorta di elenco dei migliori contatti che posso suggerirvi, agenzie con cui ho organizzato i trekking per esempio, ma anche indirizzi degli ostelli in cui mi sono trovata bene; non solo, qui troverete notizie sui trasporti e qualche dritta fondamentale che ha reso il mio viaggio decisamente più scorrevole.

Ma un’altra cosa ci tenevo a dire prima di iniziare: non credete a chi vi dice che il Guatemala sia un paese pericoloso perché probabilmente da quelle parti non c’è mai stato. In tutti questi anni di viaggi, qui ho incontrato forse tra le persone più cortesi di questo mondo e mai, neanche per un momento mi sono sentita in pericolo o a disagio, pur viaggiando da sola. Siate voi per primi dei viaggiatori rispettosi e responsabili ed è certo che vivrete la mia stessa magnifica esperienza senza intoppi. Certo è che parlare lo spagnolo aiuta molto per cui, se non fosse il vostro caso, mettetevi sotto ad impararlo.

Una premessa forse scontata ma pur fondamentale è che ovunque in Centro America il Dollaro Statunitense vale spesso più dell’ Euro – nonostante almeno per ora il mercato ci passi un dato differente – e che in molti casi, se si tratta di ostelli o tour, i pagamenti possono essere effettuati direttamente in tale valuta. E’ consigliabile quindi partire già dall’Italia provvisti di questa moneta e prelevare o cambiare in loco il necessario nella valuta locale (Quetzales). I bancomat ormai si trovano quasi ovunque – almeno nelle cittadine principali – per cui per quanto riguarda l’aspetto monetario non dovreste incontrare grossi problemi. Il massimo prelevabile normalmente è di 2.000 Quetzales, il corrispondente di circa 250 Euro (cambio a gennaio 2017). Informatevi comunque sempre prima di partire se nella prossima destinazione sono presenti degli sportelli bancomat – spesso si trovano all’interno dei mini market – o in alternativa se è possibile cambiare il contante.

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Antigua e dintorni

Il fatto che prima di Antigua non ci sia una sezione dedicata a Città del Guatemala è perché non ci ho passato neanche mezza giornata. Le notizie a riguardo non erano delle migliori e l’idea di ritrovarmi catapultata in una metropoli del Centro America onestamente non mi allettava. La sua vicinanza ad Antigua (38 km) ha fatto si che io prediligessi la seconda come piacevole rifugio per un primo incontro con il paese. Atterrando a Città del Guatemala esiste un servizio di shuttle che al costo di 80 Quetzales o 12$ – arrivando di sera è probabile che ve lo vendano anche a 10 – vi porta direttamente in ostello ad Antigua. La percorrenza è di circa un’ora e il servizio normalmente parte con quattro o più persone (mettete quindi in conto la possibilità di dover aspettare un pochino). In alternativa potreste prendere un taxi ma questo ovviamente avrebbe un costo più alto: 30$ o 250 Quetzales.

Antigua

Antigua – Arco de Santa Catilina e sullo sfondo il Volcán de Agua

Ad Antigua penso di aver trovato la mia dimensione perfetta di ostello. Abituata a viaggiare in Asia dove spesso con soli 3 euro ti puoi permettere una stanza con bagno privato, l’idea dell’ostello per due mesi  – dopo il Guatemala sono stata in Nicaragua – devo ammettere che un po’ mi angosciava: non avere i tuoi spazi e momenti di privacy, gente che russa, quelli che non sentono la sveglia al mattino e la lasciano suonare per ore, luci che tu vuoi andare a dormire e mo’ chi cazzo le spegne, bagni occupati quando ti servono e indubbi livelli di igiene. Figuriamoci, reduce da otto anni di India sapevo che mi sarei adattata a tutto e che alla fine mi sarebbe pure piaciuto ma potendo scegliere perché non optare per una soluzione che, ok la condivisione, ma anche un pochino di privacy te la da? Il Somos Hostal è il migliore che ho incontrato in assoluto: ogni letto con la sua tendina, la sua luce e una presa della corrente, livelli di pulizia che neanche in un hotel a cinque stelle e personale tra i più accoglienti. La posizione è ottima, l’atmosfera rilassata, il prezzo ragionevolissimo e i materassi super comodi, insomma il top del top per questa categoria di sistemazione. Penso sia importante trovare il posto giusto per l’inizio di un’avventura in un paese mai visitato prima. Soprattutto se si viaggia da soli questo è certo che contribuirà nel formare la vostra prima impressione di un luogo. Nel mio caso è stata molto positiva, specchio di come sarebbe poi proseguito il resto della vacanza.

Antigua - Somos Hostal

Antigua – Somos Hostal

Viaggiando per lungo tempo – ma onestamente lo farei anche se fosse solo per due settimane – preferisco sempre avere con me una scheda telefonica locale. Prenotare gli ostelli in anticipo o contattare le agenzie che offrono i tour magari per una partenza last minute è una cosa che vi farà risparmiare un sacco di tempo. Ormai, pressoché ovunque, è finita l’era in cui si arrivava in un posto e si cercava da dormire passando in rassegna tutte le sistemazioni del paese; lo si può fare ancora certo ma tenete conto che dall’altra parte c’è un’enorme quantità di gente che si muove in anticipo, prenotando online o per telefono, e che così facendo riesce spesso ad accaparrarsi i posti migliori, soprattutto se alta stagione. Una scheda telefonica con internet incorporato a me permette sempre di utilizzare i momenti morti per organizzare i passi successivi senza dover aspettare di avere una connessione wifi. La rete più efficiente che funziona in tutto il Guatemala è TIGO e ad Antigua, sulla 4a Calle Oriente, troverete il rivenditore ufficiale. Con l’equivalente di neanche 15 Euro sarete a posto per tutto il mese.

Per quel che riguarda i suggerimenti circa quello che c’è da vedere, i posti dove mangiare o intrattenervi durante le serate leggete l’articolo Antigua Guatemala: piccola guida per cominciare mentre qui vi parlo di quello che è possibile fare nei dintorni di Antigua e come arrivarci.

Tra i vulcani che la circondano sicuramente il Volcán Pacaya è il più accessibile e per questa uscita vi basterà una mezza giornata. L’escursione può essere facilmente organizzata tramite l’ostello dove alloggiate o qualsiasi agenzia, con partenze previste alle 6 di mattina o alle 2 del pomeriggio. Il costo che io ho pagato è di 80 Q. per il trasferimento – ti passano a prendere direttamente in ostello – e 50 Q. per l’ingresso al parco. La visita è guidata e prevede un’ascesa di circa un paio d’ore. Arrivati in cima alle colate laviche solidificate è lì che la guida sfodererà finalmente il pacchetto di marshmellow che potrete arrostire con il calore delle fumarole. Se non ve la sentite di affrontare la salita vi sono a disposizione i cavalli per 100 Q. solo andata. In caso di escursione pomeridiana non dimenticatevi di portare una torcia per il rientro.

Volcán Pacaya

Vista panoramica dal Volcán Pacaya

Più impegnativa è sicuramente l’escursione al Volcán Acatenango per la quale vi serviranno due giorni (il rientro il secondo giorno è previsto intorno all’ora di pranzo) e una notte. Chiunque incontrerete è facile che vi intimorirà con i racconti dell’immane fatica fatta per raggiungerne la cima e del freddo tremendo che si patisce lassù durante la notte in tenda ma è sicuro che sempre quel qualcuno vi convincerà ad accettare la sfida garantendovi che ne sia valsa totalmente la pena e che – questo per i più fortunati – le eruzioni notturne del Volcan Fuego sono qualcosa di davvero spettacolare. Presto in un altro articolo vi racconterò nel dettaglio quella che è stata la mia esperienza sull’Acatenango, qui vi lascio invece i riferimenti della persona che dovreste assolutamente contattare qualora decideste di lanciarvi nell’impresa. Lui si chiama Guilmer ed insieme ad altre guide residenti nel villaggio di La Soledad, a pochi passi dal vulcano, farà sì che il vostro contributo finisca direttamente reinvestito in opere comunitarie. Sicurezza per Guilmer è la parola fondamentale quando si tratta di un’escursione del genere e state pur certi che non vi pentirete di aver pagato quel poco in più rispetto ai prezzi che troverete esposti in tante agenzie di Antigua. Dall’altra parte trovo che non ci sia nessun bisogno di pagare le cifre esorbitanti che chiedono le agenzie suggerite da Lonely Planet & co. Contattate Guilmer al numero (+502)-41692292 oppure inviategli una mail all’indirizzo sologui5630@gmail.com. Il costo dell’escursione è di 300 Q. + 50 per l’ingresso all’area. Tenda, materassino e sacco a pelo vi verranno forniti da lui.

Acatenango

Volcán Fuego visto dal Volcán Acatenango e la tenda in cui ho passato la notte

Qualora capitaste ad Antigua di domenica potreste andare a farvi un giro al mercato di Santa Maria de Jesus, un piccolo villaggio sito ai piedi del Volcan Agua. Il tragitto è di al massimo mezz’ora e i pulmini passano lungo la 7a Calle. Al ritorno volendo potete fare tappa a San Juan del Obispo.

Santa Maria de Jesus

Al mercato di Santa Maria de Jesus

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Flores e dintorni

C’è chi decide di prendere l’aereo per raggiungere Flores da Città del Guatemala ma se siete tra quelli che preferiscono risparmiare e non hanno problemi a passare una notte in bus allora esiste il modo per arrivarci via terra. Si tratta, in termini di km, forse della distanza più lunga percorribile all’interno del Guatemala e quindi di una delle poche per cui è possibile usufruire di un servizio notturno. Vi sono un paio di compagnie che danno questa possibilità: Fuente del Norte e Linea Dorada. Prenotando direttamente tramite l’ostello di Antigua mi è capitato di viaggiare con Fuente del Norte la quale per i viaggi notturni offre servizi Deluxe con pullman a due piani, i cosiddetti Maya de Oro. Il costo di 300 Q. prevede il trasferimento in shuttle al terminale delle compagnia in Città del Guatemala e, da lì, il servizio di pullman notturno fino a Santa Elena, la cittadina al di là del ponte rispetto all’isola di Flores. Vi sono due pullman notturni, uno in partenza alle 21 e uno in partenza alle 22.30. Nonostante la differenza di orario tra l’uno e l’altro, è molto probabile che il servizio di shuttle da Antigua sia lo stesso per entrambi, in partenza intorno alle 18.30/19. Partendo alle 22.30 da Città del Guatemala abbiamo raggiunto Santa Elena alle 5.30 del mattino. Immagino che chi è partito alle 21 sia arrivato nel cuore della notte per cui fate voi le vostre valutazioni. Sarebbe comunque meglio avere qualcosa di prenotato a Flores.

A tal proposito vi consiglio Hostal Los Amigos, il “giardino segreto di Flores”, un’oasi per viaggiatori. In quanto a pulizia ovviamente non raggiungerà mai i livelli di Antigua (se non altro per la quantità maggiore di gente che lo frequenta) ma i materassi sono sempre comodi, presa e luce personale non mancano e il ristorante è considerato uno dei migliori dell’isola. Tramite loro è possibile organizzare sia l’escursione a Tikal che quella a Yaxha mentre per il trekking a El Mirador vi suggerisco un altro contatto.

Fate ATTENZIONE a qualunque personaggio salga sul pullman o cerchi di vendervi un tour appena arrivati a Flores: li chiamano “coyotes” e nonostante alcuni di loro siano persone oneste, altri purtroppo non lo sono. Se volete sfruttare il servizio di shuttle che vi offrono da Santa Elena a Flores lo potete fare, risparmierete così una corsa in tuk tuk, ma evitate di organizzare escursioni con loro.

I tour del pomeriggio per Tikal partono alle ore 12 e fanno ritorno in ostello intorno alle 8 di sera. Nel periodo in cui sono stata io (gennaio 2017) era molto più probabile riuscire a vedere un bel tramonto piuttosto che l’alba e questo per via della foschia che si concentrava soprattutto al mattino. Cercate di capire come gira il tempo nel periodo in cui visiterete voi il Guatemala e quindi optate per uno piuttosto che l’altro. Sappiate ad ogni modo che il tour all’alba costa di più rispetto a quello del tramonto perché l’accesso al parco un’ora e mezza prima dell’orario ufficiale di apertura viene fatto pagare extra. 150 Q. è il costo ufficiale del biglietto a cui vanno aggiunti 110 Q. di trasporto e quindi 100 Q. per l’alba o 20 Q. per il tramonto. Il tour è guidato in inglese (la maggior parte dei turisti che incontrerete in Guatemala non parla una mazza di spagnolo) e anche in questo caso ricordatevi di portare con voi una torcia.

Tikal

Plaza Mayor di Tikal

Anche più spettacolare del tramonto a Tikal è quello presso le rovine di Yaxha. Anch’esse situate a circa un’ora di shuttle da Flores ma con un pezzo di strada non asfaltata da percorrere, queste rovine sono molto meno frequentate delle vicine più famose ma non per questo meno interessanti. Yaxha significa “acqua verde” ed è proprio nel lago che dà il nome al sito che si riflettono le luci del sole al tramonto. La vista dalla piramide più alta di tutto il complesso è qualcosa di memorabile che credo valga davvero la pena di non perdere. Sempre tramite l’ostello il costo per questa escursione è di 160 Q. + 80 per l’ingresso al parco. Nel caso in cui non si volesse la guida il costo scenderebbe a 110+80 ma onestamente credo che valga la pena averla, se non altro per questioni di orientamento.

Yaxha

Piramidi di Yaxha

Se Tikal è il sito archeologico più noto del Guatemala, le piramidi di El Mirador sono forse quelle meno conosciute. Per maggiori informazioni sull’argomento leggete l’articolo Spedizione El Mirador: verso la culla della civiltà Maya mentre per quanto riguarda il nome dell’agenzia con cui dovreste assolutamente organizzare questo trekking di 5 o 6 giorni, ve lo passo già da qua: Dinastia Kan. Il proprietario si chiama Antonio Centeno e fu uno dei fondatori della cosiddetta Cooperativa di Carmelita, l’altro famoso operatore che ancora lavora in questo settore ma meno responsabilmente di lui. Chiedete di avere Eduardo come guida e troverete una persona eccezionale! Contattate Antonio via mail all’indirizzo tono.centeno@gmail.com oppure via tel./whatsapp al (+502)-50176311/51257430. Il costo per il tour di 5 giorni è di 250 US$.

