Superare i 4.000 metri con fatica ma entusiasmo, un passo dietro l’altro e raggiungere le pareti di quei picchi himalayani che il giorno prima non sapevi neanche che forma avessero; realizzare che quelle di fronte ai tuoi occhi sono tra le montagne più alte del mondo e che tu lì, davanti a loro, ci sei arrivato con le tue gambe, con i tuoi piedi e con i tuoi polmoni: che emozione ragazzi!
Vista sull’Himalaya dal Kyaning Ri
Un trekking nella Valle del Langtang era il mio proposito ancora prima di partire, per camminare lungo sentieri che fossero meno gettonati dei più famosi Annapurna ed Everest Base Camp Treks; arrivare ai confini con il leggendario Tibet e già che c’ero contribuire anche in minima parte alla ripresa di un territorio gravemente danneggiato dal terremoto del 2015. Sapevo che non sarebbe stato facile e non solo a livello fisico. Di fatto attraversare una valle devastata dal terremoto è stato il boccone più grosso da digerire: calpestare la frana che ha coperto e cancellato le vite degli abitanti di un villaggio intero non lo si fa a cuor leggero, è qualcosa di surreale, ci si muove in silenzio per rispetto verso quella strana quiete che aleggia nell’aria. Pensi e ripensi a tutti quei corpi che non sono mai stati recuperati – turisti compresi – e che ancora giacciono sotto il peso di quelle pietre maledette che gli hanno tolto il respiro in un secondo. Una volta c’erano campi coltivati e pascoli verdi, c’era una scuola, c’era l’insediamento più grande di tutta la valle. Oggi continui a guardarti intorno, a girarti indietro e ti sforzi di dirigere il pensiero a prima del terremoto, ai momenti di vita serena che quelle persone devono certamente aver vissuto. E’ difficile smettere di concentrarsi sul cosa dev’essere stato quell’attimo di devasto in cui tutto è finito, travolto da un’ enorme frana di ghiaccio e detriti che non ha dato a nessuno il tempo di reagire, di nascondersi, di trarsi in salvo.
Alcuni danni provocati dal terremoto del 2015
Un trekking nella Valle nel Langtang vuol dire scontrarsi con la natura in tutti i suoi aspetti, quelli buoni, fatti di viste mozzafiato e di aria pura ma anche con quelli cattivi e catastrofici, per rendersi conto che contro di essa non si può far nulla. Un trekking nel Langtang oggi vuol dire dare la possibilità ad una valle e ai suoi abitanti di tornare a sperare perché quei luoghi non rimangano solo il simbolo di una tragedia. Arriva da loro il primo appello a spargere la voce che la valle è aperta e che adesso più di prima c’è bisogno di turismo. L’Everest e l’Annapurna possono aspettare viaggiatori: andate in Langtang e state pur certi che tornerete a casa con il cuore pieno di emozioni!
Io e la mia guida Radha
Il tempo minimo necessario per poter svolgere questo trekking è di sette giorni, di cui due di trasferimento e cinque di cammino. Il percorso di cui vi parlo in questo articolo prevede andata e ritorno seguendo lo stesso itinerario ma è possibile estenderne la durata deviando dalla Valle del Langtang verso i laghi di Gosaikund e la regione dell’Helambu, facendo così rientro a Kathmandu per altri versanti.
Giorno 1: da Kathmandu a Syabrubesi
Se avete organizzato il trekking tramite un’agenzia è probabile – o diciamo dovrebbe essere scontato – che si siano presi loro in carico la questione trasporto da/per Kathmandu e che, nel migliore dei casi, abbiate a disposizione un mezzo privato. Se invece avete deciso di intraprendere il percorso “fai da te”, o più semplicemente ciò che vi spetta da contratto è un mezzo in condivisione, allora tanto per darvi un’idea, le possibilità sono due: pullman o jeep. Per quanto riguarda l’opzione pullman esistono sia un servizio più economico di bus pubblico – dove ci entra letteralmente di tutto – sia un servizio più caro di cosiddetto “Super Deluxe Express”, dove vige la regola “una persona un posto a sedere” – o almeno dovrebbe. Il secondo modo – più veloce ma non sempre più comodo – per arrivare a destinazione sono invece le jeep pubbliche, su cui vengono letteralmente stipate fino a 10 persone. Si tratta nella maggior parte dei casi delle diffusissime Tata Sumo, in partenza come i pullman dalla “stazione” di Machha Pokhari.
