Deserti

Deserti di sale

Deserti di sale 1024 690 Sonia Sgarella

Chiudete gli occhi e pensate al deserto. Qual’è la prima immagine che vi viene in mente? La maggior parte degli italiani – basta fare una breve ricerca su Google – tende ad associare questa parola all’immagine dei deserti africani, alle dune di sabbia color ocra scolpite dal vento, alle oasi, ai cammelli, ai beduini. Niente di strano ovviamente: in una visione Europa-centrica, i deserti africani sono quelli a noi più vicini e quindi, proprio per questo, i primi a cui rivolgiamo il nostro pensiero.

Marocco - Dune di sabbia di Merzouga

Marocco – Dune di sabbia di Merzouga

Provate però a cambiare zona geografica e a chiedere, per esempio, ad un abitante del Gujarat, in India, di che colore è per lui il deserto e vedrete che la risposta sarà completamente diversa. “Bianco!”, vi dirà, perché bianco è il colore del sale che ricopre quell’immensa e desolata distesa di terra conosciuta con il nome di White Desert. Siamo ai confini con il Pakistan, nell’estremità occidentale del paese, là dove, durante la stagione secca, le acque di un’immensa palude salata evaporano per il calore, lasciando emergere in superficie i sedimenti salini che altrimenti rimarrebbero sommersi. Il Great Rann of Kutch – così lo chiamano localmente – è un luogo leggendario in cui finalmente sono riuscita a mettere piede quest’anno! Devo ammetterlo, pensavo che raggiungerlo sarebbe stata un’impresa molto più ardua e invece, sarà per l’abitudine ai mezzi e alle distanze indiane, arrivarci mi è sembrato un gioco da ragazzi. Punto di partenza per la visita al White Desert è la piccola città di Bhuj, molto carina, piacevole e per nulla “avamposto” come invece uno si aspetterebbe guardando alla sua posizione sulla mappa dell’India.

Dalla stazione degli autobus di Bhuj, in concomitanza con la durata del Rann Utsav (di cui vi parlerò tra poco), ogni giorno alle 9.30 (indian time!) parte un bus governativo alla volta del White Desert. Dite che siete diretti a Dhordo e vi indicheranno dove andare. Il bus, trasformato per l’occasione in pullman turistico è a tutti gli effetti un servizio organizzato apposta per portare e riportare in città il gruppo vacanze che nel frattempo si è formato a bordo: l’atmosfera è quella di una vera e propria gita in cui il controllore, oltre a vendere i biglietti, assume il ruolo di tour leader, dando gli orari e i luoghi di incontro. La distanza tra Bhuj e il deserto è di 82 km e il costo del biglietto di 81 rupie (162 a/r). A circa metà strada tutti i passeggeri dovranno scendere dal pullman, mostrare i documenti alle “autorità” e acquistare il permesso di entrata (100 rupie). Trattandosi di zone di confine è obbligatorio essere in possesso di tali permessi per cui ricordatevi di portare con voi il passaporto!

L’ambiente si fa sempre più arido, gli arbusti sempre più bassi ed ecco che improvvisamente appare! Che cosa, il deserto? No! Ecco la pataccata indiana, il mega allestimento per il Rann Utsav che si tiene ogni anno da novembre a febbraio. Una fiera dell’artigianato, ecco di cosa si tratta. Tendoni, bancarelle, prodotti d’artigianato provenienti dai villaggi della regione, cibo, bevande, il tutto in grande stile. Cavolo ero venuta nel deserto in India e mi ritrovo invece a Rho-Fiera! Ebbene si, questa è l’India, quella che ti sconvolge, quella dove è meglio arrivare sempre privi di aspettative, pronti a prendersi quel che c’è! Al festival ci torneremo nel pomeriggio dove ci verrà data un’ora di tempo libero.

Runn of Kutch - India

Proseguiamo quindi fino al White Desert che finalmente incomincia a vedersi in lontananza ed è l’attrazione di punta: carretti trainati da cammelli che portano avanti e indietro chi proprio non ha voglia di farsi a piedi quei circa 2 km che dal parcheggio permettono di raggiungere la distesa di sale. Non se ne vede la fine, lo spettacolo del Rann of Kutch che si estende a perdita d’occhio verso il Pakistan è meraviglioso. Allontanatevi dalla folla camminando sul sale e riuscirete a sentirne il silenzio. Godetevi la bellezza di questo angolo remoto dell’India: il conduttore/tour leader vi ha dato due ore! 🙂

Runn of Kutch - India

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Ora, già che ci sono e visto che il bianco li accomuna, vi accennerò ad altri due meravigliosi deserti che trovate in Sud America, uno in Bolivia e l’altro in Brasile: mi riferisco al Salar de Uyuni e al Parque Nacional dos Lençóis Maranhenses.

