Kanchipuram: la città degli dei

Kanchipuram: la città degli dei

Kanchipuram: la città degli dei 640 453 Sonia Sgarella

Articolo in 2 minuti – Delle sette città sacre indiane dove, secondo la tradizione, sarebbe più facile ottenere la liberazione (moksha), Kanchipuram è l’unica situata nell’India del Sud ed è meta di pellegrinaggio di shivaiti e vishnuiti al tempo stesso.

 Altrimenti nota come Kanchi, Kanchipuram è stata la capitale delle più grandi dinastie dell’India meridionale, le quali fecero della città un laboratorio per lo sviluppo dell’arte e dell’architettura ma anche un centro per l’apprendimento delle maggiori filosofie religiose.

 Oggi famosa per la tessitura di pregiati saree di seta, Kanchipuram costituisce una tappa obbligata per i viaggiatori interessati a conoscere le dinamiche di evoluzione dell’arte templare dravida (“del sud”), qui facilmente catalogabili per via degli innumerevoli templi che ancora oggi sopravvivono in questa calda e caotica località del Tamil Nadu affacciata sulle rive del fiume Vegavathy.


Per approfondire – Sette erano i fiumi sacri conosciuti al tempo dei Veda, sette i cavalli celesti del dio Surya, sette le Madri Divine (saptamatrika) e ancora sette le città sacre dell’India che un devoto pellegrino dovrebbe visitare nella sua vita al fine di migliorare il proprio karman sulla via della salvazione: Benares (Varanasi) e Haridwar sul fiume Gange; Ayodhya, luogo di nascita di Rama; Mathura, culla di Krishna; Dwarka, dove Krishna regnò da adulto; Ujjain, sede ogni dodici anni del Kumbha Mela e Kanchipuram, l’unica situata nell’India del Sud e meta di pellegrinaggio di shivaiti e vishnuiti al tempo stesso.

Altrimenti nota come Kanchi, Kanchipuram è stata la capitale delle più grandi dinastie dell’India meridionale. Si successero infatti i Pallava (IV-IX secolo), i Chola (IX-XIII secolo), gli Hoysala (XIII secolo), i Pandya (XIII-XIV secolo) e i Vijayanagara (XIV-XVII secolo), i quali fecero della città un laboratorio per lo sviluppo dell’arte e dell’architettura ma anche un centro per l’apprendimento delle maggiori filosofie religiose, tra cui quelle induista, buddhista e jainista.

Oggi famosa per la tessitura di pregiati saree di seta, Kanchipuram costituisce una tappa obbligata non solo per i devoti di fede induista in visita in Tamil Nadu, ma anche per i viaggiatori interessati a conoscere le dinamiche di evoluzione dell’arte templare dravida (“del sud”), qui facilmente catalogabili. Innumerevoli sono infatti i templi che ancora oggi sopravvivono in questa calda e caotica città affacciata sulle rive del fiume Vegavathy e facilmente raggiungibile sia dalla capitale Chennai (ex Madras), che dalla poco distante Mamallapuram (vedi post), dove potrete decidere di pernottare per via della disponibilità di migliori strutture ricettive.

Ampliata e fortificata dai re Pallava nel IV secolo d.c., Kanchipuram servì da capitale del loro regno per circa cinquecento anni e fu qui che il grande Narasimhavarman II, detto Rajasimha (circa 700-728 d.c), fece costruire il suo grande capolavoro. Si tratta del tempio di Rajasimheshvara, noto anche come Kailasanatha, il tempio di “Shiva Signore del Kailash”, frutto delle grandi acquisizioni dell’arte Pallava nella sua maturità. Orientato, come vuole la norma, in direzione est-ovest, rappresenta la forma embrionale di quello che sarà lo sviluppo dei templi dell’India del Sud, sempre più ornati e articolati, con cinte di mura (prakara) e portali torreggianti (gopuram). Il programma scultoreo che ne adorna le facciate e le pareti della recinzione è ricco di dettagli tra i quali si intravedono ancora i resti dei dipinti murali, testimonianza di quanto potesse essere sfarzoso l’edificio in origine. Nonostante i discutibili lavori di restauro portati avanti dall’Archeological Survey of India, rimane comunque il miglior esempio dell’ architettura Pallava presente in città.

Leggermente più tardo del Kailasanatha è il Vaikunta Perumal Temple, edificato nel corso dell’ VIII secolo da Nandivarman II Pallava (circa 732-796 d.c.). Dedicato a Vishnu, trattasi di uno dei 108 devya desams ovvero di quei templi sacri ai devoti vishnuiti menzionati nei testi dei Santi poeti Tamil (Alvar). Risulta di particolare interesse per i bassorilievi che ne adornano i chiostri, retti da pilastri a forma di leone, predecessore degli yali, animali mitologici che più tardi orneranno vistosamente i colonnati del Sud.

