Cambogia

Chong Khneas - Lago Tonlé Sap - Cambogia

Mondi sospesi e galleggianti

Mondi sospesi e galleggianti 681 454 Sonia Sgarella

Passare una settimana sulle spiagge di Ko Samui ed affermare di conoscere la Thailandia, girovagare per un paio di giorni tra i templi di Luang Prabang e ritenere di aver visto il Laos, scattare qualche foto tra i tunnel della seconda guerra mondiale di Ho Chi Min e credere di essere stati in Vietnam: se c’è un errore che spesso si commette viaggiando in Indocina, è quello di pensare che una o due località al massimo per ogni paese, ci possano raccontare tutto quello che c’è da sapere di un territorio che si estende tre volte quello dell’Italia, dal mare alle montagne, ricco di tradizioni e costumi che variano da etnia a etnia, da nazione a nazione… pensarla in questo modo è un peccato estremamente limitativo!

Firenze non è la Toscana, Roma non è il Lazio e allora la Cambogia non è Siem Reap e Siem Reap non è solo Angokor Wat. Ci sono mille motivi per fermarsi più a lungo in questo paese, luoghi da scoprire al di fuori delle rotte turistiche, luoghi rari  – se non unici – al mondo, luoghi che vi faranno emozionare, che sarete felici di aver conosciuto e a cui sarete soddisfatti di aver dedicato del tempo.

Per esempio, una breve corsa in tuk tuk è tutto quello che divide Siem Reap – la cittadina più turistica e meno cambogiana della nazione – dal lago Tonlé Sap, il più grande lago di acqua dolce del sud-est asiatico dichiarato “riserva della biosfera”  dall’ Unesco nel 1997. Non solo quindi una grande distesa d’acqua da ammirare in lontananza lungo la strada che conduce a Phnom Penh – la capitale – ma un ambiente sorprendentemente originale in cui l’uomo è riuscito ad adattarsi e a insediarsi,  dando vita a veri e propri mondi galleggianti che dalle acque di questo riescono a ricavare il proprio sostentamento.

Il Tonlé Sap – che significa “grande fiume dalle acque fresche” – è in realtà un sistema combinato di fiume e lago (aventi lo stesso nome) la cui ampiezza varia a seconda delle piogge. Durante la stagione secca (da novembre ad aprile) il lago è infatti relativamente piccolo e presenta un’estensione di circa 2500 km² e una profondità massima di circa 2 metri. Durante la stagione dei monsoni tuttavia (da maggio a ottobre), le acque possenti del Mekong – che si collega al fiume Tonlé Sap nel centro di Phnom Penh – vengono spinte all’interno verso il lago, provocando esondazioni che andranno a ricoprire la campagna e le foreste circostanti, facendone aumentare l’area fino a 15.000 km² e la profondità fino a 10 metri. Al termine della stagione delle piogge poi, il corso si invertirà di nuovo e il fiume Tonlé Sap ritornerà a fluire dal lago in direzione del Mekong, nel quale riverserà tutta l’acqua in eccesso.

La zona soggetta all’allagamento diventa così un’area perfetta per la riproduzione dei pesci, rendendo il lago Tonlé Sap una delle zone di pesca interna più ricche del mondo, che contribuisce per il 75% al totale della pesca cambogiana, fornendo cibo e proteine sufficienti a più di tre milioni di persone.

Sulle acque del lago e su quei terreni che si ritrovano sommersi per buona parte dell’anno, si sono quindi insediate intere comunità di pescatori/agricoltori che da secoli ormai vivono in armonia con l’ambiente che li circonda, profondamente legati a quell’ecosistema così particolare e ai ciclici cambiamenti che si susseguono da generazioni, pronti costantemente a seguire letteralmente il flusso degli eventi.

Scuole, negozi, chiese e abitazioni, a questi villaggi galleggianti o su palafitte non manca proprio nulla tanto che i loro abitanti difficilmente lascerebbero le acque del lago per trasferirsi sulla terra ferma.

Visitare una – o più – di queste comunità è un’esperienza assolutamente da non perdere! Vi consiglio a tal proposito di prendervi il tempo per raggiungere i villaggi più lontani da Siem Reap, più autentici e meno affollati di turisti. Non soffermatevi dunque solo a Chong Kneas e optate piuttosto per un tour più lungo verso Kompong Khleang, Kompong Phluk, Me Chrey o Prek Toal, quest’ultimo situato nei pressi di una Riserva avi-faunistica.