Salar de Uyuni

Era dicembre 2006 quando, all’età di 22 anni, mi ritrovai, quasi per caso, ad attraversare la più grande distesa di sale del pianeta. Incredibile è per me costatare come, nonostante il tempo passato, il ricordo di questi luoghi rimanga ancora vivido nella mia memoria. Non avevo gli occhiali da sole e mi ricordo benissimo di quanto la luce riflessa sul bianco del sale fosse accecante, era quasi impossibile tenere gli occhi aperti e se ci ripenso mi viene ancora da chiuderli. Una distesa bianca e infinita, l’orizzonte che si perde insieme all’orientamento, un paesaggio surreale figlio di migliaia di anni di sedimentazione. Circondata da montagne che da lontano appaiono come un miraggio, la pianura salata più vasta del mondo che si estende ad un’altezza di 3.653 metri, faceva parte, insieme al Salar de Copaisa, di quel sistema di laghi che oltre 10.000 anni fa ricoprivano tutta la regione. Non essendoci sbocco verso il mare, l’acqua proveniente dalle montagne si riversava infatti in questo immenso bacino il quale, prosciugandosi, lasciò sul fondo grandissimi depositi di sale.

Salar de Uyuni - Bolivia

Per attraversare il Salar de Uyuni è necessario unirsi ad un tour in 4×4, in partenza da Uyuni stessa oppure da Tupiza – più comoda se siete in arrivo dall’Argentina. I tour di solito hanno una durata di 3 giorni e 2 notti e possono essere organizzati direttamente in loco (anche la mattina stessa prima della partenza dei tour prevista di solito attorno alle 10.30) in una delle decine di agenzie che offrono quasi tutte lo stesso pacchetto. Suppongo che i costi dal 2006 ad oggi siano cambiati ma se allora pagammo 55 US$ a testa per tutto il tour (in una jeep da 6), credo che adesso il prezzo corretto si debba aggirare intorno ai 70/80 US$ al massimo.

Salar de Uyuni - Bolivia

Le tappe fondamentali nonché quelle seguite da tutte le jeep, sono le seguenti: Cimitero dei Treni, Hotel di Sale, Isola Incahuasi con i suoi cactus giganti, San Juan Bautista, Laguna Colorada, Gyser de Sol da Mañana, Laguna Verde e Arbol de Piedra. Con tutto questo arriverete a toccare gli oltre 5000 metri e a pernottare a oltre 4000. Ciò che è logico ma che spesso non viene reso esplicito in fase di prenotazione (soprattutto se fatta di fretta la mattina stessa) è che a 4.000 metri di notte la temperatura può scendere fino a -20° e che negli hostal non c’è riscaldamento. Detto questo è quindi fondamentale portarsi vestiti leggeri per il giorno – quando si possono raggiungere anche i 20° – ma molto caldi per la notte e se avete con voi un sacco a pelo portate anche quello (comunque gli hostal sono forniti di coperte pesanti). A questo aggiungete però anche il costume che vi servirà per fare il bagno nelle sorgenti di acqua termale a 40°. Fate conto di non lavarvi per tre giorni (se non in questa occasione) e quindi munitevi di salviettine igieniche. Occhiali da sole, una torcia per la sera (dopo le 21 rimarrete senza corrente), batterie di scorta per la macchina fotografica (che non avrete modo di caricare) e medicinali vari (soprattutto prodotti per liberare il naso qualora aveste difficoltà a respirare) è tutto ciò che vi sarà sicuramente utile.

Salar de Uyuni - Bolivia

Vi sono due scuole di pensiero su quale sia il periodo migliore per recarsi al Salar de Uyuni: una dice che sia molto meglio durante la stagione delle piogge (novembre-marzo) quando, ricopertosi di un sottile strato di acqua si trasforma in uno specchio tale da non riuscire più a distinguere la terra dal cielo; in questo caso però dovete mettere in conto di non poter svolgere il tour completo in quanto il terreno diventa impraticabile per le jeep che non si addentrano più di tanto. La seconda scuola di pensiero preferisce invece la stagione secca (agosto-ottobre) quando, pur mancando lo spettacolo dello specchio d’acqua, è possibile percorrerne la superficie. I mesi che vanno da aprile a luglio vengono considerati da evitare per via delle temperature troppo basse. Io vi dico, ci sono stata alla fine di dicembre che dovrebbe essere piena stagione delle piogge, eppure ho trovato l’ambiente completamente secco, non incontrando quindi problemi a svolgere il tour completo. Il consiglio? Fate come si farebbe in India: partite senza aspettative e prendete quel che c’è…sarà comunque un’esperienza indimenticabile!