El Mirador

Rovine dell’Acropoli Centrale a El Mirador

A Flores è bello semplicemente perdersi per le stradine, fare il giro dell’isola a piedi e, perché no, volendo anche tuffarsi nel lago. Non perdetevi alla sera le bancarelle di strada, le preferite anche dalla gente del posto: tostadas, empanadas, tamales etc. etc., tutto a pochissimo prezzo! Partendo dal ponte  cominciate a camminare seguendo il senso orario e le troverete subito.

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Rio Dulce e Livingston

Da Santa Elena a Rio Dulce c’è un pullman espresso che parte alle 8 e arriva a destinazione alle 12.30. Arrivate al terminale intorno alle 7 per prenotare il posto a sedere. La compagnia è di nuovo la Fuente del Norte e il costo di 100 Q. Dal molo di Rio Dulce (tenete la destra all’inizio del cavalcavia e scendete giù dritto) la compagnia Asocolmoran (+502)-7930 5853) gestisce il servizio di lancia per Livingston. Le partenze sia in andata che al ritorno sono previste alle 9.30 e alle 14.30, il costo di 125 Q. e il tempo di percorrenza di circa un paio d’ore con una sosta di 15 min. All’andata è meglio sedersi a sinistra mentre al ritorno a destra.

Rio Dulce

Navigando sul Rio Dulce

Livingston a mio parere merita giusto di rimanerci una notte. L’ora del tramonto è la migliore per apprezzare i colori della natura e questi ovviamente sono meglio visti da qualunque molo si estenda sul Rio Dulce. Casa de la Iguana è una delle sistemazioni che per rapporto qualità/prezzo riesce sicuramente a soddisfare tutte le tasche ma non farei troppo conto né sul livello di pulizia dei bagni in comune, né sull’aiuto del personale composto da “volontari” stranieri che sembra invece interessato a tutt’altro, nella fattispecie alcool e canne. Se siete in due o semplicemente avete voglia di spendere qualcosa di più vi suggerirei piuttosto l’Hotel Casa Rosada, molto più tranquillo e con vista direttamente sul fiume.

Livingston

Livingston

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Semuc Champey

Da Rio Dulce esiste un servizio di shuttle che in 5 ore circa vi porta a Lanquin/Semuc Champey. Il costo è di 150 Q. e si tratta fondamentalmente di quello che è partito al mattino da Semuc e che deve quindi fare rientro con partenza prevista alle ore 14. Arrivando da Livingston con la lancia delle 9.30 è possibile prenotarlo direttamente al molo dallo stesso sportello che vende i biglietti delle barche e quindi prenderlo da lì non appena avrà scaricato i passeggeri in arrivo. In alternativa potete rivolgervi al Ristorante Sun Dog che costituisce il secondo punto di raccolta passeggeri. La strada è quasi tutta non asfaltata.

Forse la sistemazione più bucolica di tutto il mio viaggio – con l’atmosfera però anche un po’ da villaggio turistico – è stato il Lodge el Retiro di Lanquin. Situato lungo un tranquillo tratto di fiume dove è possibile fare il bagno, vi regalerebbe la terza notte gratis qualora decidiate di rimanere. Se non vi dovesse stare bene il menù fisso che servono alla sera, in centro a Lanquin trovate il Comedor Shalom che serve piatti tipici per la metà del prezzo.

Semuc Champey

Cascate e piscine lungo il Rio Cahabon

Il mio consiglio è che la visita alle piscine di Semuc Champey la facciate per conto vostro. Il servizio di solo trasporto – potete prendere un pick-up al volo appostandovi sulla strada oppure partire con il gruppo dell’escursione organizzata – ha un costo di 25 Q. Arrivati all’ingresso del parco (circa mezz’ora) e pagati i 50 Q. del biglietto potrete passare al suo interno tutto il tempo che desiderate. L’ideale ovviamente è arrivare abbastanza presto da riuscire a salire al Mirador, scattare le foto di rito e quindi riscendere alle piscine prima dell’arrivo dei tour di gruppo (che nel frattempo sono andati a visitare delle grotte e a fare tubing sul fiume). Partire alle 9 è un orario perfetto. Portate con voi un cambio, i soldi sufficienti per pagare trasporto, ingressi e da mangiare – all’esterno trovate cibo di strada per 20/25 Q.- e un lucchetto. Vicino alle piscine ci sono degli armadietti e dei “camerini” per cambiarvi. Il parco è immerso nella foresta per cui vi suggerisco di partire con le scarpe.

Semuc Champey

Piscine di Semuc Champey viste dal Mirador

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Lago Atitlan e dintorni

La mia prima tappa sul Lago Atitlan è stata Panajachel, essendo l’unico punto di arrivo degli shuttle da Lanquin. Il servizio lo potete prenotare direttamente in ostello ad un costo di 175 Q. La partenza è prevista alle 8 del mattino, l’arrivo dopo circa 10 ore di strada. Il punto di partenza vero e proprio del diretto a Panajachel è il Mc Donald di Coban al quale vi ci porteranno con una prima navetta. Di fronte al Mc c’è un mega supermercato dove potete fare scorta di viveri per la giornata.

Non avendo voglia di prendere subito una barca ed essendo già buio al mio arrivo, ho deciso di passare la notte a Pana. Per la prima volta dal mio arrivo mi sono finalmente concessa una stanza singola con bagno privato presso l’Hotel Jere, a soli 100 Q. Pulito, tranquillo e con un comodissimo Comedor al lato è stato un’ottima base di partenza per l’esplorazione del lago.

Arrivando da Lanquin lo shuttle passa da Chichicastenango, famosa per il mercato del giovedì e della domenica. Se siete di passaggio la sera prima vi conviene allora fermarvi per la notte e proseguire per il lago il giorno dopo. Io a Chichicastenango ci sono arrivata con uno shuttle da San Marcos (80 Q. andata e ritorno in giornata).

Chichicastenango

Al mercato di Chichicastenango

La barche per spostarsi tra i vari paesini del lago costano un massimo di 25 Q. per le tratte più lunghe come per esempio Panajachel-San Marcos/San Pedro oppure San Pedro-Santiago e funzionano dalle 7 del mattino alle 7.30 di sera circa.

A San Marcos la Laguna sono stata nell’Hostel San Marcos, il più conveniente del paese. Al momento del mio soggiorno il letto in dormitorio costava 75 Q. compresa la buonissima colazione presso il Ristorante Fé. L’unica pecca è che nelle stanze non c’erano cassette di sicurezza per i valori ma volendo si potevano lasciare cose in custodia alla reception.

Lago Atitlan

Alba sul Lago Atitlan vista dalla Nariz del Indio

A San Pedro la Laguna, seppur io abbia soggiornato al Mr. Mullet’s Hostel, con il senno di poi vi suggerirei piuttosto qualunque sistemazione si trovi lungo il percorso che conduce al molo per Santiago, come per esempio la Casa del Descanso. Risalendo dal molo per Panajachel girate a sinistra, continuate fino al negozio Salud Para Vida e quindi infilatevi a destra nella viuzza più stretta che c’è, la cosiddetta Graffity Alley. Seguite il percorso sempre mantenendo la sinistra agli incroci e vi ritroverete in una zona molto più tranquilla e piacevole.

Santiago e San Juan la Laguna sono visitabili tranquillamente in giornata da San Pedro anche se, a seconda di quello che state cercando, potrebbero costituire un buon punto d’appoggio per esplorare il lago. Mentre San Marcos e San Pedro risultano molto più turistici  – San Pedro richiama soprattutto giovincelli in cerca di party mentre San Marcos hippie, vegetariani, vegani e amanti dello yoga o semplicemente dell’ozio – Santiago, San Juan la Laguna, e tutti gli altri villaggi che si sentono meno nominare risultano più autentici e maggiormente vissuti dalla gente del posto. E’ sconsigliato, per via della possibile presenza di “banditi”, spostarsi a piedi tra un villaggio e l’altro: le barche sono sempre il mezzo più veloce ed economico ma esiste anche la possibilità di muoversi in tuk tuk o chicken bus.

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Quetzaltenango

Quetzaltenango, detta anche Xela, è il punto di partenza per chi ha voglia di scarpinare. Da San Pedro, davanti al parco della cattedrale, partono diversi chicken bus diretti da queste parti: alle 8.30, alle 10.30 e forse anche alle 11.30 ma non garantisco. Arrivano a destinazione in circa due ore e mezza e il costo del biglietto è di 35 Q., molto più conveniente rispetto ai 160 Q. che vi verrebbero chiesti per un servizio di shuttle.

Casa Seibel è davvero accogliente, con quel suo stile coloniale che vi porta indietro nel tempo, un magnifico patio interno, stanzoni ampi e coperte calde. La posizione è ottima.

Da Quetzaltenango sono partita per un trekking di sei giorni che, iniziando da Nebaj, attraverso paesaggi incredibilmente vari, ci ha portati fino a Todos Santos. Date un’occhiata all’articolo Quetzaltrekkers: caminare per una buona causa per capire di cosa si tratta. Se avessi avuto più tempo, giusto una decina di giorni in più, è sicuro che a San Pedro ci sarei tornata a piedi e che avrei scalato il Volcán Tajumulco, il più alto di tutto Centro America. Ahimè però il tempo è finito prima e allora da Xela ho fatto rientro ad Antigua su strada. Dal terminale degli autobus partono connessioni dirette a San Pedro, Panajachel e Città del Guatemala. Nel caso di Antigua dovrete invece cambiare a Chimaltenango.

Nebaj - Todos Santos Trek

Nebaj – Todos Santos Trek

A questo punto penso di avervi detto davvero tutto. Ci risentiamo nei prossimi giorni con tanti altri articoli in arrivo! 🙂

Trekking in Nepal: la Valle del Langtang dopo il terremoto

Trekking in Nepal: la Valle del Langtang dopo il terremoto 1024 682 Sonia Sgarella

Superare i 4.000 metri con fatica ma entusiasmo, un passo dietro l’altro e raggiungere le pareti di quei picchi himalayani che il giorno prima non sapevi neanche che forma avessero; realizzare che quelle di fronte ai tuoi occhi sono tra le montagne più alte del mondo e che tu lì, davanti a loro, ci sei arrivato con le tue gambe, con i tuoi piedi e con i tuoi polmoni: che emozione ragazzi!

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Vista sull’Himalaya dal Kyaning Ri

Un trekking nella Valle del Langtang era il mio proposito ancora prima di partire, per camminare lungo sentieri che fossero meno gettonati dei più famosi Annapurna ed Everest Base Camp Treks; arrivare ai confini con il leggendario Tibet e già che c’ero contribuire anche in minima parte alla ripresa di un territorio gravemente danneggiato dal terremoto del 2015.  Sapevo che non sarebbe stato facile e non solo a livello fisico. Di fatto attraversare una valle devastata dal terremoto è stato il boccone più grosso da digerire: calpestare la frana che ha coperto e cancellato le vite degli abitanti di un villaggio intero non lo si fa a cuor leggero,  è qualcosa di surreale, ci si muove in silenzio per rispetto verso quella strana quiete che aleggia nell’aria. Pensi e ripensi a tutti quei corpi che non sono mai stati recuperati – turisti compresi – e che ancora giacciono sotto il peso di quelle pietre maledette che gli hanno tolto il respiro in un secondo. Una volta c’erano campi coltivati e pascoli verdi, c’era una scuola, c’era l’insediamento più grande di tutta la valle. Oggi continui a guardarti intorno, a girarti indietro e ti sforzi di dirigere il pensiero a prima del terremoto, ai momenti di vita serena che quelle persone devono certamente aver vissuto. E’ difficile smettere di concentrarsi sul cosa dev’essere stato quell’attimo di devasto in cui tutto è finito, travolto da un’ enorme frana di ghiaccio e detriti che non ha dato a nessuno il tempo di reagire, di nascondersi, di trarsi in salvo.

Langtang Trek

Alcuni danni provocati dal terremoto del 2015

Un trekking nella Valle nel Langtang vuol dire scontrarsi con la natura in tutti i suoi aspetti, quelli buoni, fatti di viste mozzafiato e di aria pura ma anche con quelli cattivi e catastrofici, per rendersi conto che contro di essa non si può far nulla. Un trekking nel Langtang oggi vuol dire dare la possibilità ad una valle e ai suoi abitanti di tornare a sperare perché quei luoghi non rimangano solo il simbolo di una tragedia. Arriva da loro il primo appello a spargere la voce che la valle è aperta e che adesso più di prima c’è bisogno di turismo. L’Everest e l’Annapurna possono aspettare viaggiatori: andate in Langtang e state pur certi che tornerete a casa con il cuore pieno di emozioni!

Langtang Trek

Io e la mia guida Radha

Il tempo minimo necessario per poter svolgere questo trekking è di sette giorni, di cui due di trasferimento e cinque di cammino. Il percorso di cui vi parlo in questo articolo prevede andata e ritorno seguendo lo stesso itinerario ma è possibile estenderne la durata deviando dalla Valle del Langtang verso i laghi di Gosaikund  e la regione dell’Helambu, facendo così rientro a Kathmandu per altri versanti.

Giorno 1: da Kathmandu a Syabrubesi

Se avete organizzato il trekking tramite un’agenzia è probabile – o diciamo dovrebbe essere scontato – che si siano presi loro in carico la questione trasporto da/per Kathmandu e che, nel migliore dei casi, abbiate a disposizione un mezzo privato. Se invece avete deciso di intraprendere il percorso “fai da te”, o più semplicemente ciò che vi spetta da contratto è un mezzo in condivisione, allora tanto per darvi un’idea, le possibilità sono due: pullman o jeep. Per quanto riguarda l’opzione pullman esistono sia un servizio più economico di bus pubblico – dove ci entra letteralmente di tutto – sia un servizio più caro di cosiddetto “Super Deluxe Express”, dove vige la regola “una persona un posto a sedere” – o almeno dovrebbe. Il secondo modo – più veloce ma non sempre più comodo – per arrivare a destinazione sono invece le jeep pubbliche, su cui vengono letteralmente stipate fino a 10 persone. Si tratta nella maggior parte dei casi delle diffusissime Tata Sumo, in partenza come i pullman dalla “stazione” di Machha Pokhari.

Il tragitto è di circa 120 chilometri ma la percorrenza di almeno sette ore. Il fatto che ci si impieghi così tanto vi fa ben intendere le condizioni della strada che, nel seconda parte, si snoda non asfaltata sui versanti di ripidissime montagne, a tratti slavate da frane e smottamenti. Se avete già viaggiato sulle strade himalayane comunque la cosa non dovrebbe né stupirvi né impressionarvi più di tanto.