Chong Khneas - Lago Tonlé Sap - Cambogia

Chong Khneas – Lago Tonlé Sap – Cambogia

Chong Khneas - Lago Tonlé Sap - Cambogia

Chong Khneas – Lago Tonlé Sap – Cambogia

Kompong Khleang - Lago Tonlé Sap - Cambogia

Kompong Khleang – Lago Tonlé Sap – Cambogia

Kompong Khleang - Lago Tonlé Sap - Cambogia

Kompong Khleang – Lago Tonlé Sap – Cambogia

Kompong Khleang - Lago Tonlé Sap - Cambogia

Kompong Khleang – Lago Tonlé Sap – Cambogia

 

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Ta Prohm - Eastern Angkor

Cinque templi imperdibili tra le rovine di Angkor

Cinque templi imperdibili tra le rovine di Angkor 640 480 Sonia Sgarella

Chi, tra di voi, non ha mai sentito parlare delle rovine di Angkor?

Pensate, la prima volta che questa parola giunse al mio orecchio, mi trovavo letteralmente dall’altra parte del mondo, in Bolivia. Era forse il giorno di Natale del 2006 quando un eccentrico ragazzo belga mi presentò una versione indubbiamente avventurosa della sua esperienza passata tra quelle che lui diceva essere le rovine più suggestive e impressionanti del mondo, assolutamente imperdibili!

Decine di templi, un tempo manifestazione di immensa grandezza di quei sovrani committenti che si elevarono allo status di divinità, rovine immerse in una fitta giungla tropicale che per lunghi secoli se ne riprese possesso fino a quando, alla fine del XIX secolo,  cominciarono i lavori di conservazione e restauro del sito, portati avanti da una commissione internazionale di esperti e ricercatori, presieduta dagli ambasciatori di Francia e Giappone.

Affascinata oltremodo dai suoi racconti, non lasciai dunque passare troppo tempo, solo tre anni, prima di trovarmi finalmente anch’io a varcare i confini tra Thailandia e Cambogia, in direzione di Siem Reap, porta d’ingresso a quella che per molti costituisce oggi l’ “ottava meraviglia del mondo”, al magico e maestoso complesso dei templi di Angkor,  degnamente incluso dal 1992 nella lista dei siti Patrimonio Mondiale dell’Unesco.

Fu solo in seguito però, in conseguenza degli studi intrapresi in ambito “Indologico”, che cominciai a rimettere insieme i pezzi, foto, ricordi, miti e leggende – prima di allora certo affascinanti ma parte di un mondo a me ignoto e incomprensibile – per trovare numerosissimi punti di connessione tra quel sito, uno dei più vasti ed importanti dell’Asia e l’immenso, strano e stravolgente paese chiamato India.

Per oltre cinque secoli Angkor fu la capitale politica e religiosa di un regno, quello Khmer, che tra il IX e il XV secolo, arrivò ad estendere la sua influenza su buona parte degli odierni territori di Thailandia, Laos e Vietnam. Un impero allora, fondato da Jayavarman II (il “protettore della vittoria”), reso grande da Suryavarman II (il “protetto dal dio-sole”) e arricchito di templi da Jayavarman VII, l’ultimo dei grandi chakravartin, “re universali”, come erano soliti farsi proclamare.

Grandi nomi quindi e ancor più grandi epiteti, tutti di derivazione sanscrita, lingua ereditata da secoli di scambi commerciali e culturali intrattenuti con le più importanti dinastie dell’India del Sud, tra le quali i Pallava di Kanchipuram, i Chalukya di Badami e i Chola di Tanjavur. E’ quindi a loro che si deve la  diffusione della religione induista nel Sud Est asiatico e con essa la concezione simbolica dell’architettura religiosa. Particolare devozione venne accordata inizialmente a Shiva e a Vishnu per essere sostituita tuttavia in seguito da quella al Buddha.

Ed è quindi sicuramente Angkor Wat, la “città-tempio” più grande e più bella dell’intero complesso, costruita da Suryavarman II nella prima metà del XII secolo, quella che per nessun motivo si dovrebbe mancare di visitare, ma questo è troppo scontato. Vi presento quindi gli altri cinque siti che nella mia classifica personale, vengono subito dopo questo:

 — BAYON —

Situato all’interno di Angkor Thom (la “grande città”) – fondata da Jayavarman VII a cavallo tra il XII e il XIII secolo – il cosiddetto Bayon venne concepito come tempio di stato per la nuova capitale del regno che fu disegnata sulla falsariga di un mito cosmogonico, in modo che la costruzione materiale della città corrispondesse a un’autentica rinascita dell’impero dopo l’attacco subito dai vicini Cham.

Passando attraverso la monumentale Porta Sud, preceduta dalle non meno suggestive schiere di dei e demoni che delineano il ponte sul fossato difensivo, procedete fino al centro del quadrilatero e lì lasciatevi incantare dalla moltitudine di visi sorridenti, scolpiti sulle quattro facce delle guglie che si elevano sempre di più man mano che ci si avvicina alla massiccia torre centrale. Che siano la rappresentazione del Buddha, del Bodhisattva Avalokiteshvara o del re Jayavarman stesso, la profusione di volti pacifici regala al luogo un’atmosfera unica, carica di fascino e di mistero al tempo stesso.