Parco Nazionale dos Lençóis Maranhenses

Passiamo ora al Brasile: era lo stesso anno della Bolivia, il 2006, quando, ancora all’inizio di un viaggio che sarebbe durato più di tre mesi, mi ritrovai a calpestare la sabbia fine di dune bianchissime, quelle del Parco Nazionale dos Lençóis Maranhenses, un paesaggio che mai avrei pensato potesse esistere. Ero alle prime armi come viaggiatrice, avevo appena cominciato a scoprire le meraviglie di questo mondo ed ecco che subito mi ritrovo davanti agli occhi qualcosa di spettacolare.

Parque Nacional dos Lençóis Maranhenses, Brasile

“Le lenzuola del Maranhão”, lo stato a nord-ovest del Brasile con capoluogo a São Luís, sono onde di sabbia che si distendono a perdita d’occhio creando un ambiente quasi surreale, costellato da pozze di acqua cristallina che si formano durante la stagione delle piogge. Ebbene si, nonostante in tanti lo chiamino deserto, tecnicamente la definizione non è corretta in quanto la pioggia qui cade eccome, superando i 1200 mm l’anno. L’acqua costituisce l’elemento fondamentale per la formazione di un tale ambiente: due fiumi vicini, il Parnaíba e il Preguiças, trasportano infatti la sabbia dall’interno del continente fino all’Oceano, dove le correnti la sospingono verso ovest. Gran parte dei sedimenti si deposita lungo i 70 chilometri di costa del parco dove, durante la stagione secca, un implacabile vento nordorientale spinge la sabbia verso l’interno, fino a 48 chilometri di distanza.

Parque Nacional dos Lençóis Maranhenses, Brasile

Tra gennaio e giugno le piogge riempiono le valli tra le dune di acqua, formano delle lagune da sogno in cui nuotano banchi di pesci argentati arrivati fin lì nel periodo più piovoso, quando le lagune si collegano ai fiumi che attraversano il parco. Nelle stesse lagune potrete fare il bagno anche voi. Per raggiungere il parco dovrete recarvi a Barreirinhas (260 km ad ovest di São Luís), una piccola e piacevole cittadina dove non sarà difficile trovare una sistemazione per la notte e dove, tramite qualsiasi agenzia del posto potrete organizzare la visita alle dune, effettuata esclusivamente in 4×4.

Avete visto che meraviglia? E voi, conoscete altri deserti bianchi da aggiungere alla lista?

La Tatacoa, piccolo deserto colombiano

La Tatacoa, piccolo deserto colombiano 2560 1920 Sonia Sgarella

In quale paese, nel giro di 250 chilometri, si può passare dalla selva più rigogliosa al deserto più arido? In Colombia si può, ve lo assicuro!

Famosa per l’immensa biodiversità che la caratterizza, la Colombia è quel tipo di paese la cui natura sarà certamente capace di stupirvi, permettendovi di viaggiare, anche nell’arco della stessa giornata, attraverso una miriade di ecosistemi diversi, tra i più vari, dal deserto alla giungla, dagli altopiani all’oceano.

Il sud del paese, quello forse meno visitato dal turismo internazionale, potrà darvi un’ottima idea complessiva di quello di cui vi sto parlando, essendo una delle regioni più varie e spettacolari della nazione. Una terra di contrasti, solcata da strette vallate e da fiumi impetuosi e ricoperta da una natura sorprendentemente fertile, proprio qui dove mai vi aspettereste di incappare in un deserto!

Laberintos del Cusco Los Hoyos

Incastonato tra i rilievi della Cordigliera Occidentale e di quella Centrale, il Deserto di Tatacoa appare all’improvviso, a metà strada tra San Augustin e Bogotà, presa da Neiva la deviazione per Villavieja e, da qui, per la località di El Cusco.

Un paesaggio consumato, scavato e scolpito, il luogo ideale dove godere di panorami mozzafiato durante il giorno e lasciarsi ammaliare dalle stelle di notte. Esteso su un’area di 56.576 ettari e ad un’altitudine compresa tra i 386 e i 900 metri sopra il livello del mare, il Deserto di Tatacoa sarebbe in verità una zona di foresta secca tropicale semi-arida, un luogo dove dunque – a differenza di quanto il nome faccia pensare – prolifera la vita, in forma di cactus fruttiferi, ragni, scorpioni, lucertole e oltre 70 specie di uccelli.

