“E’ senza dubbio il complesso di edifici più pittoresco che io abbia visto finora. Tutti gli elementi naturali sono stati sfruttati per disegnare un magnifico quadro: gli alberi che si arrampicano tra le rocce e il precipizio a picco, tutto è al posto giusto. Ci sembrava di essere abbastanza vicini ma ci separava una gola profonda. L’unico modo per raggiungerlo era attraverso un angusto sentiero a scalini; un passo sbagliato e saremmo precipitati per 300 metri fino al ponte di legno. E poi su per un’altra rampa di piccoli gradini intagliati nella roccia.” (John Claude White, 1905)
Oggi è come allora. Poco lassù è cambiato e , nonostante il grande incendio del 1998 che ne ha costretto la ricostruzione, il Taktshang Gompa, miracolosamente arroccato sul margine di un dirupo a 900 metri dal fondo valle, si presenta ancora oggi come il grande protagonista di una favola d’altri tempi che sembra essere antica quanto la roccia di quella grande montagna che lo nasconde. Il tempo è immobile, sospeso in un passato leggendario. Il rumore del vento e dell’acqua sono la musica di sottofondo.
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Quasi sembra di poter scorgere l’immagine di Guru Rimpoche, conosciuto anche con il nome sanscrito di Padmasambhava, volteggiare tra i dirupi a dorso della della sua mitica tigre per poi posarsi all’ingresso della grotta dove si recava a meditare. Racconta la leggenda che il Grande Maestro, qui venerato come secondo Buddha, nella forma di Dorji Drakpo (“lampo veemente”), una delle sue otto principali manifestazioni, giunse in questo luogo sul dorso di Yeshe Tsogyal, sua consorte e discepola, tramutatasi in forma di tigre per l’occasione. Qui rimase a meditare per tre mesi sottomettendo tutti gli spiriti maligni che ostacolavano la diffusione del buddhismo e benedicendoli a guardiani della dottrina. Era l’VIII secolo. Attorno alla caverna dove la tradizione ritiene che abbia meditato il guru indiano e, dopo di lui, molti altri santi tibetani tra cui anche Milarepa, nel 1692, venne iniziata la costruzione del complesso di templi, divenuto in seguito una delle principali icone culturali dello stesso Bhutan.
La “tana della tigre”, situata 10 chilometri a nord di Paro, è raggiungibile a piedi con una camminata in salita di circa 1 ora e 45 minuti che parte dal parcheggio a fondo valle (i meno allenati possono salire a cavallo). Lungo il sentiero, immerso nella foresta di pini dell’Himalaya, si aprono stupende vedute sulla valle e punti panoramici da cui si hanno viste straordinarie del monastero, un patrimonio sacro che il popolo del Bhutan ha protetto e gelosamente custodito per secoli.
Come consiglia un cartello posto lungo il percorso: “Camminate verso la gloria del Guru! Perché in questo regno vi è un sovrano la cui benevolenza non ha confronto!”.
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