Chi di voi saprebbe dirmi, ad occhi chiusi e senza pensarci troppo, dove si trova il Sikkim? Appassionati di montagna, di alpinismo e soprattutto di Himalaismo, questa è la vostra occasione per ripercorrere in pochi minuti una storia che durò degli anni; una storia fatta di dedizione, quasi devozione e di passione ai limiti della ragione; una storia affascinante – la definirono una pseudo favola d’amore – che costò però la vita – e se lo ricordano forse meglio gli inglesi – a due leggendari esploratori, George Mallory e Andrew Irvine, i precursori di quella che trent’anni dopo si sarebbe trasformata in una vera e propria guerra delle bandiere per la conquista delle vette più alte del pianeta.
Va da sé ricordare che nel gennaio del 1921, quando l’allora presidente della Royal Geographical Society di Londra, Francis Younghusband, comunicò ufficialmente che intendeva inviare una spedizione all’Everest, il versante nepalese non costituiva un’opzione accessibile. Uno degli ultimi “regni proibiti”- è così che veniva chiamata la monarchia assoluta nepalese – che non permetteva a nessuno di entrare. Restrizioni che il governo inglese – di stanza in India – aveva preso l’accordo di rispettare.
I preparativi a Kathmandu e la risalita della Valle del Khumbu sono quindi storia moderna, per non parlare ovviamente dell’aeroporto di Lukla che risale sì e no all’altro ieri. Per la cronaca, fu solo nel 1951 che il governo nepalese decise di aprire le sue frontiere al mondo esterno e, con questo, anche di rendere accessibili i versanti delle sue montagne imperiose. Da quel momento divennero disponibili all’attacco da parte di tutte quelle spedizioni che ancora sognavano di raggiungerne per prime le vette.
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E nonostante i primi tentativi, tra tutte quelle montagne inviolate rimaneva ancora lei, l’Everest, conosciuta localmente con il nome di Sagarmatha. Purtroppo per Mallory ed Irvine, seppur l’ipotesi rimanga ancora un’opzione, non è stato ad oggi possibile dimostrare che furono proprio loro, per primi, a raggiungerne la sommità, perdendo la vita in fase di discesa. Pensate, il corpo di Mallory venne ritrovato da una spedizione recatasi sull’Everest appositamente a quello scopo, soltanto nel 1999, a quota 8.200 metri. Erano passati 75 anni dalla sua morte.
Ma dunque – e qui per concludere arriviamo al punto – se il Nepal non era accessibile ai tempi delle prime puntate all’Everest (1921,1922 e 1924), da dove si passava? Dai porti delle coste indiane al Tibet la strada era ben lunga, il treno arrivava giusto ai primi baluardi delle montagne ed è proprio qui che le cronache del tempo ci raccontano di un altro antico regno chiamato Sikkim – oggi un piccolo e remoto angolo d’India – che costituiva l’unica via di accesso possibile alle terre aride dell’altopiano tibetano. Mallory lo descriveva come una giungla e ne decantava le valli fiorite, tappezzate di rododendri dai mille colori, da orchidee e da altri fiori mai visti prima.
In treno si arrivava a Darjeeling – che io continuo a sostenere essere una delle cittadine più affascinanti di tutta l’India – ed era da lì che partivano quindi le carovane di uomini e animali da soma cariche di viveri e materiali per le spedizioni. Si proseguiva quindi a piedi per Gangtok – oggi la piccola capitale del Sikkim – e da lì verso i passi orientali del Jelep La e del Nothu La, ai confini col Tibet, per quindi incominciare la lunga marcia verso le pendici di quella montagna tanto bramata. Il viaggio durava all’incirca quattro o cinque settimane, che si sommavano quindi ad un mese di traversata via mare. Facile oggi per noi sentirci esploratori vero?
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A distanza di cent’anni sarebbe un miracolo se il Sikkim non fosse cambiato. Alcuni dei sentieri ovviamente sono diventate strade, i distretti meridionali si sono alquanto urbanizzati e anche la fede, per lo più buddhista, sta subendo i contraccolpi di quel consumismo sfrenato che piano piano raggiunge anche i luoghi più remoti del pianeta.
Ma il Sikkim continua comunque ad affascinare: il 35% del paese è occupato dal Parco Nazionale del Kangchenjunga, la terza montagna più alta del mondo (8.586 m.). Immaginate quando nel 1899 Vittorio Sella ne effettuò il primo periplo, scattando delle foto emblematiche che furono documenti fondamentali per un primo – purtroppo fallito – tentativo alla vetta del 1905, a cui partecipò anche il giovane Rigo de Righi.