Lungo il percorso, circa un chilometro prima di raggiungere la cittadina di Dhunche, qualunque mezzo di trasporto è tenuto a fermarsi presso l’ufficio e posto di controllo del Langtang National Park per permettere ai passeggeri stranieri di mostrare/pagare l’ingresso all’area naturale. A novembre del 2016 il costo del permesso ammontava a 3.390 rupie (34$).

Syabrubesi, tappa finale del viaggio e punto di inizio del trek situato di lì a un’ora, non è altro che un tratto di strada lungo il quale si trovano allineati una fila consistente di negozi e guest house. Non perdetevi il pane fresco sfornato ogni giorno nel negozietto di fronte al Sunrise Hotel!

Giorno 2: da Syabrubesi a Rimche

Ebbene eccoci alle prese con il primo giorno di cammino che oltre ad essere il più lungo – considerate 8 ore totali di cui 6 di trekking effettivo – prevede anche l’ascesa più impegnativa, passando dai 1.460 metri di Syabrubesi ai 2.450 di Rimche. Partite presto dall’hotel (massimo alle 7.30) e continuate per cinque minuti in direzione nord fino ad arrivare ad un bivio.  A questo punto scegliete la strada di destra che scende verso il fondovalle e quindi, superato il check post, attraversate il ponte sospeso sul Bhote Kosi per raggiungere Old Syabru, l’antica Syabrubesi. Attraversato il villaggio continuate lungo la stessa sponda del fiume per altri 20-30 minuti fino a che, superati un paio di lodge, troverete il ponte per attraversare questa volta il Langtang Khola. Questa prima parte del trekking si svolge in un ambiente relativamente pianeggiante per cui godetevela fin che dura, cercando di scovare qualche esemplare di fauna locale tra la vegetazione.

A circa un’ora e mezza da Syabrubesi, il ponte sospeso successivo è quello che conduce a Domen (1.670 m.), un piccolo agglomerato di lodge posti vicino ad una piacevole cascata. Potete decidere di fermarvi qui per una prima “pausa caffè” oppure, come ho fatto io, affrontare la prima vera salita del trekking e continuare per altri 45 miunti fino a Pairo (1.800 m.).

Langtang Trek

Tea House a Pairo

La pausa pranzo per questa prima giornata vi conviene farla a Bamboo (1.900 m.), accanto al fiume, non essendoci altre grandi possibilità per mangiare da lì in poi. Considerate un’altra ora di cammino.

Langtang Trek

Bamboo

Continuate in salita per altre due ore e coprite così i rimanenti 500 metri di dislivello che vi mancano per raggiungere Rimche (2.450 m.). Partire presto da Syabrubesi e quindi arrivare a Rimche di buon ora in questo caso è fondamentale per accaparrarsi una delle sole nove stanze che hanno a disposizione nell’Hotel Ganesh View, tra le più gettonate della valle – dovesse essere una giornata di sole capirete esattamente il perché. A questo punto vi siete meritati una doccia e qui, grazie ai pannelli solari ve la possono offrire bollente. Approfittatene!

Langtang Trek

Hotel Ganesh View a Rimche

Giorno 3: da Rimche a Langtang

Anche la giornata di oggi prevede un dislivello di circa 1.000 metri ma per qualche strano motivo ci si impiega meno del giorno precedente per raggiungere quello che rimane e quello che di nuovo hanno costruito nei pressi della frana di Langtang. Considerate un totale di 7 ore di cui 5 camminando.

Lama Hotel (2.480 m.), che rappresenta uno degli insediamenti più grandi della valle, si trova a soli 30 minuti di cammino da Rimche e potrebbe costituire l’alternativa più ovvia per passare la notte nel caso in cui al Ganesh View Hotel o al vicinissimo Tibet Lodge non doveste trovare posto. Essendo situato in una posizione più ombrosa tenete però conto che nella maggior parte delle tea house non offrono acqua calda.

Con un’altra ora e mezza di cammino in salita, attraverso una foresta di querce, aceri e rododendri, raggiungerete forse una delle sistemazioni più bucoliche di tutta la valle, il Riverside Lodge. Peccato che si trovi in una posizione dove probabilmente anche al ritorno arriverete troppo presto per poterci passare la notte. Potete comunque fermarvi per un drink.

Langtang Trek

Riverside

Continuate a risalire il corso del fiume, godetevi le prime viste incredibili che si aprono dalla foresta sulle montagne più alte, passate da Ghoda Tabela (2.992 m.) e da lì, attraverso i pascoli di yak e un’ultima breve salita raggiungete Thyangsyap (3.200 m.) per il pranzo. Un consiglio spassionato: non perdetevi il veg curry with rice della Summit Guest House perché non ne troverete un altro così buono!

Langtang Trek Langtang Trek

Ormai siete soltanto a poco più di un’ora da Langtang, la valle in questo tratto si fa molto più ampia e dà spazio a delle vedute magnifiche sulle vette himalayane. Il percorso è rilassante ma dovrete prepararvi perché di lì a poco, superato il villaggio di Ghumba, vi si aprirà davanti agli occhi l’entità del devasto.

Langtang Trek

Langtang Trek

Ghumba

Di tutto quello che una guida precedente all’aprile 2015 possa avervi raccontato non troverete praticamente più nulla: non c’è più il torrente, non ci sono più i mulini ad acqua e neanche le ruote della preghiera, non ci sono più le decine di lodge che ospitavano i turisti, la panetteria cooperativa che vendeva pane e torte di mele appena sfornate, la sede centrale del Langtang National Park. Non c’è più nulla di tutto questo ma solo una frana immensa che è lì davanti ai vostri occhi e che dovrete attraversare per poter raggiungere le poche tea house che sono state ricostruite a nuovo nei pressi del vecchio villaggio ormai sepolto. Ciò che è sopravvissuto al terremoto si può dire, è la vista incredibile e quasi inquietante del Langtang II, dal cui ghiacciaio si è staccata la frana, a 6.581 metri di quota.

Langtang Trek

La frana che ha coperto e cancellato il villaggio di Langtang

Langtang Trek

Langtang II e la parete di roccia da cui è scivolata la frana

Arrivati al villaggio la prima cosa ad accogliervi sarà purtroppo un memoriale alle vittime circondato da decine di bandiere della preghiera; proseguendo detriti e macerie – il risultato dei crolli – e qualche guest house ricostruita da zero. L’Hotel Lhasa offre camere luminose e molto accoglienti. Il bagno comune, anch’esso con acqua bollente, si trova all’interno, così come la sala da pranzo con una efficacissima stufa a legna.

Langtang Trek - Lhasa Hotel @ Langtang Langtang Trek - Lhasa Hotel @ Langtang

Giorno 4: da Langtang a Kyanjin Gompa

Sarà letteralmente la giornata più bella di tutto il trekking sia perché la percorrenza è di solo 2/3 ore, sia perché sarà proprio oggi che vi troverete faccia a faccia con il picco più alto del Langtang e il suo ghiacciaio. Non solo: all’elemento naturale – che di per se rende questo trekking davvero incredibile – si aggiunge la questione spirituale. Bandierine, ruote, muri della preghiera e chorten vi accompagneranno lungo tutto il percorso facendovi sentire decisamente più che immersi nella dimensione buddhista.

Langtang Trek

Langtang Trek Langtang Trek

L’ “Om mani padme hum”, il mantra per eccellenza, è scritto dappertutto, in nero o colorato, compreso sulla facciata del monastero (gompa) di Kyanjin che purtroppo è andato anch’esso distrutto durante il terremoto. Ciò nonostante le persone del luogo continuano a pregarci attorno, segno che qui la devozione riesce a resistere anche alla peggior catastrofe.

Langtang Trek Langtang Trek

Una volta pranzato sarà quindi il turno del Kyanjin Ri, il miglior punto panoramico della zona. Dall’alto dei suoi 4.600 metri questa “piccola collina” (secondo gli standard himalayani ovviamente) vi regalerà uno spettacolo incredibile: di fronte a voi il Langtang Lirung (7.234 m.), la montagna più alta di tutta la valle e l’impressionante lingua del suo ghiacciaio; dall’altra parte, guardando verso il Tibet, il Langshisha Ri (6.370 m.), il Dorje Lakpa (6.966 m.) e il Gang Chhenpo (6388 m.). Salite con calma prendendovi tutto il tempo che vi serve per acclimatarvi – in media ci si impiega un’ora e mezza – e portate con voi qualcosa per coprirvi naso e bocca. In caso di vento potrebbe infatti smuoversi mlta polvere.

Langtang Trek Langtang Trek

La Nurling Kyanjin Guest House affitta le stanze con bagno (water all’occidentale e acqua calda) alla modica cifra di 300 rupie. L’edificio in sé non è molto pittoresco ma essendo tra i più alti di Kyanjin – se non addirittura il più alto – dal suo ristorante situato all’ultimo piano offre di certo le viste più belle di tutta la valle.

Langtang trek

Vista dal ristorante della Nurling Kyangjin Guest House

Giorni 5-6-7: rientro a Kathmandu

Seppur il mio suggerimento sia quello di passare almeno due notti a Kyanjin Gompa per esplorare ulteriormente la valle – Langshisha Kharka, Tsergo Ri, Valle del Lirung e Laghi di Tsona sono gli itinerari possibili – se proprio non avete tempo a disposizione potete ora incominciare il vostro rientro a Syabrubesi e da lì a Kathmandu. Partendo al mattino da Kyanjin Gompa non dovreste avere problemi ad arrivare fino a Lama Hotel. Il percorso è quasi tutto in discesa per cui aspettatevi di arrivarci abbastanza doloranti. Non preoccupatevi…il giorno seguente sarà anche peggio! 🙂 Se in questi giorni vi siete sentiti affaticati comunque pensate a quei poveri cristi dei porter che vanno continuamente avanti e indietro con carichi che arrivano fino a 60 chili!

Langtang Trek

Per quanto riguarda il pernottamento vi suggerirei qualunque guest house che sia situata nella parte alta del paese così da poter ricevere più a lungo i raggi del sole nel caso ci fosse. Se è vostra intenzione farvi una doccia assicuratevi inoltre che abbia l’acqua calda. I pasti ovviamente li potrete consumare ovunque vi venga comodo lungo il percorso, a seconda della vostra velocità. Una volta rientrati a Syabrubesi, nel caso in cui stiate viaggiando in maniera indipendente, informatevi subito per l’acquisto dei biglietti del pullman o per l’organizzazione del servizio jeep.

Per maggiori  informazioni su Kathmandu e dintorni (dove pernottare, cosa fare e dove mangiare) vi consiglio di leggere l’articolo What to do (cosa fare) a Kathmandu e dintorni.

Poon Hill Trek: il mio itinerario di cinque giorni

Poon Hill Trek: il mio itinerario di cinque giorni 1024 684 Sonia Sgarella

“Esiste un solo percorso sensato per svolgere questo itinerario” – provava a convincermi la mia guida prima di intraprendere il cammino – “ed è quello che segue l’andamento orario”. Le agenzie che suggeriscono il percorso inverso – sosteneva – sono gestite da persone che questo itinerario l’hanno seguito soltanto con un dito puntato sulla cartina, con il culo comodo e al caldo dei loro uffici di Pokhara e Kathmandu.

(Apro una prima parentesi: lavoro come guida e sapevo benissimo di cosa parlasse Raj: di mission impossible propinate ai clienti da impiegati d’agenzia che vendono l’ignoto ne ho viste a milioni. Fidatevi sempre di più di chi sulla strada ci vive, che siano guide, accompagnatori o autisti! Chiusa prima parentesi). 

Con il senno di poi posso dire che Raj aveva perfettamente ragione. Il motivo? Perché rendere più difficile quello che già richiede un bello sforzo? Se avete scelto il trekking a Poon Hill è probabile che lo abbiate fatto perché catalogato come uno dei trekking più brevi, più belli e più facili nella regione dell’Annapurna. Svolgere il percorso in senso antiorario lo renderebbe molto più impegnativo di quello che vi aspettate, a tratti scoraggiante per via delle infinite e ripide scalinate di cui non ne vedrete mai la fine, uno sforzo inutile ed evitabile.

Partire da Nayapul e concludere il circuito a Phedi è l’opzione migliore per questo itinerario: cinque giorni e quattro notti, la durata necessaria per coprire tutti i punti che mi sono stati suggeriti da persone incontrate nei giorni di viaggio precedenti, tra cui Poon Hill certamente ma anche l’Australian Camp. 0

Per info sul come organizzarvi e cosa portare con voi leggete l’articolo Trekking in Nepal: tutto quello che c’è da sapere. Qui mi limito semplicemente a parlarvi del mio itinerario nel dettaglio perché possiate prendere spunto riguardo alle tempistiche di spostamento e agli alloggi.

Giorno 1: Da Pokhara a Banthanti 

Un Taxi da Pokhara impiega circa un’ora e un quarto per arrivare a Nayapul che è il punto di partenza del trekking a Poon Hill. Il costo è di circa 2.000 rupie ed è sicuramente una soluzione più comoda e veloce rispetto all’autobus pubblico. Nayapul, nient’altro che un polveroso/fangoso bazar ai margini della strada per Baglung, costituisce il punto di passaggio obbligato per tutti gli escursionisti diretti a Birethanti (1.000 m.) che non si siano organizzati con un 4×4.

Seguendo la strada carrozzabile sterrata ci si impiegano soltanto 20 minuti per arrivare a questo crocevia – thanti significa “punto di sosta” – dove al banchetto di controllo dell’ACAP (Annapurna Conservation Area Project) dovrete mostrare i vostri permessi.

Qui le strade si dividono: una che seguendo il corso del Modi Khola, verso destra, conduce a Ghandruk, l’altra che seguendo il corso del Bhurungdi Khola, verso sinistra, conduce ad Ulleri e da lì prosegue per Ghorepani. Se siete partiti da Pokhara intorno alle 7, dovreste trovarvi in questo punto più o meno alle 9.30.

Poon Hill Trek

La mia prima giornata di trekking, cominciata circa a quell’ora, si è conclusa più o meno alle 15.30 a Banthanti, a 2.250 metri di altezza. La pausa pranzo la potete fare ad Hille (1.510 m.) o volendo, un poco più in là, a Tikhedhunga (1.540 m.), ad ogni modo prima di attraversare il ponte sul Bhurungdi Khola e cominciare la scalata di oltre 3000 gradini fino ad Ulleri (2.080 m.)

(Aggiornamento al 2018: con un fuoristrada è oggi possibile raggiungere Tikhedunga in auto. Il tragitto è di circa 2h30 da Pokhara).

