Che il Gujarat fosse una terra ricca di tesori da scoprire certo lo immaginavo ma d’altra parte così è tutta l’India; che fosse invece una terra estremamente varia, per topografia e per cultura, davvero non me lo aspettavo e l’ho costatato soltanto ora, strada facendo. Eppure riflettendoci un pochino il fatto dovrebbe essere abbastanza chiaro in partenza, basti guardare alla sua posizione geografica, all’estremità più occidentale del paese, riscaldato a nord dai deserti di Pakistan e Rajasthan e rinfrescato a sud dalle brezze marine del Mare Arabico, rotte da cui sono giunti i popoli che ne hanno, chi prima e chi dopo, influenzato e arricchito la cultura, per ragioni di commercio o con scopi politici.
Forse alcuni di voi avranno sentito parlare del Gujarat come la terra del Mahatma Gandhi – egli nacque infatti a Porbandar e lavorò per molti anni ad Ahmedabad, luogo dove diede vita al movimento di protesta non violenta e da dove partì per intraprendere la celeberrima “marcia del sale” – ma il Gujarat è anche e soprattutto la patria di migliaia di hindu, jainisti, musulmani e cristiani nonché di popolazioni tribali e gruppi nomadi, insomma di un ricchissimo assortimento di culture e di credo religiosi che lo rendono uno degli stati più variegati dell’India, un incredibile mosaico di meraviglie naturali, monumentali e umane.
La storia del Gujarat ebbe inizio non meno di 4000 anni fa quando quel popolo di origine caucasica conosciuto con il nome di Civilità della Valle dell’Indo, si stabilì nell’odierna penisola del Saurashtra. Ad essi, che furono abili commercianti ben conosciuti fino in Occidente ma la cui attività non durò a lungo, si successero le dinastie più potenti della storia dell’India, i Maurya, guidati dal potente imperatore buddhista Ashoka, e i Gupta, nonché dinastie minori, quali i Satavahana e i Chalukya, in un alternarsi di fedi religiose.
Popoli stranieri, provenienti da diverse zone del subcontinente ebbero quindi sempre la meglio sulle famiglie locali imponendo il loro comando. Tutto questo fino a che, attorno al 950 d.c. e per oltre 300 anni, la dinastia Solanki, nativa della zona, riuscì a consolidare il proprio potere facendo di Anhilawada – l’odiern Patan – la capitale del suo regno, rendendola ai tempi una delle città più grandi dell’India, con una popolazione di circa 100.000 abitanti. Fu questo dunque il periodo d’oro del Gujarat che vide la fioritura di importanti città, di magnifici centri del culto e di un’architettura peculiare del territorio, associata alle figure dei più grandi regnanti di questa dinastia.
Oggi Patan risulta tutt’altro che una grande città se comparata con le moderne megalopoli della penisola e poche sono le vestigia che ci ricordano di quel passato glorioso. Tuttavia, è proprio qui che, ai margini del centro abitato, sopravvive ancora un gioiello prezioso della loro arte. Si tratta del Rani Ki Vav, il pozzo a gradini più antico più bello del Gujarat!
Una sorta di solenne tempio capovolto, a sette livelli, sostenuto da colonne scolpite e meravigliosamente decorato con un programma scultoreo ispirato più che altro alla figura di Vishnu e alle sue manifestazioni terrene (avatar). Lo spettacolo che si presenterà davanti ai vostri occhi vi lascerà letteralmente a bocca aperta! Commissionato attorno al 1060 d.c. dalla regina Udayamati, il Rani Ki Vava (letteralmente il “pozzo della regina”) venne probabilmente da lei edificato in memoria del defunto marito Bhimdev I, figlio di Mularaja che fu il patriarca fondatore della dinastia.
Patan è facilmente raggiungibile da Mehsana – dove molto probabilmente starete alloggiando. Recatevi alla stazione degli autobus e salite sul primo pullman in partenza. In circa un’ora e mezza di viaggio ci sarete. Meglio sarebbe calcolare i tempi per riuscire ad entrare nel sito archeologico intorno alle 12 quando il sole più alto illumina perfettamente tutte le pareti del pozzo.