I rododendri e tantissime altre specie di flora continuano a sbocciare nei mesi di aprile e maggio e a trasformarne le valli – tra cui quella di Yumthang – in un tappeto colorato di fiori; i distretti nord e ovest del paese, punteggiati di laghi color cobalto, rimangono ancora meta prediletta per gli amanti del trekking mentre i monasteri perpetuano la loro attività di custodi della fede e continuano ad incantare per la pace che trasmettono. E’ inoltre curioso sapere che il Sikkim, uno tra gli stati meno indiani dell’India (l’altro è il Ladakh), è il primo ad avere adottato una politica agricola al 100% biologica.
Se dunque vi fosse venuta voglia di prendere e partire, che cosa fare oggi in Sikkim? Che cosa è rimasto da vedere e come arrivare? Ve lo racconto qui di seguito…
1. Come arrivare, permessi e spostamenti
Per viaggiare in Sikkim è necessario munirsi di un permesso speciale da allegare al visto indiano facendone richiesta presso Ambasciate, Consolati e Missioni indiane in Italia, oppure, direttamente in India presso il Sikkim Tourism Office di Delhi e Calcutta o presso il District Magistrates Office di Darjeeling e Siliguri. La procedura in India è immediata (in Italia segue i tempi di rilascio del visto) e non comporta nessun costo aggiuntivo. Il permesso ha una durata di 30 giorni. Per la richiesta è necessario presentare due foto tessera, copia del passaporto e del visto indiano.
Non essendoci ferrovie che collegano il Sikkim al resto dell’India, l’unico modo per varcarne i confini è con autobus o – opzione più pratica e consigliata – con jeep. L’aeroporto più vicino è quello di Bagdogra mentre le stazioni dei treni di riferimento sono quelli di Siliguri e New Jalpaiguri, tutte e tre le strutture situate nello stato confinante del Bengala, rispettivamente a 123, 114 e 125 km di distanza da Gangtok. Le jeep condivise le si trova presso l’SNT Bus Stand di Siliguri e la corsa per Gangtok (circa 4 ore) ha un costo di 250 Rupie. Le jeep partono quando si riempiono.
Anche all’interno dello stesso Sikkim, per visitare le zone più remote, ovvero quelle che si estendono verso i confini della nazione, nonché per tutto il comparto trekking, non solo è necessario ottenere un Protected Area Permit rilasciato dal Department of Tourism di Gangtok, ma è anche obbligatoria l’organizzazione tramite agenzia registrata. I trekking inoltre sono consentiti solo per gruppi di minimo due persone.
2. Gangtok e dintorni: cosa vedere
Gangtok, situata a circa 1.600 metri, è la capitale del piccolo stato del Sikkim e, in quanto tale, anche la cittadina attorno alla quale ruota il grosso della vita culturale e turistica del paese. Come tutte le stazioni climatiche indiane, si sviluppa su più livelli ma il fulcro delle attività commerciali e nonché la zona di passeggio preferita sia dai locali che dai turisti, è la pedonale MG Road, inconfondibile per la tinta degli edifici che la costeggiano, tutti color verdino.
Nei dintorni del centro cittadino, esattamente nel quartiere Deorali e nei pressi della discutibilmente pittoresca cabinovia, merita sicuramente una visita il Namgyal Institute of Tibetology, istituito nel 1958 e ad oggi uno dei principali centri di ricerca e studio della cultura tibetana in tutte le sue declinazioni. All’interno del museo è custodita una piccola ma interessante ed esplicativa collezione di artefatti e oggettistica rituale buddhista e lo stesso edificio costituisce inoltre un esempio ben conservato di architettura del Sikkim. Il costo del biglietto è di 20 Rupie. Aperto dalle 10 alle 16, chiuso la domenica.
Da Deorali, con una corsa in taxi condiviso di circa mezz’ora, è possibile poi raggiungere il Monastero di Rumtek (se il taxi è diretto a Ranipool fatevi lasciare lungo la National Highway al bivio per Rumtek – all’altezza del Myfair Spa Resort – e cambiate mezzo), il più grande e importate di tutto il Sikkim, appartenente alla setta dei Karma Kagyu, i cosiddetti “berretti neri” del buddhismo tibetano. Il monastero venne originariamente fondato nella seconda metà del XVIII secolo per opera del IX Karmapa (” abate”), abbandonato poi per un certo periodo e quindi rimesso in splendore nel 1959 dal XVI Karmapa qui rifugiatosi in esilio dal Tibet.