E’ il primo giorno e siete ancora freschi, suvvia 3000 gradini non sono poi così tanti! 🙂 Munitevi di grinta ed entusiasmo e cercate di non abbuffarvi troppo per pranzo. Introducete nel vostro organismo giusto quei carboidrati che vi daranno l’energia necessaria per affrontare l’impresa e in men che non si dica sarete già arrivati!

Poon Hill trek

Passato Ulleri, un villaggio di medie dimensioni dove si trova un altro check post dell’ACAP, se le gambe ve lo permettono e la giornata è ancora lunga, continuate pure fino a Banthanti (45 minuti circa), un posticino ben più appartato con ottime viste sull’Annapurna South e sul Machhapuchhare, la mia montagna preferita nonché una delle più spettacolari al mondo!

Diversamente dalle altre cime del massiccio dell’Annapurna – come racconta anche Peter Matthiessen nel suo libro “Il Leopardo delle Nevi” – il Machhapuchhare rimane inviolato, non perché sia impossibile salirci – nel 1957 gli scalatori giunsero a pochi metri dalla vetta – ma perché è proibito raggiungerne la cima: i Gurung lo venerano come montagna sacra e il governo nepalese saggiamente lo conserva in mysterium tremendum.

Machhapuchhare Guest House è il nome della teahouse dove ho dormito. (NOTA BENE: i prezzi che troverete sui menù, compresi quelli delle camere, vengono regolati direttamente dal comitato manageriale del turismo per cui, a livello di costi, un posto vale l’altro. Quello su cui dovrete puntare sarà più che altro la posizione che più vi aggrada, la condizione della struttura e, perché no, anche la qualità del cibo. Io vi sto parlando di quella che è stata la mia esperienza, ma è ovvio che avendo con voi una guida sarà lui/lei direttamente a suggerirvi una Teahouse piuttosto che un’altra, sempre sulla base di questi presupposti ma facendo riferimento alle sue amicizie/conoscenze personali.

Poon Hill trek

Giorno 2: Da Banthanti a Ghorepani  (Poon Hill)

Tra Banthanti e Ghorepani ci sono solo 2 ore e mezza di cammino e un dislivello di appena 500 metri in salita. Il percorso si snoda attraverso una fitta foresta di querce e rododendri che se fossero stati in fiore chissà che bellezza! Lungo il percorso è quasi sicuro che incontrerete un sacco di gente proveniente dalla direzione opposta, ovvero da Ghorepani: sono quelli che, svegliatisi all’alba per salire a Poon Hill, si sono ora rimessi in cammino e sono ormai quasi giunti al termine del loro trekking.

Poon Hill Trek

Ghorepani si divide in due: Ghorepani bassa (2750 m.) e Ghorepani alta (2870 m.). La maggior parte degli escursionisti tende a trovare sistemazione in quella alta perché, in previsione di svegliarsi prima dell’alba per andare a Poon Hill, si trova già più vicina al sentiero d’ingresso. Si tratta di un punto particolarmente affollato perché nevralgico, dato che qui confluiscono i sentieri dei tre itinerari più battuti della zona: il Poon Hill Trek, l’ABC (Annapurna Base Camp) e l’Annapurna Circuit. Arrivare a Ghorepani in mattinata è fondamentale – soprattutto in alta stagione – se volete accaparrarvi una bella stanza nei lodge migliori.

Poon Hill trek

The Hungry Eye Guest House è stata quella che la mia guida ha scelto per me. La vista dalla finestra era pazzesca, il cibo divino e l’ambiente super accogliente. Non da meno, avevo anche la presa della corrente in camera.

Poon Hill Trek

Ora che siete arrivati fin qui e avete ancora tutta la giornata a disposizione potete decidere cosa fare e questo dipenderà molto dal tempo: se il cielo è limpido e si mantiene tale fino alla fine allora potete pensare di pranzare, farvi un giretto nel villaggio e quindi di salire a Poon Hill in tempo per il tramonto. Questo vi risparmierebbe la levataccia del giorno dopo o semplicemente, visto che siete venuti per questo, vi permetterebbe di augurare al sole entrambe le cose, sia la buonanotte che il buongiorno.

Poon Hill Trek

Se invece, come è successo a me, il cielo dovesse all’improvviso coprirsi e le montagne sparire dietro una coltre di nebbia che neanche in Pianura Padana, allora non avrete altra scelta che cazzeggiare fino a sera: pranzate, fatevi un giretto nel villaggio, una doccia, leggetevi un libro, giocate a carte e fate progetti ascoltando le esperienze degli altri escursionisti che nel frattempo avranno riempito le camere della guest house. Con il giungere della sera, vi ritroverete tutti vicino alla stufa in cerca di un po’ di calore.

Giorno 3: Da Ghorepani al Lonely Planet Hotel 

Se non siete riusciti a vedere il tramonto a Poon Hill o indipendentemente da quello non volete perdervi neanche l’alba, puntate la sveglia circa un’ora e mezza prima del sorgere del sole, il cui orario ovviamente cambia a seconda della stagione. A me personalmente non è andata tanto male: l’alba a fine novembre era prevista per le 6.32 quindi è bastato svegliarsi alle 5 e mettersi in cammino alle 5.20 per essere in cima alla collina con un tempismo perfetto, appena prima che i raggi del sole cominciassero ad illuminare le cime innevate dei 7000 e degli 8000.

Poon Hill Trek

Poon Hill Trek

(Aperta seconda parentesi: mi è appena capitato di leggere il post di un blogger (tra l’altro molto seguito) che descriveva la camminata a Poon Hill come qualcosa di epico, come un’avventura pazzesca e selvaggia, come se nel buio pesto di una notte solitaria la sua torcia e quelle dei suoi compagni fossero le uniche ad illuminare il sentiero. Scusate, capisco che la sua descrizione possa vendere più della mia ma per favore…ogni mattina ci saranno almeno 200 persone che come le formiche in fila indiana cominciano la scalata alla stessa ora per raggiungerne in tempo la cima e ovviamente ognuna di queste si porta una torcia! State percorrendo uno dei circuiti più famosi di tutto il Nepal e avete appena raggiunto uno dei punti panoramici più belli per vedere l’Himalaya disteso davanti a voi, picco dopo picco. E’ ovvio che non sarete da soli! Chiusa seconda parentesi)

Comunque il panorama è magnifico è vale assolutamente la pena di andare a vedere di cosa si tratta: il Dhaulagiri è li che vi aspetta con i suoi 8.167 metri e vi farà immediatamente dimenticare della fatica appena fatta per arrivare lassù, a 3210 metri.

Poon Hill Trek - Poon Hill

Fatta colazione nella guest house, potete quindi riprendere il cammino in direzione di Tadapani (2.710 m.) e da lì – dove potete fermarvi a pranzare con una magnifica vista sull’Annapurna South, sull’Himchuli e sul Machhapuchhare – proseguire verso Ghandruk (1990 m.).   Mentre la prima parte – un piacevole saliscendi di dislivello contenuto – richiederà poco sforzo sia alle vostre gambe che ai vostri polmoni, la seconda parte, quasi tutta in discesa, comincerà a farsi sentire sulle vostre ginocchia. Se avete con voi dei bastoncini da trekking vi verrà forse comodo utilizzarli.

Per una breve ma valida estensione a questo trekking leggi anche Muldhai View Point:la nuova Poon Hill con tanto di Yak!

Non molto dopo la vostra partenza, terminata la scalinata e arrivati in cima ad una collinetta erbosa, non dimenticatevi di voltarvi indietro per godervi l’ultimo grandioso panorama sul Dhaulagiri prima di passare all’altro versante.

Poon Hill Trek

Ora, avevo già intuito di avere una guida sveglia ma solo arrivata alla guest house dove aveva previsto di pernottare, ne ho avuto la prova eclatante: mi disse che ci saremmo fermati prima di Ghandruk, in un punto con una bellissima vista sulle montagne, acqua calda, cibo buono e tutto quello che nei giorni precedenti non mi aveva mai fatto mancare ma lasciò che arrivassimo lì per confessarmi la vera ragione per cui quel posto sarebbe stato cento volte meglio di qualunque altra guest house di Ghandruk. A queste altitudini, nell’autunno dell’Himalaya, la differenza tra sole e ombra è davvero notevole ma quando cadono le tenebre c’è poco da fare, fa freddo ovunque. Sapete allora qual’è l’unica cosa che vorreste sempre trovare nella sala da pranzo di una guest house? La stufa!

L’Hotel Lonely Planet è l’ultima sistemazione lungo il percorso in discesa con una di quelle stufe a legna che vi avranno certamente riscaldato e asciugato le cose nei giorni precedenti; a Ghandruk non è permesso averle per cui, se deciderete di andare oltre, preparatevi ad avere molto più freddo! Partendo da Ghorepani verso le 8.30 arriverete all’Hotel Lonely Planet per le 14.30, calcolata un’ora di pausa pranzo.

Poon Hill Trek

Giorno 4:Dal Lonely Planet Hotel a Pothana

Ghandruk è il secondo insediamento gurung per dimensioni del paese. Passando di lì al mattino è probabile che incontrerete decine e decine di studenti che dai villaggi vicini, già reduci dall’aver salito un migliaio di scale , si recano a scuola. Li incontrerete scendendo verso il fiume, una discesa ripida che raggiunge il corso del Modi Khola costeggiando campi e abitazioni rurali.

Poon Hill Trek

In molti da Ghandruk fanno ritorno di nuovo a Nayapul dove troveranno un trasporto per Pokhara, risparmiando così un giorno di trekking. Se avete tempo a sufficienza però vi suggerisco caldamente di proseguire l’itinerario. Perché infatti non spendere una notte in più nella tranquillità di questi paesaggi? Arrivati al fiume, che si trova a 1.315 metri di quota, risalite quindi la scalinata fino a Landruk (1620 m.) da dove il sentiero procede dolcemente fino a Tolka (1790 m.).

Poon Hill Trek

Dall’Hotel Lonely Planet a Tolka sono circa tre ore di cammino: partendo tra le 8 e le 8.30 dovreste quindi arrivare a destinazione massimo alle 11.30 e lì fermarvi per il pranzo. Superata Tolka le soluzioni per mangiare sono troppo lontane e inoltre vi servirà una buona dose di energia per affrontare l’ennesima salita verso Deorali (2.150 m.) Godetevi il paesaggio che cambia con l’altezza, i magnifici terrazzamenti coltivati a riso e senape, la vita nei villaggi…

Poon Hill Trek

Poon Hill Trek

Arrivati a Pothana (1.990 m.) verso le 15.00 – da Tolka sono circa due ore e mezza di cammino – non vi rimane altro da fare che cercare una sistemazione. A tal proposito vi posso consigliare il See You Lodge, il primo che si incontra entrando in paese: camere dal gusto originale, bagno esterno ma sempre con doccia bollente, sala da pranzo accogliente, insomma, niente di cui lamentarsi!

Poon Hill trek - See You G.H.

Giorno 5: Da Pothana (Australian Camp) a Pokhara

Avrei tanto voluto svegliarmi al mattino con la vista del Machhapuchhare – la montagna a “coda di pesce” – per salutare in bellezza queste immense montagne ma ahimè la nebbia era talmente fitta che purtroppo questa volta non è stato possibile. Da mostrarvi non ho mie foto ma ne prendo comunque una da internet per non lasciarvi con la curiosità di sapere come sia la vista dal cosiddetto Australian Camp. Io sicuramente dovrò tornarci! 🙂

Poon Hill Trek - Australian camp

L’Australian Camp, un’agglomerato di strutture turistiche situato in cima ad una collina erbosa, dista da Pothana non più di una mezz’oretta. Usciti dalla guest house non dimenticatevi di passare dal punto di controllo dell’ACAP per mostrare i vostri permessi e fare si che registrino la vostra uscita dall’Annapurna Conservation Area.

Da questo momento il percorso sarà tutto in discesa per cui preparate le vostre ginocchia a soffrire un pochino. A seconda della velocità (io ho fatto quasi tutte le scale di corsa) ci si impiega circa due ore e mezza per raggiungere Phedi e, da lì, circa 45 minuti di auto per fare rientro a Pokhara.

Questa giornata di trekking è in realtà una mezza giornata che vi permetterà di essere a Pokhara intorno a mezzogiorno o al massimo nel primo pomeriggio, giusto in tempo per un pranzo vista lago e un bel massaggio ristrutturante! Il mio posto preferito per mangiare, non ho dubbi, è stato il Rest Point Cafè con un graziosissimo giardinetto/terrazza sul lago, ottimo cibo e prezzi super contenuti.

Per l’organizzazione “fai da te” leggi l’articolo Trekking in Nepal: tutto quello che c’è da sapere o chiedi a me il contatto diretto della guida.

Informazioni utili

Dove dormire a Pokhara: The Little Tibetan Guest House

Tel: (00977) – 9846026166 / (00977) – 61461898

1.000 rupie a notte per una stanza doppia uso singola, ottima pulizia, acqua calda a partire dal pomeriggio perché funziona con i pannelli solari; un’oasi di pace a due passi dal lago dove spesso si ritrovano i monaci in preghiera; colazione non inclusa ma ottima; possibilità di refill di acqua purificata per sole 10 rupie.

Da Pokhara a Kathmandu : Explore Pokhara Travels

Tel: (00977) – 9856031440 / (00977) – 61467050

Ogni giorno alle 7.30 partenza dal Tourist Bus Park. Bus comodi, puliti e con connessione wi-fi (che funziona più che altro quando il bus è fermo o in coda). I biglietti si possono prenotare in qualunque agenzia/guest house di Pokhara al costo di 700 rupie. Da Lakeside al Bus Park un taxi costa 300 rupie.

Trekking in Nepal: tutto quello che c’è da sapere

Trekking in Nepal: tutto quello che c’è da sapere 1024 682 Sonia Sgarella

Sono alcuni decenni ormai che il Nepal, vantando ben otto delle quattordici vette più alte del globo e alcuni tra i paesaggi più suggestivi al mondo raggiungibili soltanto a piedi, è considerato patria indiscussa del trekking. Fare trekking in Nepal – non c’è dubbio – è una tra le esperienze di viaggio più appaganti che il continente asiatico possa offrire.

Non tutti però hanno ben chiaro che cosa voglia dire veramente fare trekking in Nepal. In tanti sarebbero pronti a rinunciare in partenza per la sola convinzione di non esserne adatti. Ma siete proprio sicuri che il trekking in Nepal non faccia per voi? Continuate a leggere questo articolo e solo alla fine potrete darvi una risposta. Con molte più probabilità starete già cominciando a pianificare il vostro viaggio!

Per comodità del lettore ho diviso l’articolo in più sezioni, ognuna delle quali tratta un tema a sé stante.