Bayon - Angkor Thom

Bayon – Angkor Thom

— TA NEI —

Immerso nella fitta vegetazione, non lontano da Angkor Thom ma al di fuori dei circuiti prettamente turistici, il Ta Nei, costruito anch’esso da Jayavarman VII alla fine del XII secolo, è uno di quei luoghi che riporterà il vostro immaginario indietro nella storia. Vi sembrerà, di fronte a questo tempio lasciato cadere in rovina e per nulla frequentato, di aver scoperto un sito nuovo, abbandonato, dimenticato, ma non per questo meno affascinante. Anzi, sono proprio la solitudine e il silenzio che lo caratterizzano e lo circondano a donargli quell’atmosfera di sacralità che ancora pochi templi conservano.

Ta Nei - Eastern Angkor

Ta Nei – Eastern Angkor

Ta Nei - Eastern Angkor

Ta Nei – Eastern Angkor

Ta Nei - Eastern Angkor

Ta Nei – Eastern Angkor

— TA PROHM —

Uno dei maggiori templi di  Jayavarman VII, concepito e costruito come monastero buddhista e centro di studio, da cui il nome originale Rajavihara, il “monastero reale”. Secondo alcune iscrizioni ritrovate in loco, la divinità principale, Prajnaparamita – la “perfezione della sapienza” – fu modellata sull’immagine della madre del sovrano, come parte del programma di venerazione della famiglia reale.

Scelto dalla École française d’Extrême-Orient per essere lasciato così come era stato trovato, il Ta Prohm costituisce un ottimo esempio di come l’intero complesso dovesse apparire al tempo della sua riscoperta nel XIX secolo nonostante molti sforzi furono fatti per stabilizzare le rovine e permetterne l’accesso ai visitatori. Enormi radici di alberi, intrecciati tra le rovine, sono protagonisti nel creare quell’atmosfera pittoresca di apparente trascuratezza che rende il luogo tanto suggestivo e speciale, a tal punto da essere stato scelto come location cinematografica nel film Tomb Raider.

Ta Prohm - Eastern Angkor

Ta Prohm – Eastern Angkor

Ta Prohm - Eastern Angkor

Ta Prohm – Eastern Angkor

Ta Prohm - Eastern Angkor

Ta Prohm – Eastern Angkor

— PREAH KHAN —

Come il vicino Ta Prohm, Preah Khan – costruito anch’esso da Jayavarman VII per essere sede di un’università buddhista – è rimasto in gran parte non restaurato e tra le rovine sono cresciuti alberi ed arbusti. Una serie di gallerie rettangolari concentriche circondano un santuario buddista con una torre centrale, ma la disposizione è resa meno lineare, quasi caotica, dalla compresenza di templi induisti satelliti dello stesso periodo e da numerosi altri aggiunti in seguito.

Dedicato questa volta al padre del re, Dharanindravarman, Preah Khan non fu solo un centro religioso, ma anche amministrativo e culturale. A partire dal 1991 la manutenzione del sito è stata assunta dal World Monuments Fund, promotore di una serie di campagne di restauro. Il World Monuments Fund ha continuato a mantenere un approccio genericamente cauto, nella convinzione che un’attività di restauro su larga scala sarebbe stata inevitabilmente invasiva e frutto di supposizioni, preferendo invece rispettare l’aspetto di edificio in rovina ormai connaturato al tempio.

Preah Khan - Northeastern Angkor

Preah Khan – Northeastern Angkor

Preah Khan - Northeastern Angkor

Preah Khan – Northeastern Angkor

— BANTEAY SREI —

A poco più di 20 km a nord di Angkor si trova il piccolo ma notevole tempio di Banteay Srei, il cui nome significa “cittadella della bellezza”. A differenza degli altri siti principali di Angkor, Banteay Srei non fu un tempio reale, bensì commissionato da uno dei consiglieri di Rajendravarman, padre di Jayavarman V.

Consacrato il 22 aprile 967 al dio Shiva, il tempio colpisce il visitatore per la bellezza della decorazione – caratterizzata da minuziosi dettagli scolpiti sulle facciate di arenaria rossa – che non può essere paragonata a quella di nessun altro tempio presente ad Angkor. Queste caratteristiche lo hanno reso particolarmente popolare tra i turisti tanto da essere stato definito “una gemma preziosa” o “il gioiello dell’arte khmer”.

Banteay Srei - Dea Lakshmi bagnata dagli elefanti

Banteay Srei – Dea Lakshmi bagnata dagli elefanti

Banteay Srei - "Volto di Gloria"

Banteay Srei – “Volto di Gloria”

Banteay Srei - "Volto di Gloria"

Banteay Srei – “Volto di Gloria”

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