Dedicato invece alla dea Kamakshi – manifestazione di Parvati, consorte di Shiva – è il Kamakshi Amman Temple. Con l’arco di canna da zucchero e fiori come frecce, la dea, l’unica che fu capace di sedurre Shiva, il grande asceta, costringendolo a sposarla, dimora indisturbata nella cella del tempio che fu fondato dai Pallava e ampliato da Chola. Nel tempio della dea Kamakshi si celebra il culto della Shakti, l’energia cosmica femminile, in un luogo ricco di atmosfera dove giovani brahmini (sacerdoti) dediti allo studio, sotto la supervisione di un maestro, ci ricordano l’importanza del tempio come luogo di apprendimento che venne scelto come dimora per i suoi ultimi anni di vita dal grande riformatore della dottrina brahmanica Shankara, vissuto alla fine dell’ VIII secolo.

Ma è sicuramente l’Ekambareshvara Mandir il tempio più importante e imponente della città, dedicato ancora una volta a Shiva. Situato a nord del centro cittadino il tempio di Ekambareshvara (“Signore dell’albero di Mango”) venne inizialmente edificato dai Pallava ma fu soltanto sotto il regno dei Vijayanagara, amanti delle arti e dell’architettura, che il luogo assunse la forma definitiva. Cinta murarie, alti gopuram (fino a 59 metri), cortili spaziosi, colonnati coperti, santuari minori e una vasca per le abluzioni, furono gli elementi introdotti dai nuovi regnanti che vollero così rappresentare la loro ricchezza e il loro potere.

Custodito all’interno del sancta sanctorum della cosiddetta “Sala delle mille colonne”, si trova l’emblema di Shiva, il Prithvi lingam (lingam di terra) in cui Shiva si manifesta come uno dei cinque elementi della natura (Pancha Bootha). Racconta la leggenda che una volta Parvati coprì per gioco gli occhi di Shiva, facendo piombare la terra nell’oscurità. Shiva per punizione le ordinò di costruire in suo onore un lingam di sabbia che avrebbe quindi dovuto venerare e custodire. Quando il fiume Vegavathy inondò la città di Kanchi, Parvati protesse quindi il lingam con il suo abbraccio salvandolo dalla distruzione. Shiva, sedotto dall’atto di devozione, la sposò. In un cortile interno si trova inoltre il sacro albero di mango da cui il tempio prende il nome e a cui le coppie in cerca di figli rivolgono le loro preghiere.

Per ultimo, ma che tuttavia non esaurisce la serie di santuari che è possibile visitare a Kanchipuram, situato in un sobborgo conosciuto con il nome di Vishnu Kanchi o Chinna (“piccola”) Kanchi, si trova il Devarajaswami o Varadaraja Perumal  Temple, dedicato di nuovo a Vishnu. Edificato dai Chola ed ampliato sotto i Vijayanagara, trattasi di uno dei Divya Desams, i 108 templi consacrati a Vishnu descritti nei testi dei santi poeti Tamil (Alvar) che costituiscono meta di pellegrinaggio per tutti i devoti di fede vaishnava. Il tempio, che presenta magnifiche sculture nella “sala delle 1000 colonne”, sembrerebbe essere stato dimora del santo poeta Ramanuja.

Custodita nelle acque della vasca sacra, l’mmagine di Vishnu originale, scolpita in legno di fico e in posizione reclinata, lunga circa 12 metri, viene riportata alla luce per essere mostrata ai fedeli solo una volta ogni quarant’anni. Inoltre, il Varadaraja Perumal Temple, è l’unico che vanta la presenza di due lucertole tra le sue icone sacre. Una d’oro e l’altra d’argento, si trovano custodite all’interno di una delle tante celle del tempio. La tradizione vuole che chiunque le tocchi venga liberato da ogni sorta di problema o malattia risultante dall’accumulo di karma negativo, sia esso consapevole o inconsapevole. Le lucertole sono infatti considerate delle creature divine capaci di trasmettere buona o cattiva sorte.

La visita dei templi può essere effettuata come escursione in giornata da Mamallapuram. Alle ore 8 dalla stazione degli autobus parte un pullman diretto a Kanchi che vi costerà 41 rupie. In alternativa prendete qualunque pullman diretto a Changalpattu e lì cambiate per Kanchipuram. Il tragitto, salvo imprevisti, durerà circa 2 ore e mezza. Ingaggiate un autista di rikshaw per condurvi nella visita dei templi tenendo ben presente che tutti i santuari di Kanchipuram, ad eccezione del Kailasanatha, osservano una chiusura dalle 12.30 alle 16.00. Cominciate quindi la visita con il Vaikunta Perumal Mandir e, seguendo un ordine cronologico, proseguite con il Kamakshi, l’Ekambareshvara, e il Devarajaswami. Terminate quindi con il Kailasanatha.

Prima di cominciare il viaggio di ritorno potete fermarvi per pranzo al ristorante dell’Hotel Sri Shakti Bhavan, attaccato alla stazione degli autobus.

 

Programma scultoreo del Kailasanatha Temple a Kanchipuram

Programma scultoreo del Kailasanatha Temple a Kanchipuram

Programma scultoreo del Kailasanatha Temple a Kanchipuram

Programma scultoreo del Kailasanatha Temple a Kanchipuram

Programma scultoreo del Kailasanatha Temple a Kanchipuram

Programma scultoreo del Kailasanatha Temple a Kanchipuram

Questo articolo è stato pubblicato su sito IndiaInOut.com in data 11/08/2014

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