Il tragitto è di circa 120 chilometri ma la percorrenza di almeno sette ore. Il fatto che ci si impieghi così tanto vi fa ben intendere le condizioni della strada che, nel seconda parte, si snoda non asfaltata sui versanti di ripidissime montagne, a tratti slavate da frane e smottamenti. Se avete già viaggiato sulle strade himalayane comunque la cosa non dovrebbe né stupirvi né impressionarvi più di tanto.
Lungo il percorso, circa un chilometro prima di raggiungere la cittadina di Dhunche, qualunque mezzo di trasporto è tenuto a fermarsi presso l’ufficio e posto di controllo del Langtang National Park per permettere ai passeggeri stranieri di mostrare/pagare l’ingresso all’area naturale. A novembre del 2016 il costo del permesso ammontava a 3.390 rupie (34$).
Syabrubesi, tappa finale del viaggio e punto di inizio del trek situato di lì a un’ora, non è altro che un tratto di strada lungo il quale si trovano allineati una fila consistente di negozi e guest house. Non perdetevi il pane fresco sfornato ogni giorno nel negozietto di fronte al Sunrise Hotel!
Giorno 2: da Syabrubesi a Rimche
Ebbene eccoci alle prese con il primo giorno di cammino che oltre ad essere il più lungo – considerate 8 ore totali di cui 6 di trekking effettivo – prevede anche l’ascesa più impegnativa, passando dai 1.460 metri di Syabrubesi ai 2.450 di Rimche. Partite presto dall’hotel (massimo alle 7.30) e continuate per cinque minuti in direzione nord fino ad arrivare ad un bivio. A questo punto scegliete la strada di destra che scende verso il fondovalle e quindi, superato il check post, attraversate il ponte sospeso sul Bhote Kosi per raggiungere Old Syabru, l’antica Syabrubesi. Attraversato il villaggio continuate lungo la stessa sponda del fiume per altri 20-30 minuti fino a che, superati un paio di lodge, troverete il ponte per attraversare questa volta il Langtang Khola. Questa prima parte del trekking si svolge in un ambiente relativamente pianeggiante per cui godetevela fin che dura, cercando di scovare qualche esemplare di fauna locale tra la vegetazione.
A circa un’ora e mezza da Syabrubesi, il ponte sospeso successivo è quello che conduce a Domen (1.670 m.), un piccolo agglomerato di lodge posti vicino ad una piacevole cascata. Potete decidere di fermarvi qui per una prima “pausa caffè” oppure, come ho fatto io, affrontare la prima vera salita del trekking e continuare per altri 45 miunti fino a Pairo (1.800 m.).
Tea House a Pairo
La pausa pranzo per questa prima giornata vi conviene farla a Bamboo (1.900 m.), accanto al fiume, non essendoci altre grandi possibilità per mangiare da lì in poi. Considerate un’altra ora di cammino.
Bamboo
Continuate in salita per altre due ore e coprite così i rimanenti 500 metri di dislivello che vi mancano per raggiungere Rimche (2.450 m.). Partire presto da Syabrubesi e quindi arrivare a Rimche di buon ora in questo caso è fondamentale per accaparrarsi una delle sole nove stanze che hanno a disposizione nell’Hotel Ganesh View, tra le più gettonate della valle – dovesse essere una giornata di sole capirete esattamente il perché. A questo punto vi siete meritati una doccia e qui, grazie ai pannelli solari ve la possono offrire bollente. Approfittatene!