La Tatacoa

Il fatto che lo si chiami deserto risulta quindi erroneo ma non a caso: il nome rende infatti perfettamente l’idea delle temperature che lo caratterizzano e della diffusa siccità che vede cadere solo 1078 mm. di pioggia all’anno. Le alture che lo circondano ne sarebbero la causa, in modo particolare il Nevado de Huila (5750 metri), il quale intercettando gran parte delle precipitazioni, non permette che queste raggiungano la piana di Tatacoa.

Ventanas

Terra rossa e terra grigia: così si divide la sua superficie desolata e scavata dalle rare precipitazioni, un paesaggio sorprendente dove perdersi col pensiero ma sempre meglio se accompagnati da qualcuno che ne conosca i sentieri.

Nel deserto si può, anzi, si dovrebbe dormire e questo è possibile grazie alla presenza di diversi Estaderos che offrono dalle sistemazioni più comode a quelle più spartane ovvero, dalla camera privata con bagno all’amaca appesa sotto un porticato.

A tal proposito mi permetto di consigliarvi l’ “Estadero Doña Lilia”, non tanto perché offra qualcosa in più degli altri, quanto più per la posizione vicinissima all’Osservatorio Astronomico. Le stanze con bagno privato vi costeranno 25.000 pesos (circa 8 euro) mentre l’amaca solo 10.000. Valutate la soluzione migliore in base alla temperatura esterna perché sappiate che le stanze, nonostante più comode, non sono dotate di ventilatore e, in caso di caldo torrido, si trasformeranno in un piccolo forno. Nei periodi di massima calura troverete quindi certamente più saggio optare per una più scomoda ma ventilata amaca!

Per raggiungere la Tatacoa, arrivati alla stazione degli autobus di Neiva (Neiva York per i simpatici abitanti :-)), posizionatevi nella zona di partenza dei minibus per Villavieja e sperate che insieme a voi ci siano altre 4 persone altrimenti, armatevi di pazienza e aspettate che queste arrivino: per nessuna ragione infatti, i simpatici autisti partiranno con meno di 5 passeggeri a bordo. Non preoccupatevi comunque, non appena lasciato il Terminal de Tansporte che impone questa regola bizzarra, in men che non si dica, vi ritroverete stipati come gli animali, chiedendovi se anche per voi arriverà il momento in cui vi piazzeranno un bambino in braccio o, perché no, una torta di compleanno che l’autista è gentilmente passato a prendere in consegna (quest’ultimo ovviamente il mio caso! :-)).

Arrivati a Villavieja dopo circa un’ora e mezza (dipende da quante commissioni l’autista si è preposto di fare in città), nella piazza principale troverete delle moto con conducente pronte a portarvi fino a El Cusco, a 5 chilometri di distanza e per il costo di 10.000 pesos. Se siete muniti di zaino pesante e, per ovvie ragioni di equilibrio (la strada, in gran parte sterrata, è tutta curve, salite e discese), volete però evitare di ritrovarvi abbracciati allo sconosciuto conducente, avete a questo punto altre due possibilità: prendere un mitico moto-chiva (la versione colombiana del tuk-tuk indiano) oppure, se questo non fosse presente, potete chiedere al conduttore del minibus di portarvi lui stesso e molto probabilmente lo farà per 15.000 pesos.

La Tatacoa

Per il ritorno organizzate il trasporto direttamente con il vostro Estadero e fate in modo di arrivare a Villavieja il più presto possibile (intorno alle 6-6.30 sarebbe l’ideale), ovvero quando gli abitanti si dirigono a Neiva per motivi di lavoro, altrimenti potreste rischiare di dover aspettare ore per quei famosi 5 passeggeri senza i quali, neanche da qui, i simpatici autisti partiranno!

Che cosa fare nel deserto? Dunque, arriviamo al punto. Avete varie opzioni per partire all’esplorazione e questo dipende molto dal vostro fisico, dal tempo che avete a disposizione, da quanti siete e dal grado di propensione all’avventura. Bicicletta, cavallo, moto o motocarro: questi sono, in linea di massima, i mezzi di trasporto con cui percorrere i circa 20 chilometri che da El Cusco vi porteranno fino a Los Hoyos e ritorno.