In quanto a punti panoramici, il migliore da cui godere di ottime viste sulla valle, è certamente il Ganesh Tok, un piccolo tempio dedicato alla divinità induista con la testa d’elefante, a sei chilometri dalla MG Road e sito accanto all’ingresso dell’Himalyan Zoological Park, all’interno del quale potrete ammirare il piccolo Panda Rosso, l’animale nazionale del Sikkim. Per arrivarci potete prendere un taxi al costo di un centinaio di Rupie solo andata, oppure farvi una bella camminata passando dall’Enchey Monastery.
Il mio consiglio sul dove dormire a Gangtok è il Zero to One Stay Khandroling, purchè si tratti di una stanza con vista Kangchenjunga, mentre per quanto riguarda il mangiare ottimo è il ristorante di cucina indiana Apna Dhaba (dalla MG Road, venendo dal Tourist Office, prendete il vicoletto a destra all’altezza del mezzo busto di Gandhi) e Taste of Tibet, sempre sulla strada pedonale. I bancomat SBI sono i migliori per prelevare e rilasciano al massimo 10.000 Rupie.
3. Trekking!
Metto il trekking subito dopo Gangtok e prima delle altre destinazioni per il semplice motivo che, qualora doveste optare per uno dei vari itinerari percorribili a piedi nel paese, è probabile che ne tornereste talmente appagati e stanchi, da non voler esplorare nient’altro. Parola d’ordine, di nuovo, Kangchenjunga! Nel distretto occidentale del Sikkim gli amanti dei trekking di più giorni – stiamo parlando anche di dieci – troveranno pane per i loro denti. Attenzione però, sappiate che qui non si parla assolutamente di lodge e tea houses come è invece il caso del Nepal: in Sikkim si va in tenda ed è quindi importante scegliere il momento giusto e augurarsi che il tempo regga! Le stagioni consigliate sono quella primaverile (da marzo a maggio) e quella autunnale (da settembre a novembre).
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Tra i trekking più gettonati vi è sicuramente il Goecha La Trek, che raggiunge i quasi 5.000 metri del passo Goecha La, ai piedi del Kangchenjunga o la versione un po’ più bassa dello Dzongri Trek, che raggiunge circa i 4.000; nel nord-est del paese un’altra possibilità è invece l’ancora più lungo Green Lake Trek. Un’opzione diversa, che si discosta da questi tre sia in termini di difficoltà e durata che di interesse paesaggistico è il mini trekking di due giorni al Barsey Rhododendron Sanctuary, ai confini sud occidentali dello stato, da scegliere ovviamente nella stagione delle fioriture.
4. Valle dello Yumthang: il paradiso dei fiori
Ebbene ragazzi io la valle me la sono saltata a piè pari e questo per tre motivi fondamentali: perché ero reduce da un trekking al Campo Base Everest di due settimane e di valli ne avevo viste certamente abbastanza, perché a livello di salute stavo ancora riprendendomi da vari malanni e perché a novembre è sicuro che di fioriture ne avrei viste ben poche. Detto questo, le foto scattate nei mesi di aprile e maggio dei rododendri in fiore sono a dir poco spettacolari, così come quelle scattate a giugno dei pendii verdi completamente coperti di fiori dai mille colori e dunque, se mi trovassi da quelle parti nella stagione giusta, di certo non ci penserei due volte ad organizzare una visita. La valle può essere raggiunta in jeep con un tour di 2 notti e 3 giorni, pernottando a Lachung.
5. Pelling e dintorni: cosa vedere
Il piccolo borgo di Pelling, situato nel distretto del Sikkim Occidentale con capoluogo a Gyalzing, è il punto più vicino da cui poter ammirare il Kangchenjunga, salvo l’opzione trekking di cui abbiamo parlato prima. Da Gangtok vi servirà prima salire a bordo di una jeep per Gyalzing (250 Rupie) e da lì su un taxi condiviso per Pelling (50 Rupie per 4 persone). Mettete in conto circa 3 ore.
Tra le attrattive della zona vi sono il Monastero di Pemayangtse, 2 km prima di Pelling lungo la strada principale e il Sanga Choeling Monastery, all’altro estremo del villaggio, con accanto la statua gigante di Chenrezig e la passerella trasparente con vista Kangchenjunga. Queste ultime, la pataccate del secolo, sono state inaugurate a novembre del 2018, mentre i due monasteri risalgono al XVIII secolo. Entrambi possono essere raggiunti a piedi rispettivamente in 20 e 40 minuti. Il secondo percorso, quello verso la statua gigante è quasi tutto in salita. I biglietti d’ingresso costano 50 Rupie l’uno.
Per quanto riguarda il pernottamento l’Hotel Garuda è sicuramente l’opzione migliore, situato accanto alla fermata dei taxi e con vista Kangchenjunga. I pasti li potrete consumare direttamente nella struttura anche perché il paesello non offre molto altro.