Sempre da Mehsana, dalla fermata dell’autobus che si trova all’inizio di Modhera Road, sarà poi ancora più immediato raggiungere l’altro capolavoro dell’arte Solanki, il meglio conosciuto con il nome di Sun Temple. Progettato in modo che il sole, in corrispondenza degli equinozi, colpisse direttamente con la sua luce l’immagine sacra contenuta all’interno del sancta sanctorum, il Tempio del Sole di Modhera è un esempio emblematico di maestria artistica, ornato da intricate sculture che illustrano episodi dei più grandi poemi epici, nonché immagini di divinità, demoni e manifestazioni del dio Surya mese per mese.
Davanti al tempio si trova il Surya Kund, uno straordinario pozzo a gradini intervallati da 108 sacelli sacri, alcuni dei quali conservano ancora al loro interno le immagini delle divinità a cui sono dedicati.
Il complesso templare, commissionato nel 1026 d.c. dal re Bhimdev I e consacrato al Dio Sole – da cui, secondo il mito, discenderebbe la dinastia Solanki – risulta quindi composto da tre elementi: la vasca sacra (Surya Kund), il Sabha Mandapa e il Guda Mandapa. Mentre il Sabha Mandapa è aperto su tutti i lati e sorretto da 52 colonne come le settimane che compongono l’anno solare, il Guda Mandapa o Sancta Sanctorum, si apre solo ad oriente come è il caso di tutti i templi indiani. La struttura si innalza partendo da una base che ha forma di fiore di loto rovesciato: simbolo solare, il fiore di loto si apre e si chiude infatti seguendo il ritmo del sole e mostrandosi in tutta la sua bellezza e purezza dall’alba al tramonto.
Vi è poi un’altro luogo poco visitato dai turisti (forse perchè non menzionato nella Lonely Planet) ma che assolutamente vale la pena raggiungere: Taranga Hill, una delle tante colline sacre del Gujarat sulla cui cima svetta il tempio dedicato ad Ajinath, il secondo maestro della fede jainista. Entrambe le sette jainiste, Shvetambara e Digambara, trovano in questo luogo una meta di pellegrinaggio con santuari che fanno riferimento all’una o all’altra corrente di pensiero. Il tempio fu commissionato nel 1121 dal re Solanki Kumarpal il quale divenne devoto della fede jainista dietro gli insegnamenti del saggio Hemachandra considerato tanto un prodigio dai suoi contemporanei da riservagli l’appellativo di “onnisciente del Kali Yuga”.
Per raggiungere Taranga Hill da Mehsana dovrete recarvi di nuovo al City Bus Stand e chiedere l’orario di partenza dell’unico autobus diretto. Qualora fosse troppo presto per i vostri gusti o lo aveste perso, potrete comunque raggiungere la località facendo tappa a Vishnagar e, da lì, a Keralu dove troverete tutte le connessioni. Considerate un paio d’ore per raggiungerla. Arrivati ai piedi della collina ci saranno delle jeep addette al trasporto dei pellegrini. Il costo è di 100 rupie che potrete dividere con altri passeggeri o, in mancanza di questi, pagare per intero ed evitare lunghe attese. Per quanto riguarda il ritorno suppongo vi dobbiate di nuovo appostare sulla strada principale e aspettare il passaggio del primo autobus diretto in senso opposto. Non ve lo posso assicurare tuttavia perché io ho ricevuto un passaggio gratuito da un pazzo collezionista di francobolli e dalla moglie dottoressa 🙂
Mehsana (scritto anche Mahesana), situata circa 80 km a nord di Ahmedabad, può essere raggiunta tranquillamente con un autobus governativo al costo di 92 rupie. L’Hotel Janpath è un’ottima soluzione per il pernottamento: non fatevi ingannare dalle apparenze…con un paio di lenzuola fresche di bucato vi troverete benissimo! Al pian terreno, nel ristorante del Sig. Singh (non gliel’ho chiesto ma, essendo un Sikh, suppongo si chiami Singh 🙂 potrete degustare ottimi piatti senza dovere neanche attraversare la strada!
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