Sul quanti siete, questo potrebbe ovviamente far variare il prezzo del vostro tour ma ricordatevi che stiamo pur sempre parlando di costi irrisori. Per darvi un’idea io, non avendo molto tempo a disposizione ed essendo da sola, ho optato per la moto con conducente/guida e per un tour di quasi 3 ore ho pagato 40.000 pesos (circa 13 euro). Se non foste da soli potreste anche pensare di farvela in bicicletta ma tenete ben presente questi tre elementi: strade sterrate, sole cocente e possibili aghi di cactus sparsi sul suolo 🙂

Appena sotto il punto panoramico di fronte all’Osservatorio Astronomico si trovano gli spettacolari Laberintos del Cusco costituiti da meravigliose formazioni rocciose dalle forme rossastre che all’ora del tramonto vi regaleranno tinte ancora più accese e scorci mozzafiato. Qui potete anche perdervi da soli se volete: il sentiero tra le rocce è sufficientemente tracciato, le possibilità di perdere l’orientamento sono dunque ridotte al minimo e comunque, trattandosi del luogo più frequentato, in caso di bisogno mettetevi a urlare…qualcuno vi sentirà! 🙂

Laberintos del Cusco Laberintos del Cusco Laberintos del Cusco

Spostandovi da El Cusco in direzione di Los Hoyos, dopo circa 4 chilometri di strada, raggiungerete il punto panoramico di Ventanas (“finestre”), da dove godere di fantastiche vedute sul deserto grigio con, in lontananza, i rilievi della Cordigliera Occidental.

Ventanas

A Los Hoyos scendete dal vostro mezzo di trasporto e addentratevi a piedi sul fondo della spoglia valle che vi trovate di fronte. Vi sembrerà di essere entrati nel set di un film di Indiana Jones tra quelle spettacolari formazioni rocciose che vi incanteranno a tal punto da non volervene più andare! E se volete intrattenervi ancora un po’ in questa zona allora portatevi un costume da bagno: a Los Hoyos esiste infatti una piscina di acqua naturale sorgiva nella quale potete bagnarvi mentre continuate a godere del panorama.

Los Hoyos Los Hoyos Los Hoyos

Poi arriva la sera, mangiate qualcosa verso le 18.30 e siate pronti per le 19.00 quando sulla terrazza dell’Osservatorio Astronomico il Sig. Javier Fernando Rua Restrepo, l’astronomo locale, incomincia a mostrare il cielo stellato a tutti i visitatori per mezzo di due telescopi e un laser a lunga distanza. (Il costo per due ore con l’astronomo è di 10.000 pesos). L’ideale sarebbe capitare da queste parte in una notte di luna nuova, ovvero quando l’assenza della luna permette di ammirare la volta celeste al massimo del suo splendore, ma qualunque altro giorno può essere quello giusto per imparare qualcosa di nuovo sull’universo che ci circonda!

Tramonto sul Deserto Luna

N.B. la disponibilità di corrente nel deserto per caricare le vostre apparecchiature elettroniche è limitata solo ad alcune ore del giorno: nel caso dell’Estradero che vi ho consigliato, per esempio, dalle 18 alle 21. Assicuratevi quindi prima di partire di avere tutto ben carico oppure di essere muniti di una batteria ricaricabile extra.

USA: guida alla visita del Death Valley National Park

USA: guida alla visita del Death Valley National Park 2560 1920 Sonia Sgarella

Perfettamente incastonata tra quelle due catene montuose – il Panamint Range e l’ Amargosa Range – che raramente permettono alle nuvole cariche d’acqua di raggiungerla né tanto meno al calore di abbandonarla, e situata in prossimità di una faglia geologica che ne ha causato e che ancora ne causa lo sprofondamento sotto il livello del mare, la “Valle della Morte” è certamente uno tra i luoghi più caldi e asciutti della Terra nonché il punto più basso degli Stati Uniti.

“Valle della Morte”, un nome che evoca presentimenti negativi, desolazione, assenza di vita. Eppure qui la situazione pare essere completamente diversa: è risaputo infatti che proprio in questa valle e sui pendii delle montagne che la delimitano vivano oltre 900 specie di piante, adattatesi in vari modi alle condizioni ambientali più o meno aride nonché una miriade di animali selvatici di diverso tipo – prevalentemente notturni quelli che vivono nel deserto mentre gli animali più grandi dimorano nelle zone più elevate, dove il clima è più fresco e c’è più umidità.

