Il Gange nasce dalla catena montuosa più alta del mondo, l’Himalaya, dove molte vette superano i 6000 metri di altezza e sono perennemente coperte di neve e di ghiaccio. Gli oltre 15000 ghiacciai fanno di questi monti il serbatoio d’acqua dolce più vasto del mondo dopo i Poli. Il ghiacciaio Gangotri è uno dei più grandi che si estende per oltre 30 kilometri riempiendo di ghiaccio solido un’intera valle. Il fronte del ghiacciaio è chiamato Gaumukh, “la bocca della vacca”, perchè l’acqua che scorre sotto l’ampia lingua glaciale, è di un bianco lattiginoso. Per gli induisti questa è la sorgente del Gange, luogo dove solo i pellegrini più coraggiosi e robusti vengono a pregare Dio. Si dice che chi beva l’acqua del Gange a Gaumukh possa vivere cent’anni. Ma il Gange in realtà sgorga oltre il ghiacciaio a quasi 4500 metri di quota, dove solo pochi animali riescono a sopravvivere. Tra questi il Bharal, preda prediletta del Leopardo delle Nevi.
Secondo la mitologia induista in origine Ganga, la Dea del fiume, scorreva in cielo. Il pio re Bhagiratha aveva bisogno dell’acqua per purificare le ceneri dei suoi antenati che erano stati arsi dalla furia del saggio Kapila. Brahma acconsentì che la Dea Ganga scendesse sulla terra ma avvertì anche che la sua forza torrenziale avrebbe potuto spazzare via il mondo. Bhagiratha implorò allora l’aiuto di Shiva, il quale pose i suoi capelli arruffati lungo il percorso del fiume celeste. La massa di riccioli rallentò la forza distruttiva di Ganga e suddivise il flusso immenso in un migliaio di corsi d’acqua più piccoli. Il giovane Gange che scorre dal ghiacciaio Gangotri viene chiamato Bhagirathi in onore del re che portò la Dea del fiume sulla terra.
Cinquanta kilometri più a valle il turbolento Bhagirathi incontra il calmo e fangoso Alaknanda. Prima di fondersi i due corsi d’acqua scorrono l’uno accanto all’altro per 200 metri e solo allora il fiume prende il nome di Gange. Le acque impietose si calmano quando il fiume raggiunge le pianure gangetiche liberando i sedimenti trasportati dai ghiacciai. Il Gange deposita ogni anno 1,6 milioni di tonnellate di sedimenti, il quadruplo del Rio delle Amazzoni dando così vita a una delle terre più fertili del mondo. Il bacino del fiume si estende per un milione di kilometri quadrati nell’India nord-orientale, dove la maggior parte delle pianure alluvionali è stata destinata all’agricoltura. Ma fra i tributari più estremi del fiume , in una regione nota come Terai, sono rimasti dei lembi di praterie selvagge. Qui dimora uno degli animali più grandi del mondo: il Rinoceronte Indiano, i cui maschi posso arrivare a pesare anche 3 tonnellate. Nel bacino del fiume vivono quasi 500 milioni di persone, uno dei luoghi più densamente popolati del mondo. Qui l’acqua del Gange, per natura fangosa, è resa ancora più melmosa dagli scarichi dell’agricoltura e dell’industria, eppure nelle sue acque ci vivono, o meglio, sopravvivono diversi animali. Uno di essi si lascia vedere così di rado da essere diventato quasi mitico: il Delfino di fiume del Gange, i cui occhi hanno perso quasi totalmente la vista a causa della scarsa visibilità in acqua. Ma lo schivo delfino non è l’unica strana creatura del fiume; insieme a lui vive ancora uno dei coccodrilli più grandi del mondo: Il Gaviale del Gange ,i cui maschi possono raggiungere i 6 metri di lunghezza senza però rappresentare una minaccia per l’uomo. Piuttosto, è l’uomo stesso la minaccia di questo animale preistorico che oggi conta solo circa 200 esemplari che con fatica sopravvivono alle pressioni della razza umana sul suo habitat. Ma, nonostante queste contraddizioni, la venerazione, la protezione e l’alimentazione degli animali sono la chiave della fede induista. Dar da mangiare ai gabbiani, per esempio, è un rito che alcune persone ripetono quotidianamente in quanto considerato un dovere da induista che le aiuterà ad ottenere un’esistenza migliore nella prossima vita. La reincarnazione è il credo fondamentale dell’induismo e non c’è posto in cui questo sia più evidente di Varanasi. Varanasi sorge sulle rive del Gange ed è considerata il luogo più sacro dell’India. E’ una delle città