NEPAL, E’ ORA DI ANDARCI!

  • Decisamente l’autunno ma anche le altre stagioni non vadano poi così male. Ottobre e novembre sono i mesi migliori per percorrere quasi tutti gli itinerari di trekking e ovviamente ciò significa anche di maggior affluenza, con il turismo che tende a diminuire verso la fine di novembre. La tendenza è quella di mattinate limpide e probabili coperture nuvolose nel pomeriggio. La visibilità delle montagne è al massimo del suo splendore, è raro che piova e le temperature, piacevoli di giorno, si mantengono tollerabili anche durante la notte.

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    La primavera è anch’essa una stagione molto gettonata. In questo periodo la fioritura dei rododendri è qualcosa di magnifico, un’esplosione di colori che regala calore e vitalità al paesaggio. Non per altro il rododendro (Laligurans) è stato eletto a fiore nazionale del Nepal.

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    La stagione dei monsoni che va da giugno a settembre è invece forse la peggiore in termini di visibilità. I sentieri in questo periodo dell’anno sono coperti di fango e scivolosi, c’è alto rischio di frane e a farvi compagnia lungo i percorsi ci saranno ad attendervi le care amiche sanguisughe. Meglio evitare dunque ma se proprio siete in zona e non volete rinunciare al trekking puntate verso il Mustang, Upper e Lower.

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    L’inverno infine non sarebbe poi così una brutta stagione in termini di visibilità, se non fosse però per il freddo e per la neve che rende inaccessibili i passi più alti. Un trekking a quote più basse risulta fattibile ma è certo che dovrete coprirvi per bene!

  • Esistono ad oggi possibilità di trekking che spaziano dal grado più facile, quello A, a quelli più difficili, i livelli D ed E. Tutti gli itinerari offrono opportunità di godere dei magnifici panorami himalayani e di entrare in contatto con le popolazioni che abitano i villaggi in quota per cui la scelta del livello che corrisponda maggiormente alle vostre condizioni fisiche vi garantirà in ogni caso un’esperienza unica.

    – Grado A (Facile): Ghorepani/Poon Hill Trekking, Ghandruk Trekking, Jomson Muktinath Trekking, Helambu Trekking, Shivapuri Trekking….

    Percorribili da chiunque si trovi in buone condizioni di salute. I dislivelli da coprire sono moderati, l’altezza supera in poche occasioni i 3000 metri e i percorsi sempre ben marcati – spesso scalinate. In media si tratta di 5/6 ore di cammino al giorno.

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    – Grado B (Moderato): Annapurna Base Camp (ABC) Trekking, Langtang Trekking, Circuito del Manaslu…

    Oltre al buono stato di salute e all’abitudine a camminare per più giorni consecutivi, per questi trekking è necessaria una dose supplementare di energia ed entusiasmo. Gli itinerari raggiungono altezze che si avvicinano ai 4500 metri e i dislivelli +- 1.000 metri, l’inevitabile pegno da pagare per incontri ravvicinati con i magnifici picchi himalayani.

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    – Grado C (Faticoso): Annapurna Circuit Trekking, Everest Base Camp (EBC) Trekking, Upper Mustang Trekking…

    Trattasi di trekking che prevedono il superamento di passi ad oltre 5000 metri di quota. Su questi itinerari è molto importante dare il tempo al corpo di acclimatarsi e fare attenzione a qualunque avvisaglia che possa essere ricondotta al Mal di Montagna (Acute Mountain Sickness).

    – Gradi D/E (Impegnativo):  Ganja La Pass Trekking, Dhaulagiri Trekking…

    La caratteristica principale di questo tipo di trekking è che si tratta di lunghi percorsi ad altezze elevate dove l’unica possibilità di sistemazione è il campo tendato. In questo caso sono richieste ottime condizioni di salute ed esperienza pregressa.

  • Il Mal di Montagna è la reazione patologica del nostro corpo alla bassa pressione atmosferica e alla conseguente minore capacità dell’emoglobina di legarsi all’ossigeno presente nell’aria man mano che ci si spinge ad altezze più elevate. Può succedere a chiunque di soffrirne sopra i 2500 metri e questo indipendentemente dall’età, dal genere e dal grado di allenamento. Tra i sintomi vi sono mal di testa, nausea, mancanza di appetito, spossatezza, tachicardia, difficoltà di respirazione. In tali casi è fondamentale agire prontamente onde evitare che il Mal di Montagna si trasformi in edema cerebrale o polmonare.

    Scendere ad altezze inferiori è la prima cosa da fare: non costringete il vostro corpo a continuare.

    Prevenire il Mal di Montagna comunque è sempre meglio che doverlo curare: salite lentamente di quota dando tempo al vostro corpo di acclimatarsi all’altezza.

  • La maggior parte degli itinerari di trekking rientrano nell’area di una determinato progetto di conservazione, di un parco nazionale o di una zona ad accesso limitato per cui sarà quasi sempre necessario essere muniti di un permesso appropriato. Tali permessi sono acquistabili direttamente in loco e vi verranno tassativamente controllati nei punti di entrata ed uscita dall’area in questione.

    Di seguito le tariffe delle zone che ho visitato personalmente:

    Annapurna Conservation Area: 2000 rupie (20$)

    Leggi anche Poon Hill Trek: il mio itinerario di cinque giorni 

    Leggi anche Nepal: trekking al Campo Base dell’Annapurna 

    Langtang National Park: 3390 rupie (34$)

    Leggi anche Trekking in Nepal: la Valle del Langtang dopo il terremoto

    Shivapuri Nagarjun National Park: 560 rupie al giorno

    Leggi anche What to do (cosa fare) a Kathmandu e dintorni

    Sagarmatha National Park: 3000 rupie (2018)

    Leggi anche Trekking al Campo Base Everest: tutto quello che c’è da sapere

    Oltre ai permessi regionali sarà poi necessario ottenere una TIMS (Trekkers Information Management System), ovvero una tessera in cui vengono registrate le informazioni riguardo al vostro percorso, il tutto per una questione di sicurezza. Se vi siete organizzati tramite agenzia vi verrà rilasciata una tessera di colore azzurro al costo di 1000 rupie. Se invece preferite organizzarvi in maniera indipendente la tessera sarà di colore verde, avrà un costo di 2000 rupie e sarà vostro compito recarvi negli uffici appositi per farvela rilasciare.

    Per ottenere i permessi e la TIMS vi verranno richieste due fototessere e una fotocopia del passaporto. Nel caso in cui abbiate prenotato tramite agenzia, dovrete consegnare il tutto a loro perché svolgano le pratiche al posto vostro.

  • La dimensione del vostro zaino dipenderà sicuramente dalla durata dell’itinerario ma ancor più dovrebbe dipendere dal vostro fisico: se non siete abituati a trasportare grossi pesi è inutile che pensiate di poterlo fare proprio adesso. La dimensione ideale sarebbe quella di uno zaino da 35/45 litri, quanto basta per trasportare l’essenziale necessario. Se proprio però non ce la fate a partire con poca roba, valutate l’opzione di ingaggiare un portatore. I costi per la categoria si aggirano intorno ai 15/20$ al giorno.

    Detto questo, un buon equipaggiamento corrisponderà di certo ad un trekking soddisfacente mentre cose inutili o inadeguate potrebbero rivelarsi più compromettenti di quello che pensiate. Per questo è fondamentale portare con voi:

    Scarponcini da trekking: l’importante è ovviamente che calzino comodi e che li abbiate testati camminandoci in precedenza. Partire con un paio di calzature nuove di zecca potrebbe infatti rivelarsi l’errore più grande che possiate commettere. Sugli itinerari più bassi possono andar bene anche un paio di scarpe basse da trekking

    Un paio di ciabatte da indossare nelle Teahouse e che vi servano sia per la doccia, sia per evitare di dovervi allacciare le scarpe o gli scarponi ogni volta che vi servirà andare in bagno, soprattutto se di notte. Un paio di ciabatte da piscina in plastica sono l’ideale in quanto parzialmente chiuse e possibili da indossare anche con i calzettoni di lana, molto meglio che non le classiche infradito

    Calze adatte alle varie quote

    Guanti

    Cappelli: uno con visiera e una berretta calda da utilizzare anche di notte se necessario

    Scaldacollo

    Primo strato: maglie tecniche a maniche sia corte che lunghe. Alle quote più basse avrete possibilità di lavarle e stenderle ad asciugare

    Completo termico: da utilizzare come pigiama  o da aggiungere come strato se avete freddo;

    Secondo strato: un paio di capi

    Pantaloni: due paia per il trekking, uno più leggero per le quote più basse e uno più pesante per quelle più alte oppure due leggeri e uno strato termico da utilizzare all’occorrenza. Portatevi poi un pantalone comodo da indossare a riposo

    Terzo strato: un piumino e una giacca goretex da abbinare all’occorrenza

    Sacco a pelo: che raggiunga temperature di comfort -6/-10 per i trekking in Teahouse. In ogni stanza sono solitamente presenti delle coperte che potrete usare come aggiunta. Può capitare tuttavia, soprattutto durante l’alta stagione sui sentieri più battuti e a alle altezze elevate (dove ci sono meno alloggi) che non ce ne siano a sufficienza per tutti

    Coprizaino impermeabile

    Torcia frontale

    Occhiali da sole

    Protezione solare, crema idratante e burro cacao

    – Carta igienica, salviette umide, gel igienizzante e assorbenti: la carta igienica è spesso di facile reperimento anche in loco ma i prezzi, così come quelli di tutti i prodotti, sono direttamente proporzionali all’altezza

    Prodotti da bagno in piccole dosi

    Asciugamano in microfibra

    Kit di primo soccorso che contenga farmaci per la dissenteria e Diamox nel caso in cui andiate a quote elevate

    Spry per il naso: per evitare di passare notti insonni qualora vi doveste beccare un raffreddore

    Borraccia di metallo e purificatore per l’acqua: la borraccia di metallo (meglio se trasportabile a tracolla) dev’essere la sostituita delle bottiglie di plastica che a queste altezze costituiscono un’importante fonte di inquinamento. Il costo di una bottiglia d’acqua in montagna inoltre può raggiungere le 250 rupie (contro le 25 rupie di Kathmandu) per cui ha molto più senso premunirsi di gocce o di pastiglie per purificare quella che prenderete dal rubinetto. Nelle zone più battute dal turismo troverete la possibilità di riempire la vostra borraccia con acqua già purificata al costo di 70/80 rupie

    Apparecchiatura fotografica

    Power Bank: le prese si trovano spesso in aree comuni e a volte è richiesto un pagamento per la ricarica

    Snacks 

    Bastoncini da trekking (opzionali)

    Un libro o le carte da gioco: per passare un po’ il tempo quando alle 18.30 avrete già finito di mangiare

  • Mi stupisce davvero costatare quante poche parole positive siano state spese sull’alloggio in Teahouse. “Basic” è la parola più frequente che viene utilizzata per descriverle e ho capito, non saranno certo hotel a cinque stelle ma vogliamo considerare il contesto in cui si trovano? Dispersi tra le montagne a giorni di cammino dalle città principali, là dove il trasporto di qualunque materiale è un’impresa epica: come minimo questi lodge bisognerebbe catalogarli come fantastici, una manna dal cielo, un lusso inaspettato così come dovrebbero esserlo considerati anche i rifugi sulle nostre Alpi.

    Poon Hill trek

    Le regioni dell’Everest, dell’Annapurna, del Langtang e del Manaslu prevedono la sistemazione in Teahouse. Questi lodge, alcuni dei quali per dimensioni non hanno niente da invidiare alle guest house di Kathmandu, offrono semplici stanze ordinate a due o tre letti, nella maggior parte dei casi singoli ma a volte anche ad una piazza e mezza. I letti sono provvisti di copri materasso, cuscino e piumone, il tutto apparentemente piuttosto pulito. I piumoni vi terranno bene al caldo se utilizzati in aggiunta al vostro sacco a pelo ma se usati da soli (con solo un sacco lenzuolo) potrebbero non essere sufficienti.

    Langtang Trek - Lhasa Hotel @ Langtang

    Le pareti dei lodge sono molto sottili, spesso fatte di compensato o di pietra. Se avete il sonno leggero vi converrebbe portarvi dei tappi per le orecchie. Il bagno e la doccia sono quasi sempre in comune (ma esistono anche sistemazioni con bagno privato) e in molti casi entrambi si trovano all’esterno dell’edificio. Nella maggior parte dei casi si tratta di turche senza sciacquone (per “tirare l’acqua” si usa il secchiello) ma vi capiterà anche di trovare bagni all’occidentale. E’ sicuro che non troverete mai la carta igienica per cui portatela con voi!

    Poon Hill trek - See You G.H.

    La maggior parte dei lodge dispone di acqua calda, anzi bollente, che viene prodotta con i pannelli solari o con il gas. In alcuni casi, soprattutto se la doccia funziona a gas, vi verrà chiesto un contributo extra per poterne usufruire.

    Langtang Trek - Ganesh G.H. @ Rimchen

    In tutti i lodge troverete una stanza comune utilizzata come sala da pranzo e non su tutti gli itinerari, riscaldata con una stufa a legna. Sistemate qualunque cosa bagnata nei pressi della stufa perché si asciughi. 

    Langtang Trek - Lhasa Hotel @ Langtang

    I proprietari del lodge si aspettano che consumiate i pasti da loro. Il menù (che è sempre molto simile con la sola differenza del prezzo che aumenta con l’altezza), è sorprendentemente ricco e potrete scegliere tra piatti sia della cucina locale che di quella internazionale, spesso compresa anche la pizza.

    Langtang Trek - Lhasa Hotel @ Langtang

    Sul cosa sia meglio scegliere dipende da quanto siete affamati: i momo (ravioli ripieni) sono sempre 10 e potrebbero non soddisfare il vostro appetito così come le zuppe, a meno che non siano con i noodles. I piatti di riso e noodles sono spesso porzioni abbondanti, un ottimo rapporto qualità/prezzo ma solo con lui, con il piatto nazionale, il mitico Dhal Bhat verranno ad offrirvi il bis! Fate dunque le vostre valutazioni.

    Se siete amanti della birra preparate un’ampia scorta di contanti perché arriverete a pagarla anche 750 rupie (7$). In generale comunque l’assunzione di alcool non è raccomandata.

    Poon Hill trek

    Nella maggior parte delle Teahouse potrete comprare anche degli snack ma sempre per via del costo vi conviene fare rifornimento prima di partire. Lo stesso vale per l’acqua.