Hotel Ganesh View a Rimche
Giorno 3: da Rimche a Langtang
Anche la giornata di oggi prevede un dislivello di circa 1.000 metri ma per qualche strano motivo ci si impiega meno del giorno precedente per raggiungere quello che rimane e quello che di nuovo hanno costruito nei pressi della frana di Langtang. Considerate un totale di 7 ore di cui 5 camminando.
Lama Hotel (2.480 m.), che rappresenta uno degli insediamenti più grandi della valle, si trova a soli 30 minuti di cammino da Rimche e potrebbe costituire l’alternativa più ovvia per passare la notte nel caso in cui al Ganesh View Hotel o al vicinissimo Tibet Lodge non doveste trovare posto. Essendo situato in una posizione più ombrosa tenete però conto che nella maggior parte delle tea house non offrono acqua calda.
Con un’altra ora e mezza di cammino in salita, attraverso una foresta di querce, aceri e rododendri, raggiungerete forse una delle sistemazioni più bucoliche di tutta la valle, il Riverside Lodge. Peccato che si trovi in una posizione dove probabilmente anche al ritorno arriverete troppo presto per poterci passare la notte. Potete comunque fermarvi per un drink.
Riverside
Continuate a risalire il corso del fiume, godetevi le prime viste incredibili che si aprono dalla foresta sulle montagne più alte, passate da Ghoda Tabela (2.992 m.) e da lì, attraverso i pascoli di yak e un’ultima breve salita raggiungete Thyangsyap (3.200 m.) per il pranzo. Un consiglio spassionato: non perdetevi il veg curry with rice della Summit Guest House perché non ne troverete un altro così buono!
Ormai siete soltanto a poco più di un’ora da Langtang, la valle in questo tratto si fa molto più ampia e dà spazio a delle vedute magnifiche sulle vette himalayane. Il percorso è rilassante ma dovrete prepararvi perché di lì a poco, superato il villaggio di Ghumba, vi si aprirà davanti agli occhi l’entità del devasto.
Ghumba
Di tutto quello che una guida precedente all’aprile 2015 possa avervi raccontato non troverete praticamente più nulla: non c’è più il torrente, non ci sono più i mulini ad acqua e neanche le ruote della preghiera, non ci sono più le decine di lodge che ospitavano i turisti, la panetteria cooperativa che vendeva pane e torte di mele appena sfornate, la sede centrale del Langtang National Park. Non c’è più nulla di tutto questo ma solo una frana immensa che è lì davanti ai vostri occhi e che dovrete attraversare per poter raggiungere le poche tea house che sono state ricostruite a nuovo nei pressi del vecchio villaggio ormai sepolto. Ciò che è sopravvissuto al terremoto si può dire, è la vista incredibile e quasi inquietante del Langtang II, dal cui ghiacciaio si è staccata la frana, a 6.581 metri di quota.
La frana che ha coperto e cancellato il villaggio di Langtang
Langtang II e la parete di roccia da cui è scivolata la frana
Arrivati al villaggio la prima cosa ad accogliervi sarà purtroppo un memoriale alle vittime circondato da decine di bandiere della preghiera; proseguendo detriti e macerie – il risultato dei crolli – e qualche guest house ricostruita da zero. L’Hotel Lhasa offre camere luminose e molto accoglienti. Il bagno comune, anch’esso con acqua bollente, si trova all’interno, così come la sala da pranzo con una efficacissima stufa a legna.
Giorno 4: da Langtang a Kyanjin Gompa
Sarà letteralmente la giornata più bella di tutto il trekking sia perché la percorrenza è di solo 2/3 ore, sia perché sarà proprio oggi che vi troverete faccia a faccia con il picco più alto del Langtang e il suo ghiacciaio. Non solo: all’elemento naturale – che di per se rende questo trekking davvero incredibile – si aggiunge la questione spirituale. Bandierine, ruote, muri della preghiera e chorten vi accompagneranno lungo tutto il percorso facendovi sentire decisamente più che immersi nella dimensione buddhista.