Dalle distese salate sotto il livello del mare e dalle dune del deserto si passa quindi ai picchi più elevati, frequentemente coperti di neve, e sui cui pendii si incontrano boschi di ginepro, mogano e diverse varietà di pino: un mondo di grandi estremi dunque, dove a seconda della stagione il deserto si può far giardino, un mondo fatto di contrasti,  un parco sorprendente e variegato, nonché un museo geologico in continua evoluzione, completamente opposto a quello che il suo nome potrebbe far intendere.

L’appellativo “Death Valley” sembrerebbe derivare piuttosto da una frase pronunciata da un pioniere nel periodo della corsa all’oro il quale, riuscendo a sopravvivere alla traversata della valle stessa ringraziò dio per essere riuscito ad uscire da quella valle della morte!

Con questo articolo vi vorrei dare quante più informazioni possibili sul quando andare, come arrivare, dove alloggiare, cosa fare ma soprattutto come organizzare la visita tenendo bene a mente le regole e gli accorgimenti che in determinate situazioni vi potrebbero evitare grossi problemi. E’ fondamentale tenere a mente che la Death Valley è un territorio selvaggio di oltre 13.000 km2 dove, ahimè e ahi voi, potrebbe succedere di tutto, specialmente nei mesi più caldi dell’anno quando le temperature superano facilmente i 40°. In un territorio così vasto, qualunque sia la natura del vostro problema, i soccorsi non impiegheranno certo due minuti per raggiungervi.

Quando andare

Il Parco Nazionale può essere visitato durante tutto l’anno ma, a seconda della stagione, le condizioni si fanno più o meno favorevoli alla visita, soprattutto per quel che riguarda le escursioni a piedi. Mentre nei mesi invernali (da ottobre ad aprile) le temperature medie sono infatti ancora piacevoli o addirittura fredde, in estate si raggiungono temperature facilmente comprese tra i 40 e i 50 gradi che non solo potrebbero mettere a dura prova la vostra sopportazione fisica ma anche compromettere le funzionalità del vostro mezzo di trasporto. Un periodo particolare in cui visitare la Death Valley potrebbe essere quello primaverile quando, se le precipitazioni invernali sono state favorevoli, i fiori nativi trasformano il deserto in un immenso giardino.

Temperature medie Death Valley

Come arrivare

La Valle della Morte si trova esattamente a ridosso del confine tra California e Nevada, situata ad una distanza di circa 200 chilometri da Las Vegas, di circa 550 da Los Angeles e di quasi 850 da San Francisco. Non esattamente dietro l’angolo quindi ma proprio per la sua collocazione geografica, la Death Valley, costituisce uno dei maggiori crocevia sia per coloro che da Los Angeles si spostano a Las Vegas (e viceversa), sia per coloro che da San Francisco, via Yosemite, Kings Canyon e Sequoia National Park, cercano di raggiungere Las Vegas o Los Angeles.

Per/da Los Angeles

I modi per raggiungere la Death Valley da Los Angeles sono due:

– dalla I-15, via Baker, costeggiando quindi il confine superiore della Riserva Nazionale del  Mojave: a Baker imboccate la strada 127 fino a Shoshone e da lì svoltate a sinistra sulla 178, per fare così ingresso nel parco dalla sua estremità meridionale. Superato il Salsberry Pass a 1010 metri di altezza e il Jubilee Pass a 390, vi ritroverete quindi a guidare lungo il fondovalle, transitando per i luoghi simbolo del parco quali Badwater, Devil’s Golf Course e Artist Drive; in alternativa, è possibile proseguire oltre Shoshone, raggiungere Death Valley Junction e da lì svoltare a sinistra sulla 190, passare per Zabriskie Point e raggiungere Furnace Creek dopo 45 chilometri. Il viaggio da Los Angeles a Shoshone richiederà circa 4 ore (375 km).

– dalla 178, via Ridgecrest e Trona, proseguendo lungo la Panamint Valley Road fino al bivio per Panamint Springs. Da lì imboccare la 190, superate il Towne Pass a 1511 metri di altezza e proseguite in direzione di Stovepipe Wells. Se siete diretti a Las Vegas, onde evitare di ripercorrere la stessa strada due volte, direi che questa seconda opzione rappresenti la soluzione migliore: potrete infatti proseguire l’esplorazione della Death Valley fino a Shoshone, passando per tutti i punti di interesse turistico e da lì ricollegarvi con la I-15. Da Los Angeles a Panamint Springs la distanza è di 372 km, percorribili in circa 4 ore di viaggio.