  • Partire con un’assicurazione di viaggio adeguata nel caso del Nepal è fondamentale. Qualora dovesse succedervi qualcosa durante un trekking e l’unica maniera di raggiungere l’ospedale più vicino fosse in elicottero questo potrebbe infatti costarvi una fortuna.

    ATTENZIONE: la maggior parte delle assicurazioni copre il trekking fino ai 4.000 metri per cui se avete intenzione di andare oltre cercate un’assicurazione adeguata. Io di solito mi affido a World Nomads che copre i trekking fino a 6.000 metri.

    Ricordatevi: con le montagne non si scherza!

  • Pur non esistendo una regola che obblighi ad assumere una guida per il trekking il mio suggerimento è che evitiate di viaggiare da soli. Nonostante il Nepal sia un paese relativamente sicuro ed amichevole nei confronti del viaggiatore e la maggior parte degli itinerari siano ben marcati, le montagne rimangono pur sempre un ambiente ostile e la presenza di una guida o di un compagno di viaggio potrebbe essere fondamentale – nella peggiore delle ipotesi – per salvarvi la vita.

    Dalla distorsione di una caviglia al Mal di Montagna, trovarsi da soli in certe situazioni non è piacevole e, il tutto, solo per aver voluto risparmiare una cifra irrisoria. Ingaggiare una guida nepalese oltremodo sarà il vostro gentile contributo all’economia locale.

    Affidatevi ad un’agenzia che vi fornisca una guida professionale in possesso di una licenza rilasciata dal Dipartimento del Turismo nepalese. Chiedete che questa licenza vi venga mostrata.

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    Esistono anche agenzie specializzate in tour al femminile che vi contratteranno una guida donna. Il costo per una guida femmina risulta a volte leggermente più alto rispetto a quello di una guida uomo ma è ovvio che il vostro contributo in questo caso non sarà solamente economico. Sarà soprattutto sociale.

    Attenzione: per la vostra sicurezza è fondamentale che la guida abbia alle spalle un’agenzia registrata la quale garantisca per lei e che possa agire prontamente in caso di vostro bisogno. Avere in mano un indirizzo e delle ricevute, inoltre, è molto importante qualora dobbiate dimostrare qualcosa alla vostra compagnia d’assicurazione.

    Assicuratevi che l’agenzia sia regolarmente registrata presso il Governo del Nepal e presso la Trekking Agencies Association of Nepal (TAAN). Per fare questo consultate il sito www.taan.org.np e fate la vostra ricerca.

  • La cosa più conveniente per chi abbia un pochino di tempo da perdere è sicuramente quella di fare tutto sul posto, ovvero, una volta arrivati a Kathmandu o a Pokhara, passare in rassegna qualche agenzia e vedere quello che offrono. E’ vero anche però che la maggior parte delle persone tutto questo tempo da perdere non ce l’ha a disposizione o che preferisca comunque, anche a fronte di un prezzo leggermente più alto, affidarsi a qualcuno direttamente dall’Italia, sia essa un agenzia incontrata online oppure la sottoscritta (leggi anche Chi Sono)

    Il prezzo ovviamente può variare molto a seconda della zona che sceglierete per il vostro trekking, soprattutto se per arrivarci è necessario prendere un volo interno (per esempio per il Trekking al Campo Base Everest) o se l’area rientra tra quelle “Restricted” per cui vi sono dei permessi maggiorati da pagare (nel caso dell’Upper Mustang per esempio si parla di un permesso di ben 500$!).

    Il costo di una guida professionista si aggira intorno ai 35$ al giorno, quello di un Porter circa 15/20$.

    Il costo del cibo lo vedrete aumentare con l’altezza: momo, riso e noodles costano in media 400/500 rupie al piatto mentre il Dhal Bhat arriverà fino a 600/700 rupie. Le bevande calde si aggirano intorno alle 100/150 rupie mentre la birra arriva a costare fino a 750 rupie. Il costo della camera varia a seconda della struttura e della zona: dai 200 per un letto in camera condivisa ai 1000 per il bagno in camera (non sempre disponibile).

    Poon Hill trek

    Sul discorso mance non esiste una regola fissa ma le mance sono estremamente apprezzate.

    Portatevi contanti a sufficienza per coprire tutte le spese non incluse nel vostro pacchetto e una scorta extra per qualunque evenienza. 

Gunung Bromo: consigli per la visita (come evitare la delusione)

Gunung Bromo: consigli per la visita (come evitare la delusione) 1024 682 Sonia Sgarella

Alba o tramonto? Trekking o jeep? Questi i dilemmi di chi si prepara a visitare il vulcano più famoso d’ Indonesia, la grande attrazione dell’Isola di Giava nonché uno tra i più attivi e accessibili al mondo. Il Gunung Bromo è un mondo a parte e ora che siete arrivati fin qua non vorrete di certo sprecare l’occasione per visitarlo al meglio, dedicandogli tutto il tempo necessario e, perché no, cercando di evitare la folla di visitatori che a opinione di molti, toglie tanto, troppo fascino a quella bellezza magica e surreale che andrebbe contemplata in silenzio e tranquillità.

La cosa che più disincanta chi, dopo ore e ore di viaggio raggiunge finalmente la caldera del Tengger – all’interno della quale emergono maestosi in primo piano il Gunung Bromo e il Gunung Batok – è la carovana di jeep che si allineano prima dell’alba per raggiungere il punto panoramico più alto da cui ammirare il sorgere del sole che, se tutto va bene, lo vedrete spuntare tra le teste e le spalle di chi è arrivato prima di voi e si è accaparrato il posto migliore.

“Troppa gente” è ciò che sentirete dire a tanti di quelli che ci sono stati e allora perché non cercare un percorso alternativo? Quasi tutte le agenzie vi proporranno la stessa cosa come se fosse l’unica soluzione possibile ma è proprio qui che non vi dovete sbagliare: le alternative esistono, bisogna solo dedicargli più tempo. Eccovi allora i miei consigli per la visita al Bromo:

– TROVARE UN ALLOGGIO A CEMORO LAWANG, l’unico villaggio che si affaccia sul bordo della caldera e da cui potrete godervi in tutta pace l’atmosfera del tramonto. Arrivate a Cemoro possibilmente in mattinata così da avere tempo, nell’arco della stessa giornata, di esplorare la caldera a piedi e di risalire le pendici del vulcano con poca gente.

La maggior parte dei tour organizzati propone il programma come segue: sveglia di notte ad un orario prestabilito che varia a seconda del luogo di partenza e in tempo per raggiungere il punto panoramico prima dell’alba; in seguito, una volta sorto il sole, discesa nella caldera e scalata del vulcano prima di ripartire. Al pomeriggio dunque ci sono in giro molte meno persone.

Monte Bromo

La zona calpestabile sul bordo del cratere non è altro che una striscia sottile di terra da cui scattare qualche foto e godersi lo spettacolo che sprigiona dalla bocca del vulcano. Avendolo visto nel pomeriggio, quando non c’era nessuna jeep e il numero delle persone era decisamente contenuto, mi sono chiesta quale inferno potesse essere al mattino quando, anche solo un centinaio di persone in quella situazione, costituirebbero un’infinità di gente.

Monte Bromo

Monte Bromo Monte Bromo

La scala che raggiunge il bordo del cratere – che è scala di nome ma non di fatto! – permette inoltre l’accesso solo in fila indiana, una per chi sale e una per chi scende, il che vi obbligherebbe a seguire il ritmo della maggioranza e a non potervi defilare in nessun modo. Sentendo di gente che è rimasta delusa dalla visita al Bromo posso immaginare che questa parte abbia contribuito parecchio nel non soddisfare le aspettative. Per non parlare poi del cavalli che salgono e scendono trasportando persone e alzando tutta la sabbia che dai loro zoccoli entrerà direttamente nel vostro naso.

Monte Bromo

Credetemi, avere a disposizione tutto un pomeriggio per godervi questa meraviglia quasi da soli non ha prezzo! Una volta scalato il vulcano ed esservi goduti uno spettacolo davvero impressionante, fate ritorno a Cemoro in tempo per il tramonto. Dal piazzale di fronte all’Hotel Lava View il panorama è a dir poco incredibile. Nel ristorante dello stesso hotel (apre alle 18) potrete poi cenare ascoltando dell’ottima musica e prepararvi per la levataccia del mattino dopo.

– LASCIATE PERDERE LE JEEP e invece di puntare al View Point più alto (Gunung Pananjakan), raggiungete a piedi il Seruni Point, un po’ più basso ma comunque perfetto per l’alba. I punti panoramici si trovano tutti allineati lungo il crinale della stessa montagna, praticamente uno sopra l’altro. Mentre salendo a piedi avrete la possibilità di decidere a che livello fermarvi, andando in jeep sarete costretti a raggiungere tutti lo stesso.

Tanto per darvi un’idea della ragione per cui penso che la soluzione a piedi sia la migliore vi dico questo: la notte in cui sono stata lì era una notte molto nuvolosa e il punto panoramico più alto era completamente immerso tra le nuvole mentre da quelli più bassi, seppur il sole non sia mai spuntato, la visibilità era ottima. Ovviamente potrebbe anche succedere l’opposto direte voi ma eccovi allora l’altra ragione per cui vi consiglio questo percorso: per la strada non abbiamo incontrato praticamente nessuno. Abbiamo camminato al buio per circa un’ora ma la strada è asfaltata e il percorso ben riconoscibile e alla fine abbiamo raggiunto il Seruni Point dove saremo stati si e no una trentina di persone.

Monte Bromo

Fino ad un certo limite è anche possibile arrivarci in moto o in macchina (circa a metà strada) ma il bello di questo percorso è proprio la camminata, la fatica che si fa per raggiungere l’obiettivo, per cui vi sconsiglio l’utilizzo di qualunque veicolo. Una volta vista l’alba sarete quindi in perfetto orario per doccia, colazione e poi via, pronti per partire verso la prossima meta, quando ancora tutti gli altri sono intenti ad ammassarsi lungo le pendici del Bromo!

Lungo il percorso e ai punti panoramici troverete chioschetti che vendono snack e bevande calde per cui non preoccupatevi  di portarvi dietro chissà cosa. Tutto quello che vi serve è una torcia, un cappello e una giacca a vento perché lassù si muore di freddo!

Kawah Ijen: il mio super fuori programma!

Kawah Ijen: il mio super fuori programma! 1024 684 Sonia Sgarella

Forse non tanti di voi lo sapevano ma quest’estate, per una decina di giorni, ho accompagnato un piccolo gruppo di viaggiatori in Indonesia, in un overland tra Giava e Bali. Il programma includeva molte cose – la visita ai magnifici siti Unesco di Prambanan e Borobudur, la salita al Gunung Bromo, cascate e piantagioni – ma ce n’era una che mancava all’appello e la cosa mi spiaceva tanto. In molti quel luogo, il mitico Kawah Ijen, me lo avevano descritto come uno tra i più belli, un’esperienza unica da fare, come un’avventura da non perdere.

Leggi anche Gunung Bromo: consigli per la visita (come evitare la delusione)

Ebbene, se il viaggio non si fosse chiamato “Viaggio Avventura” con tutta probabilità avrei lasciato perdere ma siccome proprio di viaggio avventura si trattava, ho preso la balla al balzo e ho lanciato l’idea. Ora, svegliarsi alle 2.30 di notte, prepararsi per scalare un vulcano sotto la pioggia con il rischio di arrivare in cima e non vedere altro che nuvole, sudare per poi morire di freddo, imbrattarsi di fango e inzupparsi di acqua voi la considerate una cosa da matti vero? Naaaa, se siete viaggiatori avrete fatto anche di peggio e sareste disposti a rifarlo se anche solo una volta vi fosse andata bene nonostante le premesse.

Tre giovani allora, la sana convinzione che tentar non nuoce e via che si va! 🙂 Sveglia come da programma, incontro con la guida Yogi e partenza da Kalibaru con destino il Kawah Ijen, lo spettacolare lago vulcanico di color turchese nascosto tra le pendici del cratere dell Gunung Ijen, uno dei luoghi più surreali mai visti sulla faccia della terra, tra inferno e paradiso!

Kawah Ijen

Partendo alle 3 da Kalibaru si arriva al punto di partenza dell’escursione verso le 5. La strada stretta e tutta a curve sembra deserta, la nebbia è talmente fitta che l’autista si deve fermare ogni tanto per cercare di recuperare visibilità. Le poche auto che incontriamo viaggiano nel senso opposto come se arrivati lassù, avessero deciso di rinunciare all’impresa e stiano quindi tornando indietro. Staremo facendo la cosa giusta? Dicono che il Kawah Ijen sia una meta ancora poco gettonata e forse è per questo che qui non si incontra nessuno, forse a causa della pioggia hanno deciso di chiudere l’accesso, forse, troppi forse ma forse dovevamo solo arrivare a destinazione e scoprirlo da soli.

Arrivati al parcheggio ecco la sorpresa: altro che poco gettonato, vista l’infinità di macchine e pulmini presenti in quel momento il Kawah Ijeng doveva essere affollatissimo! Tanti di questi mezzi erano lì in attesa dei clienti, di quelli che a dormire non ci erano proprio andati per riuscire a vedere, ancora col buio, le cosiddette fiamme blu prodotte dalla combustione dei gas solfurei.

Lo zolfo è infatti la prima peculiarità di questo vulcano, lo zolfo giallo che viene estratto a mano dalla solfatara ancora attiva presente in loco e trasportato a spalla dai minatori che, come anime all’inferno non si danno tregua per riuscire a portare a destinazione quel carico che gli dà da vivere. Guadagnano 1000 rupie al chilo e se le moltiplichiamo per i circa 60 chili che riescono a trasportare in una volta, praticamente ne viene fuori il costo di due o tre birre Bintang!

Il percorso è bello ripido (ma non impossibile) e fatto di terra battuta che si trasforma in parte in fango in caso di pioggia (ovvero il nostro caso!) e questo fino a che si raggiunge la sommità della caldera da dove si apre finalmente il vero spettacolo! Abbiamo camminato un’ora e mezza sotto la pioggia e tra la nebbia, non ce lo siamo detti per non demoralizzarci ma tutti noi l’abbiamo pensato: “chi cavolo ce l’ha fatto fare??” La gente che scendeva non ci dava buone notizie: avevano preso freddo, erano inzuppati d’acqua e il lago turchese che si trova là in cima, tra i più acidi al mondo, non lo avevano nemmeno visto. Peccato per loro, pensiamo col senno di poi, perchè noi invece si! 🙂

Kawah Ijen

E’ bastata la speranza per arrivare fino in cima ed essere graziati da una vista stupefacente, surreale. Le nuvole che si aprono improvvisamente e noi, gasati come bambini, ad ammirare attoniti un lago che più bello non poteva essere, il giallo dello zolfo con la sua nube di fumo denso, le pareti del vulcano, il cielo azzurro. Improvvisamente tutto appariva più chiaro e noi, infreddoliti ma felici, avevamo fatto la cosa giusta! Ci eravamo fatti letteralmente il culo ma la nostra fatica era stata ripagata! 🙂

Kawah Ijen

Lo vedete l’arcobaleno??? 🙂

INFORMAZIONI PRATICHE

– La strada che da Kalibaru e passando per Banyuwangi, porta fino al punto di inizio del sentiero è stata perfettamente asfaltata per cui non c’è assolutamente bisogno che il vostro veicolo sia un 4×4.