L’ “Om mani padme hum”, il mantra per eccellenza, è scritto dappertutto, in nero o colorato, compreso sulla facciata del monastero (gompa) di Kyanjin che purtroppo è andato anch’esso distrutto durante il terremoto. Ciò nonostante le persone del luogo continuano a pregarci attorno, segno che qui la devozione riesce a resistere anche alla peggior catastrofe.
Una volta pranzato sarà quindi il turno del Kyanjin Ri, il miglior punto panoramico della zona. Dall’alto dei suoi 4.600 metri questa “piccola collina” (secondo gli standard himalayani ovviamente) vi regalerà uno spettacolo incredibile: di fronte a voi il Langtang Lirung (7.234 m.), la montagna più alta di tutta la valle e l’impressionante lingua del suo ghiacciaio; dall’altra parte, guardando verso il Tibet, il Langshisha Ri (6.370 m.), il Dorje Lakpa (6.966 m.) e il Gang Chhenpo (6388 m.). Salite con calma prendendovi tutto il tempo che vi serve per acclimatarvi – in media ci si impiega un’ora e mezza – e portate con voi qualcosa per coprirvi naso e bocca. In caso di vento potrebbe infatti smuoversi mlta polvere.
La Nurling Kyanjin Guest House affitta le stanze con bagno (water all’occidentale e acqua calda) alla modica cifra di 300 rupie. L’edificio in sé non è molto pittoresco ma essendo tra i più alti di Kyanjin – se non addirittura il più alto – dal suo ristorante situato all’ultimo piano offre di certo le viste più belle di tutta la valle.
Vista dal ristorante della Nurling Kyangjin Guest House
Giorni 5-6-7: rientro a Kathmandu
Seppur il mio suggerimento sia quello di passare almeno due notti a Kyanjin Gompa per esplorare ulteriormente la valle – Langshisha Kharka, Tsergo Ri, Valle del Lirung e Laghi di Tsona sono gli itinerari possibili – se proprio non avete tempo a disposizione potete ora incominciare il vostro rientro a Syabrubesi e da lì a Kathmandu. Partendo al mattino da Kyanjin Gompa non dovreste avere problemi ad arrivare fino a Lama Hotel. Il percorso è quasi tutto in discesa per cui aspettatevi di arrivarci abbastanza doloranti. Non preoccupatevi…il giorno seguente sarà anche peggio! 🙂 Se in questi giorni vi siete sentiti affaticati comunque pensate a quei poveri cristi dei porter che vanno continuamente avanti e indietro con carichi che arrivano fino a 60 chili!
Per quanto riguarda il pernottamento vi suggerirei qualunque guest house che sia situata nella parte alta del paese così da poter ricevere più a lungo i raggi del sole nel caso ci fosse. Se è vostra intenzione farvi una doccia assicuratevi inoltre che abbia l’acqua calda. I pasti ovviamente li potrete consumare ovunque vi venga comodo lungo il percorso, a seconda della vostra velocità. Una volta rientrati a Syabrubesi, nel caso in cui stiate viaggiando in maniera indipendente, informatevi subito per l’acquisto dei biglietti del pullman o per l’organizzazione del servizio jeep.
Per maggiori informazioni su Kathmandu e dintorni (dove pernottare, cosa fare e dove mangiare) vi consiglio di leggere l’articolo What to do (cosa fare) a Kathmandu e dintorni.
Ciao! Grazie per il tuo coinvolgente racconto. Che tu sappia, vale la pena organizzare un trekking nella valle del LangTang nelle prime settimane di settembre o la stagione dei monsoni imperversa ancora da quelle parti? Dacci un tuo consiglio spassionato!