più antiche del mondo, dove la gente si reca per immergersi nel fiume da più di 3000 anni perchè si crede che l’acqua, qui in particolare, lavi i peccati e purifichi l’anima. Ogni induista sogna di recarsi sul Gange ma per molti di coloro che giungono a Varanasi si tratta dell’ultimo viaggio. Varanasi è infatti la città della morte. Secondo l’induismo ogni anima è imprigionata in un perpetuo ciclo di vita, morte e rinascita, noto come Samsara. La morte è solo un anello della catena. L’aroma del legno di sandalo, dell’incenso e del ghee, il burro chiarificato, qui riempe l’aria. Le pire funebri ardono continuamente. Varanasi è considerata la porta che unisce cielo e terra; si crede che morire ed essere cremati qui liberi l’anima dalla sofferenza delle vite ripetute e le consenta di raggiungere immediatamente il Moksha, la liberazione. In media hanno luogo ogni giorno 250 cremazioni e le ceneri di migliaia di morti vengono gettate ogni anno nel Gange. I pellegrini si lavano mentre pregano e inquinano mentre si purificano. Il Gange è infatti uno dei fiumi più inquinati del mondo eppure il potere della sua acqua di alimentare la vita è noto da centinaia di anni. Oggi, malgrado l’immenso numero di persone che si radunano a fare il bagno proprio dove le acque di scolo si riversano nel fiume, non sono state registrate epidemie di malattie gravi come il colera o il tifo. Gli induisti insistono sul fatto che il Gange abbia il potere di purificare e forse questa credenza ha qualche fondamento. Il Gange fornisce migliaia di miliardi di litri d’acqua all’agricoltura e all’industria e porta via i rifiuti di milioni di persone ma nonostante questo gli induisti ne bevono ogni giorno l’acqua e sostengono che, ben lungi dal farli ammalare, garantisca loro la salute fisica e mentale. I ricercatori hanno studiato questo paradosso e sembrerebbe che il Gange contenga un disinfettante naturale in grado di uccidere i germi patogeni che causano le malattie. E’ stata identificata la presenza di batteriofagi, organismi microscopici che si nutrono di batteri. Quando trovano cibo, i batteriofagi si moltiplicano ad una velocità incredibile: in meno di mezz’ora, cento batteriofagi possono diventare 100.000. Più gente entra in acqua quindi, più cibo è disponibile per i batteriofagi del Gange che in un’invisibile frenesia alimentare eliminano i batteri prima che possano diffondere le malattie. Inoltre le analisi dimostrano che il Gange contenga una quantità insolitamente alta di ossigeno dissolto che aiuta a decomporre i rifiuti umani e animali riversati nel fiume. Il Gange lo fa 25 volte più velocemente di qualsiasi altro fiume e potrebbe essere per questo motivo che gli animali riescono a sopravvivere. Qui i rifiuti organici vengono decomposti in sostanze nutrienti che sono utili e non dannose all’ambiente.
Proseguendo lungo il suo corso, al confine tra India e Bangladesh, il Gange forma quindi il delta più grande della terra. Creato dalla confluenza del Gange, del Brahmaputra e del Meghna, questo super-delta è un labirinto di canali e insenature al cui interno si trovano le paludi e le foreste di mangrovie più estese del mondo: le Sundarbans. Qui, mentre i fiumi riversano nel Golfo del Bengala fanghi e sedimenti, le maree dell’oceano sommergono ogni giorno le foreste con l’acqua salata dando origine a uno degli habitat naturali più ostili del pianeta. Di nuovo, nonostante le difficili condizioni ambientali, diverse speci di animali riescono a sopravvivere in questi luoghi e, tra questi, la famosa Tigre del Bengala. Le Sundarbans sono uno degli ambienti più selvaggi del pianeta, eppure, l’Isola di Sagar, a pochi kilometri di distanza diventa la sede di uno dei raduni di persone più grandi del mondo: nel punto in cui il Gange, alla fine del suo corso, raggiunge il mare e si riversa nel Golfo del Bengala, in occasione del Festival di Makar Sankranti, a metà gennaio, i pellegrini qui si radunano per ringraziare il Gange di tutto quello che regala all’uomo. E’ un grande addio a un fiume che ha avuto un ruolo fondamentale nella vita delle persone e della natura dell’India.
(Fonte: Documentario “Gange-il fiume della vita”)