– In caso di pioggia, prima di iniziare il sentiero troverete dei chioschetti che vendono impermeabili.

– Arrivati alla sommità della caldera tutte le guide vi diranno che è vietata la discesa al suo interno ma che, se proprio ci tenete, loro saranno disposte ad accompagnarvi. Avendo più tempo a disposizione e in caso di bel tempo, quando quindi il sentiero roccioso e sconnesso non risulta troppo scivoloso, la cosa sarebbe fattibile e, in effetti, in molti scendono, soprattutto se di notte per vedere le fiamme blu. Fate attenzione a dove tira il vento e munitevi di una pashmina da mettervi sulla faccia.

– Ad essere sicuri che il tempo è buono perdeteci tutta la notte, sia per le fiamme blu che per l’alba sul lago. In questo caso assicuratevi di avere con voi una torcia di quelle a fascia da tenere in testa per lasciare le mani libere, cappello e giacca a vento perché, non importa che stagione sia, comunque a 2799 metri fa freddo!

Valle de Cocora: trekking tra le palme più alte del mondo

Valle de Cocora: trekking tra le palme più alte del mondo 2560 1708 Sonia Sgarella

Sono le palme più alte del mondo e si trovano solo in Colombia. Se questo già di per sé non vi ha dato ancora una buona ragione per andarle a cercare allora vi aggiungo che si trovano sul fondo di una valle incantata e incontaminata degna di diventare la location per qualunque tipo di film epico o fantasy. Eccovi dunque tutti i motivi per convincervi a fare un biglietto e partire!

Le “palme da cera” che si contraddistinguono per il loro apparentemente esile tronco dalle altezze incredibili le troverete soltanto li, impegnate a punteggiare e decorare il suggestivo paesaggio della Valle di Cocora, a pochi chilometri dal pittoresco villaggio di Salento e nella regione colombiana dell’Eje Cafetero, rinomato appunto per la produzione di caffè.

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Ceroxylon quindiuense è il nome scientifico di questa rara specie di palma a rischio d’estinzione, dal cui tronco si ricava la cera e che può raggiungere fino ai 60 metri d’altezza; un tipo di palma che per nascere e crescere trova perfette le condizioni geomorfologiche e climatiche che si registrano da queste parti, in quella fascia compresa tra i 2.500 e i 2.800 metri e ad una temperatura che oscilla sempre tra i 12 e i 19 gradi centigradi.

Lunghe e affusolate queste magnifiche palme svettano eleganti verso il cielo come bellissime signore, ognuna orgogliosa della sua statura e gelosa del suo spazio, a creare una scenografia magica e quasi surreale davanti alla quale non si può che rimanere a bocca aperta. La Colombia, fiera dell’unicità di questo esemplare di cui è disseminato il verde fondovalle alle pendici inferiori del Parque Nacional Natural Los Nevados, ha fatto della palma da cera il suo albero nazionale.

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Cocora, raccontano le cronache, fu il nome di una principessa, figlia del re Acaime che regnò a capo della civiltà Quimbaya che raggiunse il suo apice di sviluppo tra i secoli IV e VII d.C., costituendo quindi una delle diverse civiltà precolombiane che abitarono l’America centro-meridionale.

Detto questo, sarà ora alla Reserva Natural Acaime – che prende il nome dal suddetto re – che dovrete dirigervi se intenzionati a sfruttare pienamente un’intera giornata nella valle. Quello che vi suggerisco è un percorso circolare della durata di circa sei ore che, per ricompensarvi della fatica spesa a risalire l’ombrosa foresta nebulare, vi regalerà stupefacenti vedute sul bosco di palme e sulle meravigliose montagne della Cordigliera Centrale.

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Ma vediamo nello specifico come arrivare ad Acaime partendo dalla vicina Salento dove è molto probabile che starete soggiornando. Salento, il cui nome sembrerebbe non avere niente a che fare con la nostra regione pugliese, costituisce indubbiamente un’ottima base di partenza, nonché forse il migliore punto d’incontro di tutte quelle caratteristiche che finirete certamente con l’apprezzare della Colombia: sorrisi amichevoli, gustosi piatti tradizionali, vivaci coffee-bar, colorati edifici coloniali e natura incontaminata, le condizioni ideali per sentirvi a casa vostra!

Raggiungete la piazza principale al mattino presto (meglio se prima delle 9) e, forza, fatelo, è il vostro momento! Salite sul retro di una di quelle fantastiche Willis parcheggiate in formazione che sicuramente avrete già pensato a fotografare da ogni angolazione! Ancora oggi nelle aree rurali della Zona Cafetera, questi spettacolari fuoristrada risalenti alla seconda guerra mondiale, costituiscono il mezzo principale di trasporto per cose, animali o persone e, in questo caso, sono li a vostra disposizione, per portarvi fino all’ingresso della Valle, in 20 minuti circa e al costo di 3.400 pesos.

Willis a Salento

N.B. Il rifornimento di acqua ed eventuali snack lo potete fare sia a Salento che a Cocora, dove troverete allineati diversi chioschi e ristoranti.

Arrivati a Cocora incominciate subito il cammino: il sentiero per Acaime ha inizio oltre un cancello di legno che troverete sulla destra appena dopo una prima serie di negozietti. Da qui vi aspettano circa 2,5 ore in salita: una prima parte più facile ma breve, che si estende attraverso un ampio fondovalle ricco di pascoli mentre la seconda parte più lunga e impegnativa, attraverso la fitta e ombrosa foresta nebulare e seguendo il corso del fiume Quindìo che vi troverete ad attraversare più volte per mezzo di precari, sgangherati e traballanti ponti di legno.

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L’esperienza risulterà fin qui faticosa ma decisamente divertente. Tenete conto che stiamo parlando di un ambiente alquanto umido per cui il terreno può trasformarsi facilmente in fango. Munitevi di scarpe che prevedano la possibilità di sprofondarci dentro oppure, se preferite, potrete noleggiare prima di partire degli stivali di plastica e così non dovreste avere problemi neanche in caso di pioggia forte. Portate con voi anche un impermeabile.

Arrivati ad Acaime potete ora fare tappa alla Casa de los Colibris dove, con il prezzo di entrata di 5.000 pesos vi verranno serviti un bel pezzo di formaggio locale e una bevanda a vostra scelta tra quelle a disposizione mentre una miriade di colibrì vi intratterranno sfrecciandovi di fronte agli occhi diretti verso gli abbeveratoi che il padrone di casa ha piazzato un po’ ovunque. Godetevi questo momento di relax perché ora vi aspetta un’altra ora di dura risalita verso la Finca La Montaña, a 2860 metri.

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Arrivati dunque nel punto più alto non vi rimane ora altro da fare che cominciare a scendere e, credetemi, i successivi 5 chilometri sono quelli che vi regaleranno i panorami più suggestivi. Finalmente, dopo tanta fatica, ecco apparire di fronte ai vostri occhi le tanto agognate palme di cera, uno spettacolo incredibile davanti al quale non potrete che rimanere incantati! Ma solo in parte le immagini potranno rendere l’idea della sua bellezza…altra cosa è trovarsi a guardare con gli occhi una tale meraviglia!

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Palmera da Cera

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Per chi non volesse compiere tutto il percorso di sei ore ma neanche rinunciare a vedere da vicino il bosco di palme c’è la possibilità di accedere direttamente a quest’ultimo partendo sempre da Cocora. Invece di seguire le indicazioni per Acaime proseguite dritto lungo il fondovalle e poi cominciate a risalire la montagna fino a che sarete pienamente soddisfatti del panorama. Il costo per accedere direttamente al Bosque de Palmeras è di 3.000 pesos.

Chiedete con esattezza gli orari di ripartenza delle willis verso Salento e godetevela fino all’ultimo minuto!

Valle de Cocora

Colombia: guida alla visita del Parque Nacional Natural Tayrona

Colombia: guida alla visita del Parque Nacional Natural Tayrona 1710 1280 Sonia Sgarella

Buongiorno viaggiatori, dopo oltre due mesi dall’ultimo articolo in merito, siamo di nuovo in Colombia! Un paese che negli ultimi anni ha visto raddoppiare se non addirittura triplicare il numero degli arrivi per turismo, un paese che vanta una meravigliosa natura da esplorare, dalle piantagioni di caffè dell’ “Eje Cafetero” alle spiagge incontaminate della costa caraibica.

Ebbene è proprio qui che vi voglio portare questa volta, nel nord del paese, sulle spiagge selvagge del Parco Nazionale Tayrona, una zona pressoché remota ma non per questo difficile da raggiungere: basta solo sapere come organizzarsi e una volta arrivati lasciarsi trasportare dalla meraviglia del luogo per rientrare in sintonia con la natura che vi circonda.

Questo articolo vorrebbe e dovrebbe essere abbastanza esauriente da riuscire a darvi tutte le informazioni necessarie per garantirvi un arrivo e una permanenza senza stress, rispondendo a tutte le domande del caso quali come arrivare, dove alloggiare, cosa portare, cosa NON portare e cosa fare.

Situato lungo la costa caraibica, nel nord della Colombia, 34 chilometri a nord-est di Santa Marta, il Parco di Tayrona costituisce un’area protetta di 15.000 ettari di cui 12000 terrestri e 3000 marini. Trattasi di un’area ecologica il cui ecosistema in generale non è stato alterato dalla presenza dell’uomo e dove sia le specie vegetali che animali, il complesso geomorfologico e le manifestazioni storiche o culturali mantengono un valore scientifico, educativo, estetico e ricreativo a livello nazionale. Creato nel 1964, il parco nazionale, anche dichiarato dall’Unesco “Riserva della Biosfera”, protegge 27 specie di flora e fauna uniche della regione, così come 56 specie a rischio di estinzione, tra cui uccelli, rettili, anfibi e primati.

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1. Come arrivare

Da Santa Marta è possibile prendere un pullman che vi porterà direttamente all’entrata del parco. Prendete quindi un taxi che dal vostro ostello/hotel vi porti all’incrocio della Calle 11 con la Carrera 11 da dove partono i pullman diretti al Tyrona. Il costo del viaggio, che durerà all’incirca un’ora, è di 6000 pesos colombiani (COP), l’equivalente di circa 2,5 euro.

Una volta arrivati all’ingresso del Parco (Entrada “El Zaino”) dovrete comprare i biglietti, il cui costo per i turisti stranieri (aggiornato a marzo 2015) è di COP 39.500 (14 euro circa) contro i 15.000 COP pagati dai residenti colombiani. A questo punto un’altro pulmino collettivo vi potrà portare, in 10 minuti e al costo di 3.000 COP, fin dove anche le macchine possono arrivare ovvero in prossimità della spiaggia di Cañaveral, la prima che incontrerete.

Da qui tutto il resto del percorso dovrà essere effettuato a piedi o, se preferite, a dorso di cavallo. Una buona idea però sarebbe, se siete muniti di un bagaglio pesante, che carichiate questo sul cavallo mentre voi lo seguiate camminando. Il prezzo del servizio vi costerà circa 17.000 COP (7 Euro).

Il punto più lontano dove potrete arrivare e trovare ancora una sistemazione per la notte è Cabo San Juan del Guia, a due ore di cammino da Cañaveral. E’ fondamentale quindi che raggiungiate l’ingresso del parco ancora al mattino, così da avere tutto il tempo per gli spostamenti ed evitare che il sole delle ore più calde vi ricordi quanto la Colombia si trovi in prossimità dell’equatore!

Considerate inoltre che il parco chiude alle 17 e che con il calare del sole, il quale tramonta sempre attorno alle 18.30, gli spostamenti tra una località e l’altra non sono più permessi. Se doveste dunque arrivare dopo le 15, meglio sarebbe cercare una sistemazione fuori dal parco e rimandare l’ingresso al giorno dopo.

2. Dove dormire 

Se avete un sacco di soldi da spendere o siete in luna di miele, allora potreste pernottare negli Ecohabs di Cañaveral, esclusive sistemazioni ecologiche, comode, confortevoli, con vista mare e direttamente raggiungibili in macchina, il tutto, compresa la colazione, per un totale di almeno 250 euro!

Se invece non avete molta disponibilità economica e siete alla ricerca di una sistemazione un po’ più selvaggia, sappiate che all’interno del parco si trovano anche diversi campeggi dove dormire in tenda o su un’amaca.

Da Cañaveral in circa 45 minuti di cammino potete raggiungere Arrecifes che offre tutte le possibilità di sistemazione: dalle capanne di legno e tetto di paglia con bagno privato – le quali non vi costeranno certo meno di 100 euro a notte – alla semplice tenda o amaca e bagno in comune. Le tende che vengono affittate in loco, nel caso non siate muniti della vostra, hanno un costo di 20.000 COP a persona mentre le amache, tutte fornite di zanzariera e collocate sotto ad una tettoia di paglia, vengono 12.000 COP.

Tenete ben presente che ad Arrecifes non è permessa la balneazione per via delle forti correnti marine. I cartelli ricordano il numero delle vittime che qui hanno perso la vita per non aver osservato il divieto. Il consiglio è che voi, al contrario, lo facciate. Piuttosto, con soli 10 minuti di cammino,  raggiungete Playa Arenilla, una piccola baia protetta dalle onde dove invece è consentito nuotare.

Proseguendo lungo la costa, in altri 30 minuti, arriverete quindi alla località forse più popolare di tutto il parco: Cabo San Juan del Guia, tra tutte l’opzione migliore. Due bellissime spiagge separate da un promontorio roccioso in cima al quale sorge una casetta di legno. Sotto alla casetta trovano riparo una serie di amache mentre al piano superiore, vengono affittate due stanze.

Il campeggio qui trova spazio in un’ampia distesa soleggiata dove le tende vengono affittate ad un prezzo di 25.000 COP per persona ( 9 euro circa). Arrivando prima di mezzogiorno avrete la possibilità di scegliere quella che preferite, altro motivo per cui vale la pena di svegliarsi presto.