Per/da Las Vegas

Per chi arriva da Las Vegas, l’accesso diretto sarà ad est del parco, dalla US95. All’altezza di Lathrop Wells scendete in direzione di Death Valley Junction e da lì prendete la 190 fino al Visitors Center di Furnace Creek; in alternativa proseguite lungo la US95 fino a Beatty da dove potrete imboccare la 374 in direzione di Stovepipe Wells. La distanza tra Las Vegas e Death Valley Junction è di 180 km mentre quella da Las Vegas a Beatty di 189.

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Per/dallo Yosemite National Park

Per chi proviene dallo Yosemite NP, la strada più immediata è quella che, superato il Tioga Pass, prosegue fino a Lone Pine (I-395). Da lì prendete la 136 in direzione di Panamint Springs. La distanza tra i due parchi è di circa 480 km.

Per/dal Sequoia National Park

Nonostante i due parchi siano pressoché vicini in linea d’aria la distanza da percorrere su strada supera decisamente tutte quelle elencate finora. Il percorso prevede infatti il passaggio per Bakersfield, Mojave e Ridgecrest, per un totale di oltre 500 km. Da Ridgecrest il percorso è lo stesso che da/per Los Angeles.

Ingresso al Parco

A differenza di altri parchi dove l’ingresso è ben segnalato e sbarrato, al Death Valley National Park si accede liberamente da ogni direzione. E’ richiesto che il biglietto d’entrata venga pagato all’interno di uno dei centri visitatori a Stovepipe Wells, a Furnace Creek o a Scotty’s Castle, oppure presso i distributori automatici situati in diversi punti del parco.  Il costo per una persona munita di veicolo a quattro ruote è di 20 dollari e vi permetterà di accedere o permanere nel parco per ben sette giorni. Qualora foste in moto, bicicletta o a piedi (il che lo vedo un po’ improbabile) il costo è ridotto a 10$.

Dove alloggiare

All’interno del parco vi sono solo quattro esercizi che provvedono a fornire vitto e alloggio ai visitatori: Furnace Creek Ranch, Furnace Creek Inn, Stovepipe Wells e Panamint Springs Resort. Trattandosi di imprese private e delle uniche all’interno del parco ovviamente i prezzi non saranno tra i più economici, partendo dai 70$ e a salire a seconda del pacchetto, della stagione e del resort. Se interessati fate riferimento ai seguenti siti internet per controllare disponibilità e tariffe:

Furnace Creek Resorthttp://www.furnacecreekresort.com/lodging/

  N.B. Furnace Creek Inn chiuso da metà maggio a metà ottobre

Stovepipe Wells Resorthttp://www.deathvalleyhotels.com/our-hotel/

Panamint Springs Resort: http://www.panamintsprings.com/accommodations/lodging/

All’interno del parco vi sono inoltre una decina di campeggi , non certamente da intendere come i nostri, curati e dotati di ogni servizio, bensì molto più spartani e in alcuni casi fino a prevedere solamente uno spiazzo deserto al sole. Alcuni di questi sono collegati agli stessi resort mentre altri sono gestiti direttamente dall’ente del Parco Nazionale. I prezzi per notte variano da 0 a 32 dollari a seconda dei servizi offerti ma tenete conto che almeno la metà di questi chiude durante il periodo estivo per via delle temperature elevate che comunque non vi permetterebbero di dormire la notte.

Campeggio Death Valley

Fuori dal parco sono invece molte di più le possibilità di alloggio e, a seconda di dove siete diretti o da dove arrivate, vi converrà una località piuttosto che un’altra. Lo stesso centro visitatori vi potrà fornire un elenco di strutture ricettive esterne al parco con relativo numero di telefono ma, non essendoci buona ricezione telefonica in zona e visto il probabile tardo orario di arrivo, vi converrebbe aver prenotato qualcosa ancor prima di essere entrati. Ridgecrest, Baker, Pahrump, Beatty, Lone Pine, Bishop sono i maggiori centri dove trovare alloggio ma anche a Trona, Shoshone, Death Valley Junction potrete incontrare qualcosa: una breve ricerca su internet non potrà che schiarirvi le idee su strutture e prezzi.

Guidare nel Parco

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Finché rimarrete sulle strade asfaltate di problemi dovreste incontrare ben pochi sempre che il vostro veicolo sia in buone condizioni ed abbia il serbatoio del carburante pieno. A tal proposito, da qualunque direzione decidiate di accedere al parco, non dimenticatevi di fermarvi dal benzinaio prima di entrare! All’interno del parco potrete rifornirvi solo presso i principali resort e state pur certi che vi spenneranno!

Soprattutto nel caso in cui stiate viaggiando in estate, quando le temperature raggiungono facilmente i 40° controllate che vi sia abbastanza acqua nel radiatore e, qualora dovesse mancare, fermatevi a riempirlo. In diversi punti del parco si trovano serbatoi dell’acqua non potabile ma utile a questo scopo. Spegnete inoltre l’aria condizionata per affrontare salite ripide, onde evitare che il motore si surriscaldi.

Doveste invece decidere di inoltrarvi su strade non asfaltate sarebbe meglio, prima di farlo, assicurarsi di essere almeno in grado di cambiare una ruota e soprattutto che nel baule vi siano sia la ruota di scorta che gli strumenti per cambiarla! Accertatevi inoltre, in fase di noleggio, che sia prevista una copertura per eventuali danni avvenuti su strade non asfaltate.

Ad ogni modo, sia che prevediate di rimanere all’interno del parco per poche ore sia per più giorni, portate con voi abbondanti scorte d’acqua e cibo a sufficienza per sfamarvi in caso di guasto al vostro veicolo. In estate consigliano di bere fino a 4/5 litri di acqua al giorno.

Cosa vedere

 – Badwater Basin: il punto più basso del Nord America. Un luogo surreale costituito da una vasta pianura salata che si può parzialmente coprire di acqua a seconda delle piogge e quindi della stagione. Nonostante la Valle della Morte sia infatti uno dei luoghi più aridi al mondo, può capitare che la zona sia colpita da forti acquazzoni i quali possono causare inondazioni problematiche per gli spostamenti.

Badwater Basin

Badwater Basin

Devil’s Golf Course: a nord di Badwater una breve strada sterrata conduce al “campo da golf del diavolo”, un terreno selvaggio ricoperto di blocchi di sale dentellati.

Artist’s Drive: un percorso di circa 11 km e a senso unico che si snoda tra coloratissime formazioni di roccia vulcanica e sedimentaria e per questo chiamato il “percorso degli artisti”. Particolarmente pittoresco è il punto noto come Artist’s Palette, la “tavolozza dell’artista”.

Artist's Drive

Artist's Drive

Golden Canyon: da percorrere a piedi, trattasi di un percorso a senso unico che si snoda per 1,6 chilometri attraverso un canyon di rocce colorate. Il punto d’accesso è situato circa 3 km a sud di Furnace Creek sulla Badwater Road. Da evitare durante le ore più calde del giorno e nei mesi estivi.

Zabriskie Point: punto panoramico da cui ammirare uno spettacolare paesaggio composto dai sedimenti di un antico lago prosciugatosi cinque milioni di anni fa ancor prima della formazione della Death Valley nella sua forma attuale la quale avrebbe da 3 a 5 milioni di anni. Il nome Zabriskie deriva da Christian Brevoort Zabriskie, che nei primi anni del XX secolo fu vicepresidente della Pacific Coast Borax Company, famosa per l’estrazione e il trasporto di borace dalle miniere della Death Valley tramite i twenty mule teams, pariglie composte da diciotto muli e due cavalli.

Zabriskie Point

Zabriskie Point

Dante’s View: a quanto pare (io non ci sono arrivata per motivi di tempo) il miglior punto panoramico da cui ammirare la zona di Badwater Basin. Situato ad un’altezza di 1669 metri dista da Furnace Creek una quarantina di chilometri.

Sand Dunes: situate nei pressi di Stovepipe Wells offrono possibilità per brevi e lunghe passeggiate.

Sand Dunes

I percorsi poi sarebbero molti altri ma per questi ci vorrebbe un veicolo 4×4 di cui ovviamente non tutti sono muniti. Una cosa importante da cui iniziare sarebbe comunque dare un’occhiata a una mappa (vedi) del parco e quindi decidere come muoversi considerando sempre la lunghezza delle giornate che varia molto da estate a inverno. Quando sono andata io per esempio, nel mese di novembre, il sole calava alle 17.00 riducendo di molto la durata delle giornate.

Per qualunque informazione comunque fate riferimento al sito ufficiale del parco dove, tra le altre cose, troverete informazioni aggiornate e dettagliate sulle condizioni climatiche nonché sulle fasi lunari. Qualora decideste di dormire all’interno del parco infatti, se il cielo sarà limpido e, ancor meglio, sarà luna nuova, potreste ritrovarvi di fronte ad uno degli spettacoli più belli della vostra vita, ovvero ad un cielo stellato che, come pubblicizzato, “comincia dai vostri piedi!”.

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