3. Dove mangiare

A Cañaveral, ad Arrecifes e a Cabo San Juan troverete dei ristoranti che offrono non certo il cibo più economico della Colombia. A meno che però non abbiate fatto scorta di scatolette di tonno da mangiare durante il vostro soggiorno o che non vogliate sopravvivere con biscotti e patatine acquistati nel chiosco poco fornito di Cabo, non avrete altra opzione che riservare una parte del vostro budget per tal proposito.

A Cabo San Juan le porzioni sono abbondanti e i prezzi variano dai 10.000 COP della colazione ai 30.000 di pranzo e cena: per esempio, un piatto di riso alle verdure con contorno di patatine fritte aveva un costo di 18.000 COP mentre il petto di pollo con patatine, riso e insalata valeva circa 24.000 COP. Per quanto riguarda le bevande, si pagano 4.000 COP per una lattina di birra, 2.500 per una bottiglietta di acqua e 4.500 per un frullato di frutta. E’ possibile pagare anche con carta di credito ma sarebbe sempre meglio assicurarsi di avere abbastanza contanti per sopravvivere in caso di guasti alla macchinetta.

Presso Playa Arenilla ci sono poi un paio di chioschetti che vendono arepas a 5.000 COP e spremuta d’arancia a 3.000. Cosa sono le arepas? Trattasi di un tipo di pane locale di forma circolare, preparato con farina di mais bianco;:una pietanza consumata inizialmente dalle popolazioni indigene e ancora oggi considerata piatto tradizionale. In questo caso specifico la pasta fine dell’arepa viene imbottita con uova e verdure varie o, se disponibile, con pollo.

4. Cosa portare

Il meno possibile! Sia che dormiate in tenda o, a maggior ragione, su un’amaca, lo spazio a disposizione sarà comunque limitato. Mettetevi in testa che passerete la maggior parte delle vostre giornate in spiaggia per cui non vi servirà altro che un costume e un telo da mare. Un paio di pantaloncini corti, qualche maglietta e una felpa per la sera saranno più sufficienti e, soprattutto, poco ingombranti. L’ideale sarebbe che riusciste a lasciare lo zaino più grande in custodia nell’ostello/hotel da cui siete partiti e che portiate con voi qualcosa di più piccolo e leggero.

Protezione solare: ricordatevi che siete pur sempre in un paradiso tropicale a pochi passi dall’equatore e dove oltre alle spiagge non vi è molto altro. Ustionarvi il primo giorno non farà altro che rovinarvi la vacanza costringendovi magari a dover uscire dal parco prima del previsto.

Repellente per zanzare.

– Disinfettante spray (per i più sofisticati): state pur certi che i materassi di gomma piuma su cui dormirete non sono stati comprati ieri e che, a parte aver preso un po’ d’aria, nessuno si è mai preoccupato di disinfettarli. Un soggiorno con i simpatici “bedbugs” non è certo ciò che di più piacevole vi aspettereste da una vacanza che richiede già abbastanza adattamento.

Lenzuola: in loco, se ancora disponibili, vi verranno forniti al massimo dei copri-materasso super sintetici su cui sarete liberi di passare notti d’inferno in bagni di sudore. Meglio portarsi quindi delle  lenzuola di cotone.

– Torcia: l’uso dell’elettricità nel parco di Tayrona è limitato solo a poche ore del giorno e che corrispondono di solito agli orari di apertura dei ristoranti. Sarete felicissimi di avere con voi una torcia quando, di notte, vi sorprenderà l’esigenza di raggiungere il bagno, dove credo vorreste arrivarci senza aver prima inciampato una decina di volte sui fili delle tende che circondano la vostra.

Batteria portatile: per la stessa ragione, non vi sarà possibile caricare telefono e macchina fotografica a tutte le ore del giorno. Le prese della corrente si trovano solo nelle aree comuni e verranno prese d’assalto da tutti i residenti che avranno il vostro stesso problema. Procurarvi un valido “battery pack” potrebbe essere una buona soluzione.

Lucchetti: ve ne potrebbero servire due, uno per la tenda e uno per l’armadietto.

Scorte alimentari: fate scorta di snack prima di partire. Se avete trovato un armadietto disponibile, fareste poi meglio a lasciarle lì perché le formiche del parco sono affamate e potrebbero invadervi la tenda.

Carta e salviettine igieniche.

Scarpe: scarpe comode o da trekking per i sentieri del parco e soprattutto se avete intenzione di raggiungere le antiche rovine di Pueblito.

Un buon libro: potete anche passare il tempo spostandovi da una spiaggia all’altra ma comunque ve ne rimarrà ancora una sacco da perdere e un buon libro potrebbe essere la vostra salvezza contro la noia.

Sigarette: se siete fumatori.

5. Cosa NON portare

Sacchetti di plastica: la regola è che i sacchetti di plastica non siano ammessi o che comunque facciano ritorno fuori dal parco. Questo è ovviamente volto a prevenire l’inquinamento del luogo.

Acqua: tutti consigliano di caricarsi d’acqua prima di entrare nel parco per via dei costi eccessivi che si incontrano all’interno. Certo che lasciare le bottiglie a scaldarsi tutto il giorno nella tenda non so quanto possa essere meglio che pagare 1 euro in più per una bottiglia di acqua fresca…

6. Cosa fare

Innanzitutto spegnete i telefoni e riponete gli orologi: seguite piuttosto il ritmo del sole e ri-las-sa-te-vi…siete in paradiso!

Cercate la vostra spiaggia: io la mia l’ho trovata ma è un posto segreto e non vi posso dire dove si trova! 😉 Se non vi piacciono le onde o siete interessati a fare snorkeling allora “La piscina” è la spiaggia che fa per voi: protetta al largo da una lunga barriera di scogli, è il posto ideale dove poter fare il bagno in sicurezza. Se invece preferite un mare più movimentato sarà “Boca del Saco” la vostra meta prediletta.

Avventuratevi fino a Pueblito: situata in cima alla montagna alle spalle di Cabo San Juan, la famosa località di “Pueblito” consiste nelle rovine di un’antica città precolombiana dove, si dice, abitassero circa 2.000 persone. La camminata è abbastanza impegnativa ma fattibile: 2,4 chilometri di distanza e 260 metri di dislivello per un totale di circa un’ora e mezza di cammino, tre ore tra andata e ritorno. Il sentiero parte alla destra dell’edificio dei bagni. Al ritorno vi consiglio l’itinerario che scende verso la spiaggia di Boca del Saco, meno ripido rispetto al primo.

Aspettate il tramonto: qui il sole finisce dietro alle montagne ma non per questo è meno bello.

Svegliatevi presto per vedere l’alba: se volete vedere il sole nascere dal mare allora dovete farlo, puntate la sveglia e salite in cima al promontorio di Cabo San Juan da dove lo spettacolo è mozzafiato!

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Ascoltate i rumori della natura e cercate di avvistare gli animali che popolano il parco: dalle scimmie urlatrici di Pueblito alle iguane che si scaldano al sole, godetevi al massimo quello per cui il parco è diventato famoso ovvero la meravigliosa natura selvaggia, popolata da un’infinità di animali tropicali.

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Tornate a Taganga in lancia: ritrovarvi su una lancia minuscola in mezzo ad onde gigantesche sarà un’esperienza terrificante ed elettrizzante al tempo stesso. Vi sentirete un po’ come dei profughi in cerca della terra promessa e letteralmente come un puntino in mezzo all’oceano! Non ascoltate chi vi dice che vi arriverà addosso giusto qualche schizzo d’acqua perché credetemi,  a Taganga, se ci arriverete, sarete inzuppati da testa a piedi! Mentre infatti i vostri bagagli saranno al sicuro all’interno di una piccola stiva, voi sarete il bersaglio preferito delle onde che continueranno a prendervi a schiaffi…un’esperienza indimenticabile! La lancia parte da Cabo San Juan intorno alle 16 ed ha un costo di 45.000 COP ( 16 euro). Partiti da Cabo arriverete a Taganga dopo circa un’ora e mezza e lì, se il cielo è limpido, verrete accolti da uno spettacolare tramonto rosa!

 

 

Nella Tana della Tigre: le meraviglie del Bhutan

Nella Tana della Tigre: le meraviglie del Bhutan 1024 724 Sonia Sgarella

“E’ senza dubbio il complesso di edifici più pittoresco che io abbia visto finora. Tutti gli elementi naturali sono stati sfruttati per disegnare un magnifico quadro: gli alberi che si arrampicano tra le rocce e il precipizio a picco, tutto è al posto giusto. Ci sembrava di essere abbastanza vicini ma ci separava una gola profonda. L’unico modo per raggiungerlo era attraverso un angusto sentiero a scalini; un passo sbagliato e saremmo precipitati per 300 metri fino al ponte di legno. E poi su per un’altra rampa di piccoli gradini intagliati nella roccia.” (John Claude White, 1905)

Bhutan - La Tana della Tigre

Oggi è come allora. Poco lassù è cambiato e , nonostante il grande incendio del 1998 che ne ha costretto la ricostruzione, il Taktshang Gompa, miracolosamente arroccato sul margine di un dirupo a 900 metri dal fondo valle, si presenta ancora oggi come il grande protagonista di una favola d’altri tempi che sembra essere antica quanto la roccia di quella grande montagna che lo nasconde. Il tempo è immobile, sospeso in un passato leggendario. Il rumore del vento e dell’acqua sono la musica di sottofondo.

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Quasi sembra di poter scorgere l’immagine di Guru Rimpoche, conosciuto anche con il nome sanscrito di Padmasambhava, volteggiare tra i dirupi a dorso della della sua mitica tigre per poi posarsi all’ingresso della grotta dove si recava a meditare. Racconta la leggenda che il Grande Maestro, qui venerato come secondo Buddha, nella forma di Dorji Drakpo (“lampo veemente”), una delle sue otto principali manifestazioni, giunse in questo luogo sul dorso di Yeshe Tsogyal, sua consorte e discepola, tramutatasi in forma di tigre per l’occasione. Qui rimase a meditare per tre mesi sottomettendo tutti gli spiriti maligni che ostacolavano la diffusione del buddhismo e benedicendoli a guardiani della dottrina. Era l’VIII secolo. Attorno alla caverna dove la tradizione ritiene che abbia meditato il guru indiano e, dopo di lui, molti altri santi tibetani tra cui anche Milarepa, nel 1692, venne iniziata la costruzione del complesso di templi, divenuto in seguito una delle principali icone culturali dello stesso Bhutan.

Bhutan - La Tana della Tigre

La “tana della tigre”, situata 10 chilometri a nord di Paro, è raggiungibile a piedi con una camminata in salita di circa 1 ora e 45 minuti che parte dal parcheggio a fondo valle (i meno allenati possono salire a cavallo). Lungo il sentiero, immerso nella foresta di pini dell’Himalaya, si aprono stupende vedute sulla valle e punti panoramici da cui si hanno viste straordinarie del monastero, un patrimonio sacro che il popolo del Bhutan ha protetto e gelosamente custodito per secoli.

Bhutan - La Tana della Tigre

Come consiglia un cartello posto lungo il percorso: “Camminate verso la gloria del Guru! Perché in questo regno vi è un sovrano la cui benevolenza non ha confronto!”.

Il Picco di Adamo: la notte di un pellegrino in Sri Lanka

Il Picco di Adamo: la notte di un pellegrino in Sri Lanka 960 960 Sonia Sgarella

Ho visto ragazzini vestiti di bianco trasportare sulle spalle il peso di sacchi pieni di offerte; ho visto genitori caricarsi del peso dei figli neonati e, noncuranti della fatica, puntare dritto alla meta; ho visto monaci in assorto silenzio procedere imperturbabili, gradino dopo gradino ma anche donne anziane sull’orlo dello sfinimento, aggrapparsi alle braccia più forti di figli e nipoti; ho visto gente di ogni età affannare, piegarsi per la fatica, addormentarsi in ogni luogo lungo il percorso ma alla fine farcela; ho capito che a volte la fede nella salvezza supera e va oltre le possibilità fisiche di una persona. Io auguro a tutta questa gente di non aver faticato invano, che lo sforzo non sia stato per niente e che le promesse di una rinascita migliore possano realmente avverarsi…glielo auguro con tutto il cuore.

Ho visto tutto questo, passo dopo passo, lungo i 5.200 gradini  che conducono alla cima del Picco di Adamo, meta di pellegrinaggio da oltre mille anni, luogo in cui ogni devoto, di qualsiasi religione, dovrebbe recarsi almeno una volta nella vita, se non nella speranza di accumulare meriti, almeno per godere dello spettacolo incantato che questa creazione della natura può regalare a chi ne raggiunga la cima, a 2.243 metri.

Picco di Adamo

La montagna, che da secoli cattura l’immaginario collettivo è conosciuta con vari nomi che riconducono a molteplici tradizioni religiose: Adam’s Peak, “il picco di Adamo”, il luogo dove, secondo mussulmani e cristiani, Adamo avrebbe messo piede sulla terra dopo essere stato cacciato dal paradiso terrestre; Sri Pada, “piede sacro”, per via dell’enorme orma che si incontra sulla sommità e che sarebbe stata lasciata, secondo i buddhisti, dal Buddha durante la sua discesa tra i comuni mortali mentre, secondo gli induisti, dal grande dio Shiva; ma il nome più poetico rimane quello propriamente singalese: Samanalakanda, “montagna delle farfalle”, il luogo in cui si dice che le farfalle si rechino a morire…

Picco di Adamo

Non si tratta della montagna più alta ma sicuramente della più sacra e di quella che più intimorisce qualunque turista o pellegrino abbia deciso di intraprenderne la scalata: una piramide quasi perfetta che svetta ai margini del villaggio di Dalhousie dove è possibile pernottare. Bancarelle e punti di ristoro costeggiano l’intero percorso ed è qui che potrete acquistare le provviste necessarie per la scalata ma fatelo quando ancora in paese perché man mano che vi avvicinerete alla cima il costo della merce sarà più alto (i facchini incaricati del trasporto vengono giustamente pagati fior di quattrini!).

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Il vostro pellegrinaggio avrà luogo di notte, in tempo per raggiungere la sommità del picco al sorgere del sole e godervi lo spettacolo. Partite quindi alle 2 (non più tardi) e seguite la folla di gente che vi condurrà fino alla sommità. Vestitevi a strati e assicuratevi di avere con voi una felpa e una giacca a vento perché, nonostante dopo la prima mezzora in salita comincerete ad avere caldo, una volta raggiunta la cima, il vento potrebbe essere gelido! La percorrenza media è di circa